Madame Bovary, Anna Karenina, Didone, Ofelia, Francesca da Rimini, Albertine. E non solo. Le eroine della letteratura occidentale sono figure per lo più tragiche. Non soltanto perché assumono su di sé i limiti e il peso della condizione umana, come i loro corrispettivi maschili. Ma anche perché, a differenza di questi ultimi, le attende inevitabilmente un destino luttuoso. Non potendo ambire a quello status di fondatrici di stirpi o vincitrici di guerre riservato ai maschi, la morte in scena sembra l’unico modo per raggiungere la gloria. Si tratta di una gabbia in cui si riflettono le convenzioni sociali che per secoli hanno relegato la donna al ruolo di madre, moglie o amante, e che nella morte, meglio se violenta, vedevano l’unica sublimazione possibile per il genere femminile.
Alessandra Sarchi decide di salvare queste eroine dal destino fatale che le attende e si chiede cosa sarebbe accaduto se a un certo punto del loro percorso avessero cambiato rotta e la morte non fosse più stata una condizione ineluttabile.
Riscrivere se stesse, raccontarsi in modo diverso da quello che per secoli è stato letteralmente lo stereotipo cucito sulle protagoniste di questo saggio: è questo che Alessandra Sarchi ha voluto trasmetterci, dando voce alle sfumature, ai pensieri, alle emozioni delle grandi eroine letterarie.
Ricreando una sorta di io fittizio, ci trasmette le loro vere emozioni, rivolgendosi al loro padre di penna, ma anche raccontandosi in modo diverso.
«Supponendo che una donna riesca a guadagnarsi una stanza tutta per sé, questo significa che abbia trovato anche una lingua e un immaginario tutto per sé?»
Spose e madri, non libere di esprimere la loro creatività, le eroine ottocentesche sono un prodotto di penna tutta maschile, ad eccezione delle donne austeniane o delle sorelle Brönte, e per questo prigioniere di sogni che non potranno mai realizzarsi.
Ognuna di queste eroine viene descritta nei passaggi essenziali delle scelte, e poi diviene protagonista di una lettera immaginaria rivolta al suo creatore, dove l’autrice, con grande bravura, riesce a trasmetterci quello che c’è dietro a ognuna delle scelte, tutte decise e provocate dall’amore e tutte inevitabilmente tragiche.
«Come in un sogno fatto e rifatto, una sequenza nota e per sempre fissa: non siamo più, eppure siamo inchiodate a quei gesti, ai sentimenti che li accompagnarono.»
Dopo le più note Madame Bovary o Francesca da Rimini, ci avviciniamo a Ersilia Drei di Pirandello e alla Nouvelle Hèloïse, passando per una bellissima e intensa Signora delle Camelie, perché l’amore e il desiderio non sono che strati che scivolano uno su l’altro, eternamente mobili e instabili e noi mortali li avremo sempre come una pelle cucita “sopra” nel tempo.
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