Se c'è una cosa di cui Mina è assolutamente sicura è che il cioccolato possa risolvere ogni problema. Così, quando si ritrova a fare i conti con una cocente delusione amorosa, non si perde d'animo: un viaggio sulle Alpi svizzere, ospite nello chalet della sua adorata madrina, è quello che ci vuole per curare un cuore spezzato. E così prepara le valigie, decisa a godersi la sana vita di montagna, aria frizzantina e panorami mozzafiato e, perché no, a farsi coccolare dal gusto irresistibile della cioccolata svizzera. Il suo lavoro di consulente alimentare le ha insegnato che le scoperte migliori sono quelle che avvengono in modo inaspettato, lasciandosi sorprendere dai sapori inattesi. Anche se ultimamente la sua vita professionale sembra essere incastrata su progetti monotoni e poco stimolanti, Mina sente che quel soggiorno le consentirà di ricaricare le batterie e ripartire al massimo. Tutte le sue certezze, però, sono destinate a vacillare quando, a bordo di un treno che si inerpica tra le cime innevate, si imbatte in un affascinante sconosciuto...
«Non puoi trascorrere la vita all’insegna della spontaneità, alla costante ricerca di nuove avventure. Sposarsi significa essere maturi, metter su famiglia, sapere di aver raggiunto un equilibrio. Insieme a te è come stare sempre sulle montagne russe, oppure su un aereo dal cui portellone non so mai quando deciderai di lanciarmi. Sei troppo pazza, troppo frenetica, troppo ansiosa di scoprire cosa verrà dopo. Io in tutto questo non so mai dove sono, e non voglio vivere così. Probabilmente è una questione genetica, e non sono sicuro di volere questo per i miei figli».
Spesso quando una relazione finisce siamo portati a pensare che il nostro mondo finisca con essa. C’è un motto bellissimo che più o meno recita così: “Se non è una benedizione, è pur sempre una lezione”, ed è proprio con questa premessa che voglio parlarvi del nuovo viaggio intrapreso col romanzo di Julie Caplin. Perché di questo si tratta quando abbiamo le sue parole tra le mani, come ci hanno insegnato “Un tè con biscotti a Tokyo”, dove un Giappone senza tempo eppure modernissimo diviene la nuova casa di Fiona, e “Un castello da sogno”, dove Izzy realizza il desiderio di aprire un hotel in Scozia; ancora una volta il nostro sguardo spazia lontano, fuggendo stavolta dalla ristretta realtà di Manchester per immergersi nelle vallate coperte di neve della Svizzera. Siamo con Mina adesso, su un treno che la porta verso il Canton Vallese e tra le braccia dell’adorata madrina Amelie; Mina ha bisogno di staccare da tutto, per prendersi una meritata pausa da un lavoro che non le dà più alcuna emozione e da un rapporto finito in modo non proprio indolore. Tecnologa alimentare con la straordinaria capacità di mescolare scienza e chimica insieme alla ricerca entusiasta di nuove sperimentazioni, Mina è brillante, competente, estroversa e decisa ad assaporare le gioie della vita. Il rifiuto da parte di Simon di sposarla e l’averne scoperto la tresca con la migliore amica Belinda, la spingono a optare per due settimane di ferie e scoprire un nuovo mondo. Fin qui, direte voi, tutto abbastanza normale. Ma cosa succede se, in ritardo e con troppo slancio, ti tuffi dalla pensilina poco prima che le porte del treno si chiudano e finisci per atterrare su una montagna di fluenti capelli biondi, incredibili occhi azzurri e un sorriso che sembra uscito da una pubblicità? Mentre il vagone a poco a poco si riempie e scorre veloce e puntuale in mezzo a panorami mozzafiato, quel ragazzo del tutto sconosciuto si rivela un compagno di viaggio straordinario. Luke è bellissimo, generoso, estroverso e ha una luce negli occhi pericolosamente simile alla sua; come Mina è affamato di vita e come lei prende molto seriamente il problema sul condividere o meno una tavoletta di cioccolata artigianale. Fin dal primo momento è chiaro che il giovane è completamente diverso da Simon, che ha sempre cercato di smorzare l’entusiasmo della ragazza adducendolo a un’infantile ricerca di riscatto. Il passato di Mina, cresciuta insieme alla sorella Hanna dagli amorevoli zii, non è privo di ombre perché era piccolissima quando i suoi genitori sono morti in un incidente di rally. Anche se a malapena li ricorda e gli zii non le hanno mai fatto mancare niente, dentro sé perdura un germoglio di risentimento verso due incoscienti che hanno messo davanti alle figlie la propria libertà e il disprezzo per il pericolo. È questo il nodo, o almeno per me quello più importante, di tutto il romanzo; complice la delusione rappresentata da Simon e il fatto di essere una trentenne senza alcuna seria previsione sentimentale nel breve periodo, Mina decide a tavolino di non voler rischiare di essere quel genere di persona. Si spegne perché ha paura che, brillando troppo, nessuno la vorrà al proprio fianco; è semplicemente troppo da sopportare, e questa è un’analisi molto amara venata di malinconica inadeguatezza del tutto estranea alla reale percezione che il mondo ha di lei. Armata di un manuale di auto aiuto, intraprende un viaggio che la Caplin ci dipinge ancora una volta con la maestria che la contraddistingue. Sentiamo quasi il gelo dei fiocchi di neve bagnarci il viso, il calore del camino alimentato dal burbero Johannes presso il bed and breakfast di Amelie, il profumo delle baguette a tocchetti servite con la zuppa e, su tutto, quello divino delle torte. Sono i dolci stavolta gli attori principali, mentre a Tokyo le cerimonie del tè ci avevano incantati e in Scozia eravamo presi da porridge e stufati. Amelie è la sapiente padrona di un universo che ha creato a propria misura; la sua è una missione e non a caso, a discapito di qualsiasi spirito imprenditoriale, sceglie i clienti da far tornare, perché l’atmosfera non sia turbata se non dalle chiacchiere piacevoli intorno al fuoco. Amelie è l’anfitrione, ma intorno a lei un coro di personaggi non è da meno in quanto a caratterizzazione e simpatia. In primis Johannes, l’anziano dal cuore d’oro, cui Mina si avvicina incuriosita dal suo essersi reinventato mastro cioccolataio dopo il licenziamento. Ci sono Frank e Claudia, ospiti ricorrenti dell’hotel, una coppia che sta per cambiare vita e che rafforza nella protagonista il desiderio di mettere in atto un’inversione di rotta definitiva. Poi ci sono Kristian e Bernhard, gli amici di Luke, entrambi a modo loro ben oltre la definizione di semplici ospiti che amano trascorrere i fine settimana sulle piste da sci. E come non menzionare Dave? L’uomo è l’esempio perfetto della capacità di Amelie di vedere oltre le persone, dalle quali riesce a tirar fuori talenti nascosti o troppo timidi per rivelarsi.
Amelie aveva un dono, pensò Mina volgendo lo sguardo alla tavolata. Era la fata madrina dell’accoglienza. Con un semplice movimento del cucchiaio di legno, era riuscita a sistemare tutti i presenti in modo che ognuno avesse al proprio fianco qualcuno con cui si sentisse a proprio agio a conversare.
Da lei e da tutti gli altri, non ultimo Luke che incontra di nuovo allo chalet, Mina adesso può imparare a non sentirsi più come “bloccata a metà di un ponte”, per citare il libro di auto aiuto che poi, forse, tanto di aiuto non è stato.
Luke sembrava decisamente perplesso. «Perché hai bisogno di un libro per fare una cosa del genere? Non è semplice? Persegui ciò che ti rende felice. Che ti spinge a ringraziare di essere viva. Ed evita quello che invece non lo fa. Se non sei soddisfatta, cambia. Soltanto tu puoi farlo».
Perché bastano le montagne, l’aria frizzante che sa di pulito, il sorriso degli ospiti che puntali alle quattro si presentano nel salone per mangiare le torte e bere caffè caldo dopo una lunga giornata sulla neve, basta questo per essere felici. Poco importa se la tua vita dovrebbe essere legata ad un altro paese, quando quelle valli ti chiamano con i loro profumi e i loro pendii. In questo sta la bellezza di Mina e soprattutto di Luke, che a poco a poco, complice quella “serendipità” che gli appartiene, diventa sempre più un punto di riferimento.
«I lunedì sera sono i miei preferiti», disse Luke. «E anche le domeniche, in verità». «Non i giorni in mezzo alla settimana?», chiese Mina. Aveva un’amica che faceva l’insegnante e odiava la domenica sera. «No». Luke agitò una mano come se volesse scacciare quell’idea. «Ci si può rilassare dopo un bel weekend e riflettere su quanto ci si è divertiti, con la promessa di una settimana nuova di zecca. Un’occasione per ricominciare, o anche solo per attendere con entusiasmo nuove esperienze».
Non voglio svelarvi troppo, amici Magnetici, perché in effetti il romanzo prende una sostanziale accelerata intorno alla metà. Rispetto agli altri libri che ho letto di quest’autrice confesso di aver fatto più fatica ad ingranare. Credo che il motivo sia soprattutto da ascrivere al personaggio maschile; Luke è solare, sorridente, estroverso e immediatamente attratto da Mina. Diciamo che non è proprio la caratterizzazione che preferisco, ma vi assicuro che, andando avanti con la lettura, acquisisce un senso ben preciso. Questa è l’unica nota per me dolente, perché per il resto ritroviamo quegli ingredienti deliziosi che ci hanno conquistato in precedenza; le descrizioni dei paesaggi, degli ambienti e delle persone ci abbracciano in modo confortevole. Julie Caplin ci porta in Svizzera in modo letterale e, da come descrive i luoghi, siamo sicuri che li conosca molto bene. Ancora una volta il cibo è quel legame che unisce le persone in modo speciale, creando convivialità e armonia, stuzzicando la nostra immaginazione con creazioni che ovviamente, da perfetta masochista, sono subito andata a ricercare in rete. Insieme a questo troviamo personaggi secondari che scalpitano per avere il loro spazio, ma lo fanno in modo educato, perfettamente immersi in un’atmosfera che sa di zucchero e neve ghiacciata. Se amate questo genere, non ne rimarrete delusi. È il libro perfetto per il Natale, da leggere accoccolati su una poltrona, e se avete la fortuna di farlo davanti a un camino, ancora meglio. Non vedrete più le pareti attorno a voi, ma paesi incantati sotto coltri di neve silenziosa; prenderete treni affollati per andare a fare la spesa a Briga, e avrete sempre le guance arrossate dal freddo. Potreste trovare persino interessante il modellismo o il fatto che il processo di creazione del cioccolato abbia molto a che vedere con la chimica e altrettanto con la magia. Potreste incontrare un vecchio burbero che vi guarda in cagnesco, perché magari siete troppo sorridenti, troppo entusiasti della vita anche se vi ha colpito con un diretto nello stomaco che vi ha tolto il fiato. Potreste infilarvi in dispensa e trascorrere le giornate a cercare il modo migliore di ridurre le ciliegie congelate in confettura, per dare una nuova veste a una specialità locale con un pizzico del vostro estro. Potete fare questo, e molto altro in effetti, e solo con un libro tra le mani. Abbracciati da una coperta. Davanti a un camino.
«Voglio cucinare. Sperimentare. Creare ricette. Imparare a fare il cioccolato. Venderlo. Nutrire le persone. Prendermi cura di loro. Può non sembrare un granché, ma mi rende felice. Lo sono stata più durante il mio soggiorno qui di quanto non lo sia mai stata nella mia intera vita professionale».
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