un problema: il proprietario della pasticceria è Sebastian Finlay, il migliore amico di suo fratello Nick… nonché l’uomo per cui Nina ha una cotta sin da quando era piccola. I pasticcini deliziosi e gli incantevoli macaron sono una tentazione da nulla in confronto al fascino irresistibile di Sebastian. Ma Nina ha deciso: non può permettersi distrazioni, deve concentrarsi sul lavoro e avere in mente solo le cose importanti. Anche se diventa ogni giorno più difficile…
Nina chiuse gli occhi. Era certa che tutta la famiglia si sarebbe impegnata per trovare un lavoretto alla “povera Nina” mentre il Bodenbroke Manor Restaurant era chiuso, che lei lo volesse o meno. Non era un’ingrata, sapeva che lo facevano per il suo bene, ma ormai era adulta ed era in grado di trovarsi un lavoro da sola, senza che la sua famiglia si prodigasse per lei. Li amava molto, davvero, però…
Ormai avrete capito, Amici Magnetici, che quando mi affeziono a un’autrice tendo a divorare tutto quello che scrive. È successo con Julie Caplin che, dopo avermi trascinata in Svizzera, Scozia, Islanda e Giappone, adesso spalanca le porte su Parigi invitandoci a partecipare a speciali lezioni di pasticceria. Come spesso accade nei suoi libri, abbiamo una protagonista femminile che, per i motivi più disparati, si trova a un bivio della propria esistenza sia professionale che sentimentale. Nel caso di Nina l’elemento scatenante è legato al fatto che il ristorante per cui lavora avrà un lungo periodo di chiusura; non troppo entusiasta di fermarsi alla fattoria di famiglia, e molto stanca dell’opprimente rapporto con i fratelli maggiori, accetta a malincuore l’incarico di trasferirsi per circa due mesi nella capitale francese. Non che vi siano problemi con la città, intendiamoci, quanto piuttosto col futuro datore di lavoro, quel famoso chef, Sebastian, sua cotta adolescenziale e migliore amico del fratello Nick. Nina non lo vede da dieci anni, dopo aver deciso di allontanarlo per sempre dalla propria vita a causa dell’imbarazzo provato per averlo baciato prima che lui partisse per l’università. Potrei raccontarvi di quanto i due fossero legati senza aver mai avuto un’evoluzione romantica, perché Sebastian l’ha vista crescere ed è sempre stato lo scudo tra lei e le angherie bonarie dei quattro ingombranti fratelli maggiori. Come spesso accade nella vita reale le loro strade a un certo punto si sono divise e adesso i nodi sembrano voler venire al pettine. Nina sale su un treno verso una missione quasi impossibile; deve fare da assistente a Sebastian che ha una gamba fratturata e tre nuovi locali da aprire, oltre l’incombenza di dover tenere un corso di pasticceria per principianti nel Café che ha acquistato, prima di trasformarlo in un elegante bistrot. Devo fare un preambolo; Sebastian è uno chef rinomato, con schiere di donne ai suoi piedi e con un fascino indubbio. Orientato verso la carriera, ha sempre saputo cosa voleva diventare e questo è, per Nina, ulteriore fonte d’imbarazzo e senso d’inadeguatezza.
Il problema non era la voglia di lavorare – che non le mancava – ma nessuna delle strade che aveva tentato si era rivelata come la immaginava. Adesso però voleva davvero imparare a preparare con le sue mani le creazioni meravigliose che aveva visto fare a Sukie nel corso dell’ultimo anno.
Nonostante la famiglia invadente alle spalle, Nina sa di aver sempre potuto contare su di essa anche quando, sbattuta dalle onde della propria incertezza, faticava a trovare una strada. Sarà proprio questo uno dei motivi di scontro maggiori nel suo rapporto col nuovo capo perché Sebastian, al contrario, ha agito contando solo sulle proprie forze e spesso contro l’opinione dei suoi genitori. Eppure non dobbiamo immaginarla viziata, saccente o opportunista. Nina è forse il personaggio femminile che ho preferito tra quelli della Caplin perché è tenace e, soprattutto, in grado di creare intorno a sé quella nuova famiglia di cui non sapeva nemmeno di aver bisogno. E in quest’avventura meravigliosa, condita da scorci di Parigi riconoscibilissimi e impagabili, non è mai sola perché ben presto convergono al Cafégli studenti del corso, diversissimi eppure così splendidamente accostati l’uno con l’altra. Ci sono Peter e Jane, novelli sposi entrambi vedovi che sono fuggiti dalle pressioni invasive delle famiglie; c’è Bill, ex militare e tuttofare, le cui mani d’oro non sapranno come preparare gli éclairs, ma in compenso riescono a rimettere in sesto un locale da cima a fondo. Ci sono l’anziana Marguerite e la simpaticissima Maddie, che Nina incontra per caso, studentessa d’arte con una passione per la preparazione last minute degli esami e dei progetti per l’università. Tutti loro, con gli splendidi colori che li contraddistinguono, creano un arcobaleno armonico di gusti e sfumature, accostati in una splendida composizione degna della vecchia storia della Pâtisserie C. Su ognuno, come un maestro serioso e affidabile, vigila l’occhio attento e lo stile inconfondibile del direttore Marcel, forse uno dei personaggi più interessanti del romanzo e progetto speciale, se così vogliamo chiamarlo, di Nina stessa. Da anni la pasticceria è dismessa e ha pochissimi clienti, ma Marcel, che ha un curriculum vasto e di livello acquisito in hotel di altissima risonanza, svela ben presto i motivi per cui i vecchi fasti sono lontani.
«Quando ero bambino, abitavo quattro vie più in là. Venivamo qui ogni sabato mattina. Facevano il millefoglie migliore del mondo, era la specialità della casa. Ma poi il proprietario l’ha lasciata ai figli, che non erano dei pasticceri. È cambiato tutto. La cucina è andata in disuso, ordinavamo tutto da fuori. Non è la stessa cosa. E presto chiuderemo i battenti e il tuo Monsieur Finlay aprirà il suo bistrot».
Burbero, apparentemente altero e distaccato, si rivelerà ben presto impressionato dall’entusiasmo di Nina che, in quella cucina professionale e ormai utilizzata solo per il corso tenuto controvoglia da Sebastian, ritrova la voglia di mettersi in discussione e sperimentare. Dopo averla rimessa in sesto e preparata per accogliere i momentanei ospiti paganti, proprio la cucina, ma tutta la pasticceria in realtà, diviene luogo di incontro giornaliero con gli studenti, che ufficialmente si riuniscono una volta a settimana per le lezioni. Ben presto gli sporadici intermezzi tra una lezione e l’altra diventano veri e propri appuntamenti giornalieri, nel momento in cui viene deciso di riportare alla luce un gioiello del passato che non ha troppa voglia di essere dimenticato. La forza d’animo della protagonista, sempre più confusa davanti ai sentimenti che stanno riaffiorando per Sebastian, l’insofferenza di quest’ultimo e l’allegria della nuova combriccola, si mescolano allo scopo di creare un nuovo impasto, una nuova sfoglia profumata e croccante, da gustare con l’accompagnamento del caffè appena fatto mentre un’idea prende forma. Tenendo all’oscuro Sebastian, che oltretutto è il legittimo proprietario, il gruppo decide di dare un’ultima chance al locale prima che sia smantellato per diventare il prossimo ambizioso progetto di Chef Finlay. Lavorando insieme, come una squadra affiatata e collaborativa, il velo di polvere e stanchezza è presto spazzato via, le luci tornano a splendere e la produzione dei dolci è rimessa in moto, attraverso i buffi tentativi di Nina di trasmettere tutta la propria passione nel lavoro che adesso si accorge di voler intraprendere sul serio.
«E poi, mia cara, hai il dono di saper creare un equilibrio di sapori». Marguerite era apparsa sulla soglia. «La pasticceria si basa sull’unione di sapori diversi che creano un delicato equilibrio. E ci vuole talento per trovarlo».
Insicura a causa del proprio passato fatto di mille tentativi, Nina affronta un viaggio dentro se stessa alla ricerca di quella spinta che è il motore di tutte le cose; la passione per la cucina e per le persone riporta in vita non solo mura abbandonate a se stesse, ma anche Sebastian, da troppo tempo ormai interessato al business e non al motivo per cui ha iniziato il proprio percorso di chef. Come negli altri romanzi della Caplin, anche queste pagine coccolano le nostre anime stanche nei giorni difficili, quelli in cui il lavoro diventa troppo opprimente e il grigiore dell’inverno non aiuta ad avere una visione ottimistica su come impiegare il proprio tempo. L’ho già detto nelle altre recensioni che ho scritto per quest’autrice, ma non ho paura di ripetermi; quando il libro è puro svago, ma è in grado, per il modo in cui è scritto e per la maestria con cui ti trascina all’interno delle sue pagine, di staccarti dalla realtà, allora è un buon libro. Magari può non piacere il genere, e questo capita con tutte le tipologie di romanzi, ma di certo non vi sono limiti se ti porta a spaziare altrove e lo fa con pazienza, delicatezza, avvolgendoti in profumi e colori che ti riscaldano come una coperta davanti a un camino. La cura dei dettagli, i personaggi così umani e pieni di piccole debolezze che ce li fanno apprezzare, le meravigliose descrizioni e la ricerca accurata per ogni libro, coinvolgono il lettore che non ne ha mai abbastanza; come negli altri romanzi, la storia non si concentra solo sulla coppia, ma su tutti i comprimari, importanti quanto i protagonisti. Questa è una peculiarità dell’autrice che ci ha sempre dato veri e propri romanzi “corali”, aspetto che conferisce alla storia una vitalità senza la quale il risultato non avrebbe lo stesso, avvincente, sapore. In tutto questo l’amore combatte le proprie battaglie, come se fosse necessario trovare un posto e da lì contemplare con calma quello che accade.
Con grande imbarazzo, si rese conto di essere un po’ come i suoi vestiti: anche dopo tutti quegli anni, faticava a trovare il suo posto nella vita di Sebastian. Era un’idiota. Una perfetta idiota. Era giunto il momento di smetterla di sperare che un giorno lui si accorgesse che non era più una ragazzina con una cotta adolescenziale.
A distanza di anni Nina non è cambiata poi molto, almeno all’apparenza, mentre Sebastian pare aver intrapreso una strada e un atteggiamento nei confronti della vita che li pone in perfetta antitesi; non si tratta dello scontro tra provinciale e cosmopolita, anche se di certo in qualche modo è presente, quanto il fatto di aver costruito le proprie esistenze su principi diametralmente opposti. Sebastian ha avuto la fortuna di sapere fin dal principio cosa fare, mentre Nina ha vagato per mari agitati cercando di gestire al meglio le proprie vele. Questo è il punto nevralgico del libro, secondo me, perché il viaggio della ragazza ancora una volta si arricchisce attraverso il contatto con visioni diverse dalla sua, che mettono in discussione tutto quello che pensava fosse inevitabile per se stessa. Questo non significa rinunciare al calore delle certezze, come il supporto della propria famiglia, ma volare oltre quella zona di confort cui troppo spesso è facile abituarsi. Ed è ciò che fa Nina, per cui tifiamo senza scrupoli e sosteniamo per tutto il romanzo, come fossimo parte del meraviglioso team di pasticceri alle prime armi; con lei improvvisiamo e sogniamo, ma soprattutto alziamo il naso per aria e annusiamo Parigi e i suoi misteriosi profumi, che aggrediscono i nostri sensi stropicciati e ci invitano a sperimentare, guardare oltre le vetrine e i musei conosciuti a favore delle strade e delle persone normali con cui confrontarsi. Ancora una volta quella semplice quotidianità e la capacità di alcuni di farne un’arte con poco, permeano un romanzo che ci tiene per mano in modo consapevole, strizzando l’occhio ai nostri sogni inespressi e sfidandoci a trovare quel pizzico di coraggio che ci serve per voltare pagina, in un altro luogo, con nuovi alleati, senza dimenticare nemmeno per un attimo che tutto quello di cui abbiamo davvero bisogno è sempre con noi, a un passo dal cuore.
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