Ero convinta che salendo sino all’ultimo ramo, avrei potuto ammirare Amsterdam oltre le mura del beghinaggio, invece, con mia grande sorpresa, mi ero resa conto che non era possibile guardare oltre. Che non sarei mai riuscita ad andare oltre. Già quello era stato un segnale.
Così come dal quel ramo non è possibile spiccare il volo, per Beatrix anche le siepi che costruiscono quasi un giardino segreto nel cuore della capitale non sono altro che una prigione, gabbia di silenzi e attesa, illuminata solo una volta l’anno dall’arrivo di due uomini misteriosi. E se poi da quel ramo, da bambina, invece cadi e riesci a salvarti perché due braccia riescono a prenderti in tempo, allora è inevitabile che quest’ultimo si fermi, in un susseguirsi congelato di emozioni e vuoti. Ha diciotto anni Beatrix van den Berg, e sa che è costretta a lasciare il luogo che l’ha cresciuta, per essere sputata nel mondo senza alcuna protezione, fino a quando un’offerta le viene fatta e il mistero della visita annuale di quei giovani bellissimi, e soprattutto di colui che freddamente sceglie le ragazze da portarsi via, viene svelato. In un’atmosfera lucida e grigia che rincorre la scrittura della Brontë in Jane Eyre, ecco davanti ai nostri occhi il bivio dove Beatrix si congela. Affrontare le incertezze del mondo esterno, dove per lei probabilmente si apriranno le porte delle vetrine del più famoso sex district del mondo, oppure entrare nella Koster Academy, esclusiva scuola per giovani uomini e donne che scelgono, dopo attenta preparazione, di vendere se stessi al miglior offerente? La scuola non è solo questo, ma i colori impressi nella mente e nell’abbigliamento di chi la abita non lasciano spazio a dubbi. Rosso per le Lucciole, Bianco per i Vergini e Nero per i Senior, colori decisi, senza sfumature, che ricalcano quello che ci si aspetta da loro, ammantato da uno spettro di legalità e da lezioni che possono condurre a essere scelto dall’acquirente giusto e guadagnare, in una sola notte, abbastanza da permettersi di non lavorare mai più. Non vi dirò come la nostra protagonista riesce ad accedere dopo aver rifiutato l’offerta, ma solo che le dinamiche con la sua controparte maschile, quel professor Hofman che altri non è che il giovane che da dieci anni ama di nascosto, le permettono di prendersi uno spazio che forse non le sarebbe dovuto. Ramses di certo non la vuole lì, mentre la direttrice Delhia, misteriosa e legatissima a quel ragazzo oscuro che tratta come un figlio, ha un interesse malcelato nei confronti di quella giovane irrispettosa e audace. È un romanzo con due centri gravitazionali ben distinti, Amici Magnetici, che si scontrano e si allontanano con forza, inevitabilmente attratti, ma comunque necessariamente distanti. Sono le regole a imporlo, le ultime righe dell’articolo 7 sono lapidarie, oltre che un oscuro presentimento che striscia sottopelle e che ci fa chiedere, di continuo, “ E se?...”.
«Ci guardano tutti».
«È normale. Io sono appariscente, tu sei bellissima».
Non lasciatevi ingannare da questo scambio, perché Ramses è, nella costrizione del suo ruolo di Senior, distaccato, gelido, sapiente manipolatore e capace di indossare la maschera più adatta al ruolo da interpretare nel momento. Ma c’è qualcosa di più, in lui, oltre il velo del Maestro di Seduzione che è chiamato a interpretare, Cacciatore di nuove aspiranti matricole, giudice e carnefice davanti a una lavagna o in un campo di tulipani. Impartisce lezioni che sono attaccate alla sua anima perché l’Accademia è il suo mondo, come quello del suo migliore amico Wes, ma al tempo stesso è intrappolato nella tela che lui stesso ha intessuto, poco importa se fatta di fili di diamante o lacrime. Lui non piange, non si abbassa, non prega e soprattutto non sente, niente, tranne un male di vivere che aspetta solo i giusti Fiori del Male per esplodere in un silenzio accecante. Il rumore, la confusione, un’infanzia in bilico tra l’amore per la madre e il ribrezzo per quello che lei svolge come professione, lo hanno segnato in modo indelebile nel suo rapporto con le donne. Eppure, se da bambino è in grado di curare i lividi su un volto tumefatto, da adulto non esita a sporcarsi le mani quando perde il controllo, solo perché a chiederglielo è lei, ragazzina che non sa nemmeno da dove iniziare con l’arte della seduzione, ma che sembra messa sulla terra solo per farlo impazzire. All’interno del romanzo le dinamiche della scuola, le regole e i compagni con cui Beatrix si confronta, hanno un ritmo sostenuto, ironico, dolceamaro. Beatrix è una Vergine e, proprio per questo, può aspirare a un compratore che potrà cambiarle la vita, una volta firmato il contratto per cedere la sua prima volta. Ne è consapevole, anche se non è questo che la muove; la scelta di entrare in Accademia non è sua, ma in qualche modo fuorviata dalle circostanze, mentre assistiamo alla discesa di Ramses nel vortice del tormento e dell’ossessione. Quando parlo di due centri gravitazionali distinti, non lo faccio a caso. Perché i presupposti per un semplice rapporto di dominazione psicologica ci sarebbero tutti, dati dalla differenza di età e di esperienze, eppure Marilena ci restituisce una protagonista forte, determinata, in alcuni momenti spaventata da quello che la circonda, ma sicura di voler annientare quel niente da cui si sente avvolta per sperimentare un tutto che potrebbe, senza alcuno sconto, distruggerla, nonostante la consapevolezza che siamo nati rotti, incompleti, colmi di mancanze. Nei precedenti romanzi abbiamo avuto protagonisti indimenticabili, inutile citare Taurus, Amir, Krum o Zakhar, con controparti femminili complesse, ma, a mio avviso, non all’altezza della poesia e della determinazione di Trix. Forse solo Libra, in alcuni momenti, mi ha ricordato lei, perché le scelte che compie, nonostante siano state fuorviate dalle decisioni prese da altri, sono comunque frutto di un dolore intrinseco da cui non solo non riesce, ma non vuole distaccarsi. Lo stile è ancora quello che conosciamo, ma più maturo, potente, e con introspezioni profonde in entrambi i protagonisti. Già il prologo ci dà un assaggio, e ha un gusto amaro che non possiamo ignorare.
Siamo solo delle fasi nella vita di qualcuno.
Per un po’ sono stata la sua, domani sarò quella di qualcun altro. Passiamo, senza restare mai. E collezioniamo attimi. Forse diventerò una frase. Quella che non scriverà mai sulla sua pelle. Quella che ricorderà guardando una fotografia. Proprio quella che griderà quando lo sfiorerà la rabbia, nel giorno in cui capirà che non mi ha mai dimenticata.
Per Beatrix, che vive in attesa di un momento non definito, è fondamentale trovare risposte, alla ricerca di un attimo di pace che sia speciale, ma che pare non arrivare mai. L’amore platonico di bambina per colui che per anni ha ossessionato i suoi pensieri si scontra con la terribile realtà dell’Accademia, dove ogni lezione, ogni passo, ogni scelta, è segnata dall’illusorio senso di protezione, acutamente necessario per chi non è mai appartenuto a nessuno. E allora i compagni di classe diventano confidenti, luogo del confronto per le diverse motivazioni che li hanno spinti a candidarsi, e oltre a loro c’è sempre Wanda, la sua unica amica, lei sì scelta in modo canonico durante la Caccia al Begijnhof. Beatrix sfida Ramses come nessun altro, per il semplice fatto che non le importa, altre sono le ragioni che la spingono a essere dove si trova, anche se il rischio di rimanere impigliata nelle trame altrui è altissimo. Se una luce può intaccare il buio dell’uomo, che conosciamo meglio attraverso i flashback del suo passato, allora non può essere che la sua, quella di una quasi bambina che rincorre un sogno, ma non sa se ha le mani abbastanza grandi per trattenerlo. I loro scontri in classe e fuori sono esplosivi, la chimica che li incastra in situazioni non volute ancora di più; le loro differenze sono abissali, ma non per questo incolmabili, se non fosse per quel filo teso di mistero che scivola lungo le quasi cinquecento pagine del romanzo innervosendo entrambi e prendendo allo stomaco chi legge. Perché sia chiaro, Amici Magnetici, se lo iniziate, lo finirete in un momento, trascinati dalla voglia di scoprire di più sul passato dell’Accademia e sui punti oscuri che riguardano le origini di entrambi. Come falene attirate per motivi sbagliati verso una fine dolorosamente inevitabile, i nostri protagonisti si muovono agili sul filo di un’attrazione che è odio e poi forse amore, anche se poi, davvero, non vi è che un sottilissimo velo a distinguerli.
È in quel suo «Non posso, ma è l’unica cosa che voglio», che Ramses ammette finalmente di avere a che fare con una giocatrice brava quanto lui se non di più; quella ragazzina inesperta, che non ha mai sfiorato un uomo, si è insinuata sottopelle con la sua arroganza e la sua certezza di essere nel giusto, guerriera implacabile di desiderio e combattimento, nemica numero uno per chi ha troppo da perdere e da nascondere. I loro momenti insieme sono inseriti perfettamente all’interno della narrazione, così come la durezza delle loro voci si mescola ai sospiri che consumano quando sono separati. Non ci sono sconti in una battaglia che si svolge in un mondo dorato e bellissimo, che apre le porte a possibilità tutte nuove e incubi da cui potrebbe essere molto difficile svegliarsi. Li immagino bambini, insieme anche se è impossibile visto che tra loro ci sono più di dieci anni di differenza, a rincorrersi in mezzo ai tulipani e arrampicarsi sugli alberi, pronti a riappropriarsi della purezza distrutta dalle macchinazioni di un sistema implacabile e rassicurante al tempo stesso. Li immagino a combinare guai, sporchi di terra e lividi, pronti a difendersi l’uno con l’altra come fratelli scomposti, in un campo infinito di possibilità che l’infanzia avrebbe dovuto custodire. La immagino chiamarlo “Faraone”, con quegli occhi spalancati sul mondo e sulla gioia, mentre fanno scherzi a Wes e agli altri bambini in un non luogo qualunque dove possono essere, appunto, solo bambini. E invece sono un uomo e una ragazzina, distanti, ma attaccati, che si studiano in una gabbia fatta di rancori e menzogne, dove il maestro e l’allieva si osservano pronti a sferrare il primo attacco, per colpire senza alcuna pietà.
«Perché non sei con me?» La sua voce assonnata, gli occhi semichiusi e ancora sognanti… è una visione eccitante che evoca nuove fantasie.
«Da qui ti vedo meglio».
«Ti assicuro che da vicino puoi notare molti più dettagli».
«Da lontano posso capire quanto vorrei starti vicino».
C’è la forza e l’abnegazione di Taurus in questo, il dolore di Zakhar e la presunzione di Krum di voler essere molto più di un Guardiano per la sua Ambra, ma soprattutto il vuoto immenso di una distanza che appare incolmabile ammesso che tutte le regole non siano frantumate senza alcuna possibilità di poterle ricomporre. E dunque grazie Marilena, per averci donato ancora una volta un viaggio meravigliosamente presente a se stesso, dove l’ambientazione puntuale non è un mero sfondo per due gemme che brillano di luci diverse, ma potentissime, dove il sapore acre della rinuncia si intreccia con la trepidazione della scoperta, e il bene che dovrebbe essere perseguito rischia di essere annientato lasciando crateri. Grazie per averceli dati, così come sono, imperfetti e puri al tempo stesso, macchiati e trasparenti, nuove pedine in un gioco più grande di cui dovremo attendere il seguito per capirne finalmente le regole. Perché la verità è questa, Amici Magnetici; ci possono essere molte cose da dire sull’Academy e sui suoi chiarissimi scopi, così come sulle menzogne che tracimano imperterrite dalle pagine, avvolgendo i protagonisti e buona parte di coloro che sbucano dal passato. Ci sarebbero molte cose da direl,ma, a mio avviso, è solo una quella che conta.
Puoi indossare qualsiasi maschera, anche la più raffinata e complessa che esista, eppure finirà sempre per crollare, affogata nel profumo di una colonia che non dimentichi o nel tocco di una mano fantasma che ti ha raccolta quando pensavi che l’unica opzione fosse la caduta. E mentre le lezioni scivolano tra le dita nelle piccole perle che arricchiscono l’incipit di ogni capitolo, il Maestro è presto avvolto dalla tela che ha voluto creare, quel vuoto salvifico dove liberarsi di tutto ciò che fa male o che è inutile, pronto per aprire gli occhi finalmente su quello che conta davvero.
Lei guarda l’orizzonte che ha davanti agli occhi, io ammiro lei che al momento rappresenta il mio piccolo, personale orizzonte. Batte lentamente le ciglia, dischiude le labbra, vuole dire qualcosa, ma, alla fine, la sua reazione si riversa in un gesto, il peggiore che potesse fare in questo momento. Proprio ora, mentre la fisso e mangio ogni centimetro del suo viso stupito, Trix mi stringe la mano. E io, completamente catturato, glielo lascio fare.
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