A tutte le ragazze che avevano capito fin dall’inizio che Elle era troppo in gamba per Warner. E a tutte le ragazze a cui è stato detto che sono “troppo”. Lasciate che vadano a cercare qualcosa di meno.
Alzi la mano chi non ha visto La Rivincita delle Bionde, film cult del 2001 con una straordinaria Reese Whiterspoon nei panni di Elle Woods; tratto dal romanzo autobiografico dell’avvocatessa Amanda Brown, il film ha incassato un centinaio di milioni di dollari e ha fatto conoscere al mondo intero la bionda e svampita protagonista, matricola ad Harvard solo allo scopo di seguire il fidanzato (o presunto tale) Warren. Dopo aver superato i test di ammissione ed essersi iscritta a legge solo perché lo ha fatto lui, Elle riesce a dimostrare di essere molto più di un soprammobile delizioso. La regina del rosa, dei brillantini, con unghie perfette e boccoli luminosi, ha un’attenzione maniacale per l’estetica e un’aria da oca giuliva ben presto smentita da un cervello acuto e un’empatia ancora più travolgente. Chi ha visto il film non ha bisogno che io vada oltre, chi non l’ha visto sappia che la dedica qui sopra in grassetto apre il romanzo di Morgan Elizabeth, mettendo subito in chiaro il messaggio del libro.
Sei quello che sei. Migliorati e mettiti alla prova senza stravolgerti, soprattutto per un uomo. Mai per un uomo. Così come nel film c’è molto più della patina rosa che vorrebbe distrarre l’attenzione dalle aule di Harvard e dalla faticosa scalata al successo verso l’ambito ruolo di assistente, nel libro ci sono molteplici sfumature da cogliere e ogni personaggio ha il suo preciso motivo d’essere nel luogo e nel tempo in cui agisce. Non datelo per scontato perché, siamo sinceri, non lo è. La sera di Halloween Abigail si sta preparando per partecipare alla festa in maschera organizzata dallo studio di avvocati dove lavora Richard. Stanno insieme da quattro anni e quella potrebbe essere una sera decisiva per un duplice motivo; Richard si aspetta di ricevere finalmente l’investitura a socio davanti al gotha dall’avvocatura newyorkese, d’altronde è il nipote di uno dei fondatori, mentre Abbie spera nella proposta con tanto di diamante, al punto da averla immaginata per filo e per segno in quella Rainbow Room che non ha mai visto, ma di cui ha tanto sentito parlare. È un luogo magico che finora le era stato precluso e, inutile sottolinearlo, non è mai stata nemmeno presentata ufficialmente a nessuno dei colleghi di Richard. Eppure gli organizza l’agenda, gestisce l’andirivieni dei suoi completi dalla tintoria, gli fa trovare la scorta di caffè preferito sempre ben fornita. Gli compra le fiale per i capelli che sta perdendo mentre lei ha tinto i suoi, nascondendo il biondo appariscente che l’ha sempre caratterizzata in uno smorto castano più adatto alla compagna di un avvocato di grido. Voi sorriderete leggendo queste parole, ma sottopelle striscia qualcosa che in qualche modo turba il vostro sentire, perché è simile a una sensazione riconoscibile… dannatamente facile da individuare. Per fortuna che ci sono le amiche, soprattutto se la tua serata di Halloween s'infrange sul freddo di un marciapiede e il suddetto pseudo fidanzato ti lascia perché si è divertito abbastanza, ma la vita è più di una risata. Come se tu non avessi alcuno spessore. Come se tu fossi un’insulsa Marilyn utile a gratificare l’ego e ancor più utile come assistente personale, ma nulla di più.
«Prima non ti importava di quello che gli altri pensavano di te, vivevi nella maniera che ti rendeva felice. Rosa, piume e lustrini in ogni occasione. Sorrisi e risate chiassose. I capelli biondi, dannazione!». Guarda attentamente la chioma castana che ho raccolto in uno chignon. «Tu eri… Barbie Malibu. Ora sei Barbara Bush».
Detto così sembra divertente, vero? Forse prima avete davvero sorriso, ma adesso spero che siate anche arrabbiate. Perché è il giusto sentimento che deve uscire, quello nei confronti di un livello di violenza che non è fatta di lividi o calci, ma di coltellate all’animo, mascherate da miti consigli e non troppo velate critiche. Quei “Ma cosa ti sei messa addosso?” intervallati da “Che hai fatto ai capelli?”, mentre una mano ti accarezza un fianco e ti sussurra “Forse non avresti dovuto mangiare quel dolce a pranzo”… , tutto questo è lontano dall’impronta di cinque dita sulla faccia, è vero, ma può essere un segnale d’allarme che non aspetta altro che risuonare impazzito a tutto volume, mentre cartelli di pericolo lampeggiano nel buio della nostra timida consapevolezza di voler essere sempre di più, voler fare sempre di più. Tutto ciò che ho elencato sopra, e almeno un’altra tonnellata di esempi, sono una forma di violenza nei confronti di chi si lascia sopraffare non tanto dal sentimento quanto dall’impellente necessità di sentirsi utile a qualcun altro. Ed eccolo lì il meccanismo bastardo che scatta e che ti mette in condizione di snaturare la tua persona. Noi vogliamo compiacere e, mi spiace dirlo, al novantanove percento è un atteggiamento tipicamente femminile. Lo facciamo supportate dall’enorme stupidaggine che ci hanno raccontato fin da bambine: se vuoi far funzionare una storia devi scendere a compromessi. Questo è il danno cerebrale che ci hanno inferto le nostre madri, chi più chi meno, e ha portato a generazioni di donne che si auto spengono per far brillare di più l’uomo che hanno accanto. Non voglio fare un’analisi antropologica del maschile e femminile, fatto sta che il tipo di violenza verbale subdola che l’uomo è così bravo a esercitare oggi è un’arma che noi stesse gli abbiamo consegnato, anticamera del “Ha avuto una brutta giornata, poverino, è normale che abbia bevuto con gli amici e sia rientrato tardi, e sia nervoso, e gli sia scappata una parola di troppo, una spinta di troppo…”. Non esagero, Amici Magnetici; le scuse stanno a zero, le lacrime, il sangue e a volte gli “È troppo tardi” sono macigni insormontabili che non possiamo ancora continuare a far finta di ignorare. Eppure La Rivincita delle Bionde è un film divertente, così come questa è una commedia romantica che vuole essere leggera. Ve l’ho già detto quanto è difficile leggere commedie e immaginare di scriverle, e questo è sicuramente un piccolo gioiello che ci mostra bene la capacità dell’autrice di scavare in sottotesti precisi, onesti, seppur luccicanti dell’apparenza svampita della protagonista.
C’è stato un tempo in cui ero divertente e orgogliosamente me stessa. Ero tutta rosa, scintille e arcobaleni. Non perché mi sforzassi di essere così, ma solo perché quella ero davvero io. Perché mai non avrei dovuto portare il mio Io cucito sul petto? Perché dovevo trattenermi dallo sventolare la bandiera e far sapere al mondo chi ero veramente al primo sguardo? Nel corso del tempo, avevo costruito un muro tra il mio ego e il mondo, per tenere lontani i pensieri e i giudizi altrui. Per proteggermi. E poi Richard ha abbattuto quel muro, ha distorto l’immagine che avevo di me stessa e mi ha plasmata per farmi diventare quella che voleva che fossi. Eppure, neanche lei era abbastanza. Sul serio: quanto è inquietante? Spendere così tanto tempo ed energie per cambiare qualcuno, per renderlo diverso, sapendo che non diventerà mai come vuoi?
Perché la realtà è che se un uomo per miracolo ti pianta (di solito è una fatica che non si sobbarca di fare quindi attende di essere lasciato per poi affannarsi a fare la vittima), scaricandoti addosso una serie infinita di responsabilità come fa Richard con Abigail, può anche essere che la reazione della lei in questione sia diversa da quella che ci si aspetterebbe. Superato il momento di choc, con l’ausilio delle inseparabili amiche Kat e Cam, potrebbe anche studiare una vendetta vera e propria, con vari livelli di impatto sulla vita dell’insulso essere in questione. Chili di glitter potrebbero finire per caso nei bocchettoni della sua macchina, così che ogni volta in cui viene acceso il riscaldamento questi invadano l’abitacolo e si appiccichino ai vestiti; non troppo difficile visto che è Abigail a organizzare gli appuntamenti in officina di quell’insopportabile Porsche Cayenne rosso ciliegia. Potrebbe anche comunicare le misure sbagliate al sarto personale di Richard, facendolo impazzire per i pantaloni troppo stretti, o scrivere il suo numero di telefono diretto dell’ufficio su centinaia di chiavi da spargere per New York con la richiesta di essere chiamati in caso di ritrovamento. Ci sono mille modi per scardinare la tranquilla e monotona esistenza di quell’essere riprovevole, ma che dire di approfittare di una serata alcolica e matchare, per puro caso, col suo capo allo studio e finire per strappargli un appuntamento? D’altronde non è colpa di Abbie se sulla app di incontri salta fuori la foto di un uomo bellissimo che oltretutto ha il merito di essere il giovane socio fondatore dello studio di Richard, quel Damien di origini cubane che buca lo schermo del telefono e che potrebbe essere un ottimo modo per distrarsi oltre che orchestrare la migliore delle rivalse. Chissà che faccia farebbe Richard se lei riuscisse a entrare come accompagnatrice del boss alla memorabile Festa di Natale, altro evento cui non è mai stata invitata, dopo essere stata abbandonata come un cane randagio e senza alcuna gentilezza? Quanto può essere dolce il sapore della vendetta che lentamente si sparge sulla lingua? Beh, sarebbe dolce, ma poi diventa molto complicato. Perché quell’uomo bellissimo, gentile e altruista, non è solo più grande di quattordici anni, ma è una superstar dell’avvocatura che trova anche il tempo di lavorare pro-bono. Abbie e Damien iniziano a frequentarsi e in una frazione di tempo si lasciano avvolgere da un’attrazione dolce e potente, che li spinge a scrivere almeno un capitolo su una possibile futura storia insieme. Entrambi sono chiari fin dall’inizio, ma Abbie nasconde come è ovvio la verità: tutto è leggero, non vi saranno complicazioni, e lei punta solo alla serata di Natale alla Rainbow Room, dove potrà vedere l’effetto del suo piano. Non ci sono sentimenti in gioco e quindi nessuno si farà male. Se non fosse che iniziano a esservi dei “però” grandi come una casa, o meglio alti come i grattacieli di Manhattan. Damien non è un uomo come tutti gli altri, perché è davvero attento a quello che lo circonda e soprattutto vede Abigail per quello che è. Non la sminuisce, non la deride, non la mette su un piano inferiore perché le loro carriere sono agli antipodi. Ogni volta che lei cerca di chiudersi in sé davanti a certe esternazioni, lui la guarda e soprattutto le parla. Lei non deve nascondersi per nessun motivo, non deve sopprimere né la sua gioia né l’amore per il proprio lavoro di make-up artist presso un centro commerciale. A modo loro, hanno una missione da svolgere nei confronti del prossimo e una non è meno importante dell’altra.
«Una relazione è come la legge. Ha bisogno di equilibrio. Se una persona pensa di valere di meno e l’altra crede di valere di più, non c’è equilibrio». Mi trapassa con lo sguardo. Tutte le parole che vorrei dire restano intrappolate nel petto. «Tu non vali meno di me. E io non valgo meno di te. Siamo esseri umani che con il loro lavoro fanno ciò che possono per aiutare le persone».
Pare che noi tutti sentiamo il bisogno di incontrare sulla nostra strada esseri piccoli e meschini che provano a schiacciarci, e il bello è che per amore del quieto vivere glielo lasciamo pure fare, a volte per noia, per stanchezza, per paura di rimanere soli. Magari pensiamo anche che non ci possa essere niente di diverso, sempre per la triste storia del compromesso cui accennavo sopra. E invece no. Perché ci sono uomini che sanno davvero vedere e andare oltre, che se ne fregano del tempo che passa e del ruolo che all’apparenza dovrebbero giocare. Guardano e vedono, non limitandosi a rimirarsi nello specchio fingendo che non vi siano ombre da illuminare o pezzi da mettere a posto. Damien è così, e risponde colpo su colpo a una giovane che si è lasciata ingannare e che sta riscoprendo il valore di se stessa con i propri tempi e la forza innata che la contraddistingue.
«Cos’è che ti porta gioia, Damien?», chiede in un dolce sussurro. «Adesso? Ce l’ho proprio davanti». Lei mi guarda stupita e leggermente confusa. Dio, quanto mi piace questo sguardo. Ho la sensazione che potrei essere il primo uomo della sua vita ad averla messa al primo posto. Tra noi non dovrebbe esserci niente di serio, perché ci stiamo solo divertendo, ma ogni minuto in più che trascorro con Abigail Keller mi porta a chiedermi perché.
Questo romanzo è stato, come forse avrete intuito, una bellissima sorpresa. Di quelle che sei davvero felice di avere tra le mani, che ti rendono migliore e ti fanno pensare, tanto, alla tua vita e a quella delle persone che ti circondano. Questi romanzi sono uno dei motivi per cui rabbrividisco ogni volta in cui vengono sferrati attacchi alla letteratura di genere; nonostante i numeri, nonostante le case editrici sostanzialmente sopravvivano grazie al romance, questo è ancora considerato di serie B. Eppure vorrei che si andasse oltre. Ho la fortuna di essere onnivora e leggere di tutto, magari secondo un ordine che è chiaro solo nella mia testa, e posso sostenere una conversazione interessante a prescindere dal fatto che legga romanzi rosa, molto piccanti nella maggior parte dei casi. E se dovessi scrivere un libro, beh, probabilmente sarebbe un romanzo cyber punk con poco rosa e molto rosso, ma questo non significa niente. Perché ho superato brillantemente un esame all’università incantando un professore temibile grazie alla mia conoscenza dei passi di danza classica (l’esame era di letteratura tedesca e né la danza né il francese erano in tema all’apparenza) e lo sapete di chi è stato il merito? Di Nora Roberts che, tra le altre cose, ha scritto un libro bellissimo con protagonista una ballerina. Nora Roberts, la regina indiscussa del romance, da decenni in vetta alle classifiche. I libri sono come la musica; c’è quella classica, rock, ci sono Taylor Swift e gli One Direction. C’è il grunge che non morirà mai e ci sono le perle pop che non potremmo dimenticare nemmeno volendolo. Ci sono gli infiniti modi di comunicare che servono un unico scopo: trasmettere e farti sentire, emozionare. Il romance trasmette, con le proprie modalità, ed è più probabile che abbia imparato il segnale internazionale per richiedere aiuto da un romanzo piuttosto che da un articolo di giornale o una dissertazione di livello “alto”. E mi dispiace se ho usato questa recensione per una tirata del genere, ma Abigail è figura del nostro tempo, figura del romance stesso; chiassosa, luminosa, bionda e troppo vestita di rosa. Eppure dentro ha un mondo infinito che può e deve trovare il modo di esplorare, forte delle differenze che alcuni uomini sanno accettare perché riconoscono il valore di se stessi e delle loro compagne come esseri diversi, ma alla pari. Chi si ferma alla superficie è perduto e vivrà, e questo ve lo posso garantire con tutta la forza della mia esperienza, solo ed esclusivamente di rimpianti.
«Dimmi di sì e ti farò sentire amata, adorata e apprezzata fino al mio ultimo respiro. Dimmi di sì e ti aiuterò a dipingere il mondo di rosa. Dimmi di sì e saremo per sempre completamente consumati l’uno dall’altra. Saremo la zia e lo zio divertenti. Viaggeremo ed esploreremo. Sarai mia e solo mia. Sono assolutamente pazzo di te. Sei il mio sole e la mia luna. Io sono tuo. Mi consumi del tutto».
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