Il miracolo che lei e Agalhor avevano concepito era una benedizione che Lilianna non credeva le sarebbe mai stata concessa in quella vita. Ma quella bambina non era un dono a due amorevoli genitori che l’avrebbero amata per sempre; era un presagio di morte, legata a un destino sinistro e perverso ancora prima che traesse il suo primo respiro.
Ci sono romanzi che hanno l’indubbio merito, quando fanno parte di una serie, di progredire nello stile, nella capacità di far evolvere i personaggi, nella fluidità della narrazione. Ci sono romanzi che accrescono il valore di quelli che li precedono, spalancando le porte alla meraviglia e alla curiosità impellente di sapere come andranno a finire. Sono piccoli capolavori che si avvalgono di un world building importante e che portano il lettore a divorarne le pagine, queste sono quasi ottocento, alla strenua ricerca di una soluzione, di un punto di svolta, di un improvviso avvenimento che sembra incombere a margine, pronto per esplodere e lasciarti senza fiato. Questo è uno di quei romanzi, Amici Magnetici, e sono sincera nell’affermare che non mi sarei aspettata una tale crescita sotto molteplici punti di vista. Abbiamo lasciato Faythe in procinto di abbandonare High Farrow e la corte di Nik, dopo che i suoi poteri si sono rivelati e hanno finalmente dimostrato che lei è l’erede di Rhyenelle, figlia mai conosciuta di Agalhor del regno della Fenice. Ha seguito Reylan, il Leone Bianco, guerriero Fae universalmente noto e con poteri straordinari, non ultimo quello di Captamente. Faythe, per l’ennesima volta, si lascia alle spalle il conosciuto e i suoi amici Marlowe, Jakon, Nik e Tauria, per affrontare la sfida che lo Spirito Aurialis le ha indicato. A lei è demandato il destino del mondo, affinché fermi l’ascesa di Dakodas e Marvellas. Nei precedenti libri la cosmologia di Ungardia e il ruolo di Dei e Spiriti sono stati spiegati soprattutto grazie al ruolo fondamentale di Marlowe, la ragazza maniscalco, ma adesso la protagonista, e con lei tutti gli altri, deve fare i conti con un viaggio all’apparenza senza speranza oltre le Montagne di Fuoco, verso le isole Niltain. Prima di questo, il lungo soggiorno a Rhyenelle le permette di conoscere le proprie origini e quel padre che ha sempre desiderato e di cui non avrebbe mai potuto immaginare il lignaggio. Agalhor e la sua corte, insieme ai guerrieri Kyleer, Izaiah e Livia, diventano la squadra di cui lei ha bisogno per ritrovare le radici sconosciute di se stessa insieme alla forza necessaria per controllare quanto le scorre nelle vene; Faythe è “fede”, proprio come il suo nome, ma è un’arma instabile che può annullarsi quando i simboli della sua natura si rivelano sui palmi delle mani. Il legame con gli altri e il fatto che Reylan agisca da fredda àncora per controbilanciare il potere caldo della Fenice le permettono di credere nella possibilità di fermare un’ascesa che porterebbe alla distruzione del mondo fino allora conosciuto.
«Mia madre non è fuggita da Rhyenelle perché non amava più Agalhor, né per qualcosa di tanto gretto e banale. Se n’è andata… perché pensava in quel modo di proteggermi. Aurialis sembra ritenere che ci sia una profezia secondo cui qualcuno concepito da una persona con discendenza di sangue benedetta–un Notturno–e una erede diretta, come mia madre, sia la chiave per fermare il Grande Spirito divenuto Fae prima che possa causare ulteriore distruzione.»
Se all’inizio il fatto di essere umana, dunque fallibile, crea confusione nei ranghi di guerrieri teoricamente immortali, è anche vero che proprio in questa sua debolezza risiedono la forza e la compassione necessarie a spingersi oltre quei limiti che la natura stessa le ha imposto. Eppure è meraviglioso il modo in cui questa ragazza poco più che ventenne, che ha già subìto perdite, abusi e prigionia, riesca ancora a vedere la luce dove sembra risiedere solo buio, coraggio dove sembra esservi solo disperazione. Tutti seguono Faythe, le fanno scudo e giurano di proteggerla, mentre una storia oscura e parallela si dipana e ci mostra l’altro lato della medaglia, quella di coloro che per centinaia di anni hanno ricostruito i propri ranghi allo scopo ultimo di veder tornare Dakodas e la Luna sovvertire la luce del Sole. Se la linea principale del racconto segue Faythe e il suo viaggio verso le isole alla ricerca delle vestigia dello Spirito che non deve risorgere, altre due si snodano, incastrandosi in modi diversi nella logica del racconto. Quella più breve, e nel romanzo meno rilevante, vede la separazione di Tauria da Nik, quando lei decide di smettere di nascondersi e viaggiare verso Olmstone allo scopo di spiare i movimenti di quel regno che troppo ha da nascondere. Nonostante la contrarietà di Nik, ormai re di High Farrow, la giovane regina esule non si arresta, decisa a riconquistare un ruolo nello schema della vita del proprio regno ormai perduto. Poiché questa particolare storia sarà il fulcro del quarto romanzo, che dunque si staccherà dalla narrazione principale, è l’altra quella su cui mi voglio concentrare, anche perché vede come principali due antagonisti che non hanno niente da invidiare a Faythe e Reylan. Non è un caso che ad aprire il romanzo sia Zaiana, Fae Oscura e demandata dei Silverfair, guerriera bellissima e spietata, letteralmente priva di cuore, il cui compito sarà far sì che Dakodas ascenda e Faythe sia fermata. Con lei, in una guerra continua, troviamo il demandato dei Blackfair Maverick, figlio della transizione forzata che è stata operata su di lui. I due si odiano, sono rivali per eccellere davanti a Mordecai, e le loro battaglie non si limitano a essere verbali. Hanno trascorsi importanti di insofferenza e incomprensioni, ma, insieme a Fayhte e Reylan, rispecchiano la perfetta sintesi di oscurità e luce che combattono per prevalere. La loro caratterizzazione, gli scambi e il modo in cui combattono, oltre che le brevissime interazioni che illuminano di nervosismo e sarcasmo le tenebre che li avvolgono, li rendono forse i migliori personaggi secondari dell’intero romanzo, anche se non sono del tutto sicura che questo sia il giusto modo per descriverli. Se la scelta non fosse tecnicamente obbligata, creerebbero un romanzo nel romanzo, e il fatto che l’autrice dia loro lo spazio che meritano è assolutamente innegabile oltre che coinvolgente, in quando non spaccano il ritmo della narrazione, ma contribuiscono ad accrescerne il movimento.
Tutte le creature avevano dei desideri, persino quelle fredde, brutali e senza cuore come lei. Zaiana aveva messo fine a innumerevoli vite senza pensarci su, senza esitazione. Era un mostro della specie più pericolosa: una bestia nascosta dietro la bellezza. Eppure, alle volte… avrebbe voluto poter essere diversa. Avrebbe voluto che le importasse.
Se le coppie sono formate da complementari, anche Faythe e Zaiana lo sono. Se la prima è portatrice di luce e speranza, oltre che empatia e coraggio, la seconda è un’anima in pena, torturata da secoli di addestramento e coercizione, che si è parzialmente liberata del giogo solo diventando un’arma infallibile. Eppure, nonostante la sua importanza nella scalata al potere, resta sempre prigioniera di un mondo che la costringe. Non si lamenta e agisce, ma il suo dolore, se si permettesse di provarlo e fosse in grado di riconoscerlo, è sempre lì, che naviga in quelle iridi viola come un monito per coloro che si trovano a morire per i suoi fulmini o per la sua lama. Maverick è la sua controparte, altrettanto brutale, ma ironica, dominante e violento, ma con cui è costretta a scendere a patti quando vengono affiancati per la missione da cui dipende la loro razza. Insieme sono ombre e fulmini, morte e distruzione, un’onda perfetta pronta a travolgere tutti coloro che si frapporranno tra loro e il compito che devono svolgere. Di Maverick sono le parole più profetiche, prima che i piani si spostino per riallinearsi secondo nuove regole, perché lui vede più di quanto non sembri, e soprattutto sente più di quanto non dimostri.
Le sue labbra si incurvarono verso l’alto. «Ovvio, tu ti diletti solo con cose sofferenti e sciagurate.» Fece un sorrisetto. «Io mi diletto solo con cose oscure e bellissime.»
Se lei è oscura e bellissima, ha però ben chiaro il concetto altrettanto oscuro di quello che sono chiamati a fare.
Erano un’esplosione di conflitto e caos. Letali se presi singolarmente, ma puro disastro se considerati insieme. «Ricordati chi sei, Maverick. Ricorda che cosa siamo. Il desiderio non è un lusso che possiamo permetterci. Abbiamo avuto un momento di fantasia, tutto qua. Questo?» Allargò una mano per indicare il crudele mondo attorno a loro. «Questo è la realtà. E noi siamo i mostri che non ottengono il lieto fine, neppure se lo vogliamo.»
La terza persona non toglie davvero niente a questo romanzo, soprattutto considerati i momenti lirici di cui è costellato. Se le interazioni tra Zaiana e Maverick spezzano il ritmo, quelle tra Reylan e Faythe hanno una melodia tutta loro, che si trascina sia quando sono a palazzo sia quando intraprendono la strada, probabilmente senza ritorno, che li conduce alle Vestigia. In tutto questo il passato incombe come un monito, mentre le parole di Agalhor, i ricordi delle profezie di Marlowe, i segreti svelati in una locanda, contribuiscono a ricostruire la storia di Faythe e della sua specie straordinaria, oltre che quella della madre e di un regno cui non ha mai saputo di appartenere, ma che la chiama affinché indossi una corona di responsabilità e tremende battaglie. La sinossi del romanzo è inutile, e comunque la trovate qui sopra, quindi queste mie riflessioni sparse vogliono solo essere un appunto per coloro che, dopo aver letto i due capitoli precedenti, vorranno dare un’opportunità a questo terzo libro. È immenso nella sua costruzione, approfondito nella ricerca e nel trovare nuovi stimoli per i personaggi, acuto nell’introdurre appositamente comprimari eccelsi, nei vari livelli in cui questi contribuiscono alla storia. Amaya e Nerida, due donne giovanissime poste su schieramenti contrari, ne sono un esempio calzante, insieme alla capacità di prendere posizione davanti a un nemico comune. Perché se è vero che la notte che attende implacabile sarà sicuramente infinita, è altrettanto vero che il fuoco, il calore e l’ambra possono aprire uno spiraglio di speranza, occultata, ma imperitura, leggera, ma pressante, dove solo la squadra vince anche se è sempre il sacrificio supremo del singolo a cambiare il destino di tutti gli altri.
«Sei più di quanto avrei potuto desiderare in questa vita, Faythe. E so… so che sarai in grado di cambiare il mondo. Non con il potere che custodisci dentro di te o con la corona che potrebbe posarsi sulla tua testa, ma con quel cuore d’oro che canta nel tuo petto. Per ciò che è buono, per ciò che è giusto, e per ciò che è equo.» Faythe era ipnotizzata dai suoi occhi fieri. La costringevano ad ascoltare; ad assorbire ogni parola come se fosse la verità. «Ma, alle volte, bisogna combattere il fuoco con il fuoco. Guardare il mondo bruciare e poi risorgere dalle ceneri.»
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