Secondo volume della trilogia, Taken ci riporta alle vicende che coinvolgono Madison Greene e la “stravagante” famiglia di vampiri che scopre di aver ereditato.
Dopo il finale adrenalinico del primo libro li ritroviamo tutti a Marchwood House intenti a godersi un periodo di tranquillità in famiglia. Lo stato di calma bucolica non è destinato a durare, quando una sera Maddy viene misteriosamente rapita.
Che cosa poteva fare? A che diamine gli serviva essere immortale se non riusciva a proteggere la persona che amava? Come avrebbe fatto a sopportarlo, se lei fosse sparita per sempre? Quel connubio di spigoli e fragilità, di umorismo e coraggio. Madison aveva sofferto molto in vita sua, eppure era la persona più generosa che Alex avesse mai conosciuto. Se le fosse successo qualcosa, lui ne sarebbe uscito più distrutto di quanto avrebbe mai potuto essere sotto i raggi del sole.
Tutta la “famiglia”, Alexander in testa, si mobilita per ritrovarla, scoprendo un complotto che li riporterà nella lontana Cappadocia, da cui tutta la loro storia “vampirica” ha avuto inizio.
Ci saranno molti colpi di scena e rivelazioni, favoriti anche dalla doppia narrazione: del presente, che vede protagonisti Maddy e i suoi vampiri, e del passato in cui ci vengono narrate le vicende di una misteriosa ragazza, legata alla storia dei vampiri cappadoci. Anche se le due cose inizialmente sembrano scollegate a chi legge, tutto acquisirà un suo significato, quando finalmente una parte dei tasselli del mistero tessuto dall’autrice, andranno al loro posto.
Non appena fosse calata la notte, sarebbe uscito da quella casa come un tornado e niente al mondo gli avrebbe impedito di riprendersi la sua ragazza. Che il cielo avesse avuto pietà delle persone che lo stavano facendo sentire in quel modo, perché lui di certo non ne avrebbe avuto neanche un briciolo per loro.
Questo libro ci presenta una versione inedita e originale dell’origine della vampirizzazione, non legata come tradizione vorrebbe, ai monti della Transilvania, ma ad una oscura e misteriosa grotta situata in Cappadocia.
Vengono mescolati il fascino dell’oriente con la vita moderna e un tocco anche di atmosfera gotico-vittoriana apportata da Alexander e i suoi compagni.
È sicuramente una rivisitazione originale di un mito che è stato protagonista di innumerevoli storie, a questi vampiri vengono attribuite doti particolari derivanti dalla loro condizione di “non morti”, ma anche sentimenti e pensieri che provengono dritti dalla parte umana della loro vita precedente.
Il punto di vista che viene proposto è, a mio giudizio, abbastanza adolescenziale, ma vista l’età a cui si è interrotta la loro vita è plausibile che non tutti i vampiri di Marchwood abbiano sviluppato un giusto grado di maturità, quindi anche i sentimenti che manifestano, da quelli più nobili come l’amicizia e l’amore a quelli più infimi come l’odio e l’invidia sono vissuti in quest’ottica e spesso portati all’eccesso.
Ho trovato un po’ brusco il momento di convergenza tra passato e presente, e la spiegazione abbastanza sbrigativa, questo è un peccato perché per buona parte del libro si attende quel momento e liquidarlo così velocemente ha, a mio giudizio, bruciato una buona occasione per creare ulteriore suspense nei lettori.
Come già detto per il primo volume, probabilmente questa storia è destinata ad una fascia d’età diversa dalla mia e questo mi impedisce di apprezzare appieno quest’opera, è comunque un libro corretto e ben scritto che riscuoterà sicuramente il plauso che merita.
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