L’essenza di ognuno di noi ha già un appuntamento con il destino, al quale si intreccia in piena autonomia, senza che ce ne accorgiamo. I nostri spiriti si congiungono prima che la materia si trovi e noi, poveri idioti, chiamiamo l’impulso inarrestabile che ci spinge verso un’altra persona “attrazione”, inconsapevoli del perché uno sguardo ci entri sottopelle più di un altro, bucandoci l’anima per sempre.
Chi è Meadow Honeywell? La ragazza invisibile che i genitori hanno spedito in un college scozzese troppo presi dalla loro carriera per badare a lei? Oppure Elenya l’elfo a capo del clan più forte del gioco di ruolo online in cui Meadow è solita trascorrere del tempo? La verità è che lei è entrambe: è la bambina che conserva un nastro bianco che le ricorda un amore che non ha mai ricevuto, quella che pensa di non essere nulla, di non valere nulla per nessuno, che affida a un computer la forza di essere quello che nella vita reale non ha il coraggio di diventare.
«Sono solo una virgola», riempie lei il mio silenzio. «In che senso?» «Nella vita degli altri sono sempre la virgola in mezzo a una sentenza, mai il punto alla fine di un discorso». Afferro al volo la metafora. «Si pensa sempre che i punti definiscano la fine, che siano decisivi. Ma sai cosa credo io? Che le virgole siano ciò che conta davvero. Danno ritmo, creano le pause, permettono di respirare e di continuare. Senza, tutto sarebbe affrettato, secco. Non esisterebbe abbastanza respiro per assaporare le parole».
Chi è Zareth Ashcombe? È il ragazzo che brilla sotto gli occhi del mondo, il miglior studente, il miglior cavaliere che in sella alla sua Eclipse vince ogni competizione, il figlio perfetto a cui ogni famiglia aspira, soprattutto la sua. Ma Zareth è anche uno specchio che ha perso per sempre la capacità di riflettere una immagine, è il serpente che abbraccia nelle sue spire una vita spesa ad essere qualcosa di diverso dalla propria natura, è l’anima spezzata di chi ha perso per sempre una parte di sé stesso e ora fatica a ritrovare un senso, una direzione e uno scopo.
Ero il figlio prediletto, quello che rifletteva la luce brillante delle aspettative familiari, mentre lui… lui era l’ombra che quella luce lasciava indietro. Eppure, anche quell’ombra amava senza riserve, supportava senza pretendere, soffriva in silenzio.
Laura Rocca ci riporta, ancora una volta, nella magica terra di Scozia dove ogni angolo nasconde un segreto o un posto magico, dove sembra che favola e realtà si fondano e il confine tra i due mondi diventi confuso.
Ed è proprio su questa linea d’ombra che si muovono le figure dei due protagonisti, due modi così diversi di concepire la realtà, di porsi verso gli altri, ma accomunati da un unico grande desiderio: essere importanti per qualcuno, ritrovare la capacità di amare sé stessi per poi rivolgere questo sentimento all’esterno.
Meadow pensa di non meritare nulla, il non aspettarsi nulla dagli altri la pone nella condizione di non avere illusioni e quindi di non soffrire. Si annulla e si dichiara sconfitta ancora prima di essere scesa sul campo di battaglia e riesce a manifestare la sua vera natura solo dietro lo schermo di un pc, quando non può essere giudicata, quando si sente libera di dimostrare il suo valore e la sua voglia di lottare.
Zareth porta un grande peso sul cuore, il rimpianto di non essere stato abbastanza per chi davvero aveva bisogno di lui, il rimorso di avere, con il suo comportamento, provocato la sofferenza del fratello, di non averlo capito abbastanza, di non averlo amato abbastanza. Riconosce in Meadow una sofferenza che gli è familiare e ne sente il richiamo.
Lei mi ha insegnato che l’amore è una forza che ti spinge a essere migliore, che ti fa desiderare di aprire completamente il cuore, anche se ciò significa lasciare entrare il dolore insieme alla gioia. Ha aperto una finestra in una stanza che credevo chiusa, spazzando via le ombre di dubbi e paure, mostrandomi che la vita può essere più che un semplice susseguirsi di giorni. Con lei, ogni momento è una promessa, ogni risata una liberazione, ogni sguardo un nuovo inizio. Ha illuminato le parti più oscure del mio essere, mostrandomi che vivere veramente significa accogliere gioie e dolori come parti di uno stesso tutto.
Ogni libro è un viaggio a sé stante capace di portarci lontano dal nostro sentire oppure ricordarci cose che abbiamo vissuto, tutti nella vita in qualche momento siamo stati un po’ Meadow: ci siamo sentiti o, peggio, ci hanno fatto sentire, inutili o invisibili e piccoli. Oppure siamo stati un po’ Zareth, sobbarcati di troppe aspettative o impotenti di fronte a cose che non abbiamo voluto o potuto cambiare. Il libro nasce da una idea, che l’autrice ci svela alla fine, e da un sentire che è proprio di chi quel libro lo scrive e tutto questo traspare nel modo in cui ha saputo calarsi e farci calare nei panni dei protagonisti; a volte capita che in alcune storie si senta l’eco di un qualcosa che sa di già visto, o letto, ma questo non toglie qualità o profondità al racconto e in fondo ogni storia è in fondo figlia dell’emozione che l’ha ispirata e per questo unica.
Sì, lei è il mio zucchero filato al veleno. Un vizio che mi dilania quasi quanto io vorrei divorare lei.
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