Charlie è ben lontano dall’essere il Principe Azzurro che tutti si aspettano. Non crede nel vero amore e ha accettato di partecipare allo show solo come ultimo tentativo per riabilitare la sua immagine. È ansioso e teso: non ha la minima idea di come gestire i rapporti con ben venti donne davanti alle telecamere, e dietro le quinte appare freddo, impacciato e chiuso in se stesso.
Mentre Dev si sforza di far entrare Charlie in sintonia con le concorrenti nel corso di un tour che toccherà destinazioni esotiche e romantiche, i due iniziano ad aprirsi l’uno con l’altro, e Charlie si rende conto di avere una maggiore intesa con Dev che con le sue corteggiatrici. Ma il reality ha un rigido copione da seguire, e per avere il loro lieto fine i due protagonisti dovranno trovare il coraggio di riscriverne le regole.
«La gente pensa sempre che sono strano, quindi è più facile stare zitto.» «Be’,» commenta Dev dopo una lunga pausa, «questa è la cosa più triste che abbia mai sentito.»
«No, non è un problema. Sul serio. Certe persone hanno una spiccata intelligenza emotiva e capacità relazionali,» dice con un vago cenno alla volta di Dev. «Io no. Ma il mio cervello se la cava molto meglio in altre cose, e se tengo la bocca chiusa, non sono poi tanto anormale per gli standard di Palo Alto.»
C’era una volta, e in effetti c’è ancora, la favola televisiva in cui un principe deve scegliere la propria sposa in un reality show; donne bellissime, diverse per istruzione, atteggiamento e gusti, si sfidano in una serie di prove studiate a tavolino da una troupe affiatata e consolidata, allo scopo di impalmare lo scapolo di turno. Sono decenni che Ever After incolla alla televisione milioni di telespettatori e Dev Deshpande non fa eccezione. Fin da quando i suoi occhi di bambino si sono posati sulla bellezza dei partecipanti, sul castello della location, sui tramonti eccezionali che portano le contendenti in giro per il mondo, ha sempre creduto alla favola. Al punto da riuscire a entrare nello staff come produttore e ormai, dopo alcuni anni, sente di farne parte, come membro di una famiglia, nonostante la follia che imperversa sul set e le crisi di identità di protagonisti e lavoratori. Perché Dev, nonostante abbia quasi trent’anni e abbia appena chiuso una relazione con Ryan cui, tra l’altro, è stato assegnato il ruolo di produttore del Principe, a quella bolla luminescente crede ancora, in barba alla cruda realtà che lo circonda, e che vorrebbe smembrare ogni forma di romanticismo in perfetto stile televisivo. Quale sorpresa quando, il primo giorno delle riprese, il protagonista maschile è agli antipodi di tutto quello cui sia la produzione che il pubblico sono abituati.
«Hai già avuto il piacere di conoscere il nostro Principe Azzurro?» «No, ma non può essere terribile come lo dipingono nella chat della produzione.» «È peggio,» replica lei, battendo le mani a ogni parola per maggior enfasi. «È. Un. Completo. Disastro. Secondo Skylar potrebbe mandare all’aria la stagione. E la carriera di qualcuno.»
Come se non bastasse, Dev è costretto ad accettare un cambio di mansione abbastanza repentino. Invece di occuparsi delle pretendenti come ha sempre fatto, stavolta deve vedersela con quel ragazzone bellissimo e strano, che abbassa gli occhi, rifugge il contatto fisico e pare avere una fobia non troppo nascosta per i germi. Charlie all’apparenza è il principe perfetto, se non fosse che ogni volta in cui qualcuno lo avvicina pare bloccarsi sull’orlo di un attacco di panico. Spinto dalla consapevolezza di dover fare il proprio lavoro, oltre che da un’immediata empatia per quella montagna di muscoli che ha atteggiamenti inspiegabili per la maggior parte delle persone, Dev inizia a prestare attenzione a tutto quello che innervosisce il protagonista, pur restando concentrato sull’obiettivo finale della stagione. Ever After deve essere un successo e non vi è alcun dubbio che lui farà qualsiasi cosa perché questo avvenga, incluso prestarsi a fare da baby sitter a un uomo che è il doppio di lui e che, almeno in teoria vista la carriera e la ricchezza, dovrebbe appartenere a un’altra galassia rispetto alla sua. Ma sono i piccoli gesti, quei tremori incomprensibili, quel fiato che si spezza nei momenti in cui Charlie deve fare quello che non si sente pronto a fare, a gettare sassi contro vetrate apparentemente trasparenti affacciate su un panorama mozzafiato. Perché Charlie è confusione e lucida inconcludenza, troppo ferito da anni di non accettazione e troppo rinchiuso nella torre d’avorio al ventesimo piano dove ha scelto di vivere, lontano dagli altri in modo metaforico e non. L’unico motivo per cui ha deciso di partecipare al programma è legato alla necessità di riabilitare la sua cosiddetta reputazione; la sua social manager Parisa, uno dei personaggi più azzeccati dell’intero libro, lo ha messo davanti a questa opportunità assurda, per farlo conoscere al grande pubblico da un punto di vista diverso. Estromesso dalla società che ha fondato, per i suoi atteggiamenti ritenuti folli dagli azionisti, Charlie vuole tornare a occuparsi di tecnologia, e per farlo deve riuscire a mostrare un’immagine di sé lontana da quanto i giornali hanno scritto. Nonostante i milioni e l’aspetto da modello, immaginatevi un Elon Musk gettato nella mischia di un reality show allo scopo di riabilitarne la figura, e non sarete lontani dal capirne l’assurdità.
Fin qui possiamo immaginare che la storia si delinei in modo fluido, che il principe venga salvato da quell’assistente ingenuo e romantico, che magari riesce ad aprirgli gli occhi su una quantomeno latente omosessualità e mandi allo scatafascio l’intero programma con tanti saluti alle bellezze in lacrime che speravano di farlo innamorare. Appunto, fin qui. Perché c’è un aspetto bello in modo devastante nelle storie queer scritte bene. Ed è ancora più strano che Word, proprio adesso, segnali come errore proprio la parola “queer” che ho appena digitato, alla faccia degli aggiornamenti di sistema. E allora giochiamoci su questo, prendiamo un bel respiro e lanciamoci oltre le siepi dei giardini del castello, oltre le gite in barca, in montagna, oltre Bali, Città del Capo e mezzo mondo che la troupe gira per portare la favola oltre i confini di Los Angeles, come è sempre stato e sempre sarà. Perché dopo un ventennio in cui tutto viene raccontato nello stesso modo, eteronormativo tanto per dirne una, forse qualcosa è scappato dalle maglie delle certezze che la produzione vuole vedere e che il pubblico pensa di voler vedere… Eppure non voglio parlare nemmeno di questo, perché altrimenti toglierei a voi tutti il piacere di leggere. No, voi dovete conoscere Charlie e Dev, le infinite debolezze che li accomunano, le parole incastrate in gola e i sospiri innanzi a muri che sembrano insormontabili, e che sono tutti muri che i protagonisti ergono intorno a loro stessi, in modo più o meno consapevole, a partire dall’infanzia. Non ci sono tragedie epiche, ma quelle fratture che con la crescita restano terreni insondabili e aridi, dove il cuore si annida per paura di un’altra bastonata, da parte di chi dovrebbe amarci senza remore e da parte di chi incontra la nostra strada per i motivi più svariati.
Un’immagine gli affiora alla mente. Ha sedici anni, e sta incontrando per la prima volta Josh Han in una stanza del dormitorio. La loro stretta di mano si protrae più a lungo del dovuto. Poi pensa ai suoi fratelli, ai nomignoli che gli davano quando piangeva per la paura dello sporco e dei microbi, alle parole crudeli che suo padre aveva usato nei suoi confronti fino a quando non aveva imparato a soffrire in silenzio. Forse era stato allora che aveva cominciato a reprimere la sua vera natura, prima ancora di capire quale fosse.
Le persone possono trovare svariati modi di ferire, ognuno più crudele dell’altro, ma tutti consapevolmente adatti. Charlie e Dev all’apparenza non hanno nulla in comune, dalle origini fino alle famiglie in cui sono cresciuti. Se le radici indiane e hippie dei genitori di Dev non gli hanno mai fatto mancare affetto e comprensione, al tempo stesso lo hanno caricato dell’enorme responsabilità di sublimare la sua percezione del mondo; la maschera dello “Spassoso Dev” è sempre al suo posto, ma quando scivola via ci sono solo lacrime, biscotti, intere settimane raggomitolato nel letto in preda all’angoscia della forma depressiva che lo affligge. Dev ha costruito un personaggio per tutelare coloro che ama, danneggiando se stesso nel processo e rendendosi inavvicinabile pur se all’apparenza amico generoso e compagno dolcissimo. Quella maschera che lui tiene così strettamente Charlie non la conosce; non perché sia sicuro di sé o menefreghista nei confronti del giudizio altrui, ma per un motivo molto più semplice. Charlie è abituato al silenzio, alla mancanza di contatto, alla chiusura nei confronti dell’esterno dove l’unico spiraglio è Parisa, per il semplice motivo che non riesce, pur essendo un genio, a decifrare i codici che servono per un’accettabile convivenza col resto del mondo. È affetto da ansie e attacchi di panico, eppure accetta il suo essere “rotto” come qualcosa che non può essere aggiustato, che nessuno può aggiustare. E quindi si sfoga con l’esercizio fisico, da cui è dipendente, e cerca di tenere sotto controllo la paranoia con i rituali che tali patologie rendono necessari.
Charlie è di un’ingenuità e dolcezza disarmanti, che lo rendono un gioiello all’interno dell'estenuante montatura del programma, dove le donne si accapigliano per averlo e dal quale lui a poco a poco deve distanziarsi per non impazzire.
Sente addosso il peso della responsabilità, e prima che la sua ansia generalizzata si trasformi in un attacco di panico in piena regola, mette in atto la strategia che ha imparato per affrontare quei momenti: tre respiri profondi, contare sino a dieci in sette lingue diverse e tamburellare la parola “calma” sul ginocchio in codice Morse per tredici volte.
Nel marasma di sensazioni, suoni forti, luci che lo accecano e costrizioni di vario livello, il centro focale che gli permette di non perdere completamente la testa diventa proprio quel giovane allampanato col sorriso sempre pronto, con gli occhiali che scivolano sul naso e l’inguaribile convinzione che tutto sommato l’amore vero esista sul serio. Dev diventa suo amico, confidente, il personale banco di prova per tutte le sue prime volte. Charlie non ha mai sentito il bisogno di interrogarsi sulla propria sessualità, perché non ha mai avuto modo di metterla a nudo e tantomeno di rifletterla in un’etichetta ben precisa. Eppure proprio in quel mondo frivolo troverà persone come Skylar, Daphne, Angie, Jules, oltre che ovviamente Dev, che gli spalancano gli occhi davanti a nuove prospettive. Demisessualità, asessualità, pansessualità, sono solo alcuni degli spettri che quest’autrice sfiora con mano ironica, decisa, ma delicata. Ed è proprio qui, dove le persone smettono di identificarsi in categorie di genere, che le verità dolorose vengono fuori, quelle dell’accettazione di sé innanzitutto, prima della battaglia contro un pensiero comune sempre e comunque incentrato su quelle fantasie romantiche eteronormative sul matrimonio, la monogamia e la famiglia.
Non voglio smettere di ripeterlo, col rischio di diventare noiosa fino allo sfinimento, ma abbiamo bisogno, oggi più che mai, di leggere questo tipo di romanzi, perché ci ricordano che non può esistere un solo modo di raccontare una storia d’amore quando l’amore si declina in così tante sfumature diverse e multicolore. Non è un caso che il simbolo della battaglia LGBTQIA++ sia legato all’arcobaleno, perché tutti i colori appartengono alla fine a un unico spettro, per il cui riconoscimento la nostra generazione deve lottare con le unghie e con i denti, fino a quando non ci sarà più nulla per cui lottare, perché sarà semplicemente parte della società acquisita come ha sempre meritato di essere. Per assurdo, tra le molteplici citazioni che potrei prendere da questo corposo romanzo, è proprio la frase che Charlie rivolge a una delle concorrenti che voglio lasciarvi qui, una manciata di parole su cui riflettere e da cui attingere nei momenti di crisi, che esistono per tutti.
«Non c’è niente che non va in te, Daphne. Penso che tu sia perfetta esattamente come migliaia di anni di evoluzione e selezione della specie ti hanno reso.» Quelle parole, se non altro, le strappano una risata. Charlie pensa a Dev e al fatto che tutti sono degni di essere amati. «Forse stai solo cercando il tipo d’amore sbagliato.»
E quindi, amici Magnetici, se avete voglia di sorridere e commuovervi al tempo stesso, date un’occasione a questo libro. Leggetelo, andate oltre il semplice format della favola dove in effetti non sta scritto da nessuna parte che Cenerentola debba essere bionda, delicata e con uno spiccato talento nel parlare con dei topolini bizzarri. Perché la favola vera, e non è un ossimoro credetemi, è proprio lì, su quel divano dove stare abbracciati quando il resto del mondo fa schifo, quando chi ti cerca lo fa solo perché ha un interesse che non ha nulla a che fare con la tua persona e tutto col denaro, ma dove gli amici possono raggiungerti e stringerti in un cerchio protettivo che ti aiuti ogni giorno a essere più forte. Ci sono argomenti delicati in questo libro e tutti vengono trattati con maestria, consapevolezza e soprattutto avallati da esperienza personale, senza pedanteria, falsi buonismi o inutili brillantini che nasconderebbero le realtà dolorose che ognuno di noi si porta dentro come una cicatrice. Tatuatevi un cuore color arcobaleno e scivolate tra le pagine come pattinatori esperti, lasciando che vi segnino e vi insegnino la verità più grande di tutte: non solo esistono amori sbagliati, ma siamo destinati a incontrare un numero indefinito di persone sbagliate, che oscurano il nostro sole, ci trasformano in trame secondarie e spingono per incastrarci in uno spazio troppo stretto dove è persino difficile respirare o sentire i propri pensieri. Questo libro spalanca le finestre, accarezza le anime ed è una coccola emotiva di indubbio valore, tutte cose di cui, in questo mondo tristemente grigio, abbiamo di certo un disperato bisogno.
Nessun commento:
Posta un commento