“La mia vita è perfetta, al contrario di quelle di altre, che sono verdi d’invidia.”
Ho scelto questo libro per il titolo, così come scelgo i vini in base al prezzo e all’etichetta, perché quando salto nel buio lo faccio comunque con una parvenza di criterio. Se non conosco un’autrice o un autore allora qualsiasi romanzo va bene, ma se una delle tue canzoni preferite è tirata in ballo, anche meglio. Bliss in inglese ha un significato molto preciso. È forse uno dei termini più belli che esistano, suona meravigliosamente bene sulla lingua, e noi lo tradurremmo con gioia. Non felicità, il cui corrispettivo anglofono è happyness, che è effimera nella sua brevità, ma gioia, un termine che di effimero non ha niente mentre con l’assoluto e la purezza ha tutto a che fare. Tornando a noi, ho scelto il romanzo grazie al titolo. E si vede che l’autrice sapeva benissimo che avrebbe irretito qualche fan dei Muse, perché il testo della canzone ritorna nell’opera, per colpire al cuore con lo straziante riconoscimento della bellezza da parte di colui che guarda la perfezione assoluta di chi ha un animo puro. Ma visto che questa non è una rivista musicale, ed io di certo non sono un critico, torniamo al nostro romanzo e facciamoci prendere per mano da Sofia e Riccardo. Samuel no, lo lascio fuori di proposito, perché in questo semi triangolo amoroso lui svolge la funzione che deve affinché la protagonista faccia il proprio percorso, per poi svanire come è giusto che sia nascosto persino allo sguardo acuto di un cigno di nome Melchiorre. Samuel Lentini è il capo con cui Sofia ha una relazione, basata fondamentalmente sul sesso e molte illusioni, oltre che sulla messa alla prova costante delle sue qualità lavorative, troppo spesso a rischio di non essere riconosciute a causa delle voci che iniziano a circolare in ufficio. E se per l’uomo, il capo, tali voci non sono che l’ennesimo trofeo da mostrare ai manager suoi pari durante riunioni in cui Sofia risalta come modella prima che come competente collega, per la donna è solo l’ennesimo passo falso verso una pletora di sorrisi di circostanza e velenosi pettegolezzi. Lei è troppo bella, troppo capace per non attirare invidie e gelosie, ma, come tutte le donne, deve lavorare il doppio perché gli altri pensino che possa aspirare a ottenere solo la metà di ciò che merita.
Per un attimo, in Samuel aveva fatto capolino la passione, gli occhi si erano accesi di sentimento, poi era ritornato freddo, distante. Come sempre. Non sembrava mai davvero del tutto coinvolto dai loro rapporti, più che altro lui si divertita a guardarla, quasi come se non fosse davvero partecipe della cosa.
L’uomo bellissimo e vuoto che lei ha scelto di avere accanto è solo un ulteriore passo nella scalata verso il distacco totale dai sogni; a un certo punto Sofia ha rinunciato, giovanissima, a quello che desiderava davvero, per diventare adulta, in quel delicato processo che ci accomuna tutti e che fa più vittime che vincitori. Eppure quella parte di lei non è del tutto sopita e, anche se non ne è davvero cosciente, è la stessa che la spinge a essere ancora una pendolare per scelta perché sa di non poter rinunciare ai suoi viaggi in treno. Perché anche se il paesaggio è brullo, anche se non riesce a leggere perché la riporta a qualcosa d’altro, anche se non vi è silenzio e anzi spesso vi sono troppi passeggeri, quel treno è come un ponte che la lega a quella giovane universitaria che ribolliva d’amore per la scrittura, mai riuscita a spiccare il volo come un uccellino spaventato dal primo colpo di un vento troppo violento. E poi su quel treno c’è Riccardo, uno sconosciuto senza nome, che come i quadri del suo pittore preferito Lugh ha tutti i colori all’apparenza in contrasto con i suoi, ma canta alla sua anima senza mai averle detto una sola parola. Riccardo è l’opposto della lucida perfezione di Samuel, ha un negozio dove si trovano vinili, dischi, libri e quanto di più bello possa esistere per un nerd; la “Bottega dell’Unicorno” è un faro in mezzo alle serate plumbee della città, quando fa troppo freddo anche se stringi il cappotto con forza intorno a un corpo sottile e affamato di luce. Riccardo è tutto quello che fa paura perché, anche se non lo conosce, pare racchiudere in sé quella gioia pura del titolo, quella quieta rassegnazione di far parte di qualcosa di straordinario senza esserne del tutto consapevole. Eppure ha uno sguardo attento, sicuro e perspicace quanto quello di Samuel non è mai stato.
In lei vedeva sempre una battaglia. Due anime in bilico. Ogni tanto faceva capolino una ragazza dolce e passionale, piena di cose non dette e di antri carichi di ricchezza da portare alla luce, troppo spesso vinceva la combattente armata di arroganza.
E questo spezzarsi e tentare di ricomporsi viaggia dall’Italia all’Inghilterra, quando una proposta di lavoro diventa una scappatoia per Sofia che deve allontanarsi da tutto ciò che ha deciso di lasciarsi alle spalle. Sono le passeggiate in solitaria lungo il Tamigi, le ore innumerevoli passate davanti allo schermo del computer, l’accoglienza di una città che ha sempre amato e che non la fa sentire sola, tutto contribuisce a scavare nell’animo della donna quelle parole che vogliono ritrovare la propria strada. Perché a volte i cuori si spezzano e di rumore non ne fanno, e lei ha solo scelto di crescere nel modo più comodo e brutalmente distante dalla sua vera essenza. Ed ecco che adesso una città straniera, vissuta in solitudine, con la propria magia spinge la viaggiatrice stanca a rendersene conto, a scendere a patti con se stessa; quando tutto intorno è così lontano dall’abitudine è inevitabile cercare una radice che ti tenga ancorata a qualsiasi cosa.
Ascoltò il rumore delle rapide, appena colorate dai lampioni, e accettò la consapevolezza di essersi spezzata, così, senza alcun motivo. Nessuna tragedia o malattia, nulla di rilievo che potesse giustificare la frattura nel suo animo. Sofia si era trincerata dietro la carriera, l’uomo Alpha, la perfezione di vestiti e trucco, e ogni notte si girava dall’altra parte, come se il mostro di sogni infranti non stesse lì a fissarla dal bordo del letto.
Siamo tutti tele nere, almeno in alcuni momenti della nostra vita, e aspettiamo che qualcuno vi versi sopra dei colori, o ci ricordi come si fa a prendere in mano un pennello per farlo da soli. In entrambi i casi va bene, perché è necessaria la consapevolezza che deve partire da noi stessi la spinta per intraprendere una nuova strada, allontanando la fugace sicurezza di quella vecchia, che ammorba con il proprio fango tutte le nostre speranze di risalita. E quindi, Amici Magnetici, per farla molto breve ho amato questo romanzo. È delicato, semplice, scritto bene, e ha il calore di una coperta di Linus. Perché i suoi protagonisti non sono né caricaturali né tantomeno eccessivi, ma umani, splendidamente umani e perfettamente riconoscibili. In noi tutti c’è un po’ di Riccardo, di Sofia, persino di Samuel e Lucrezia, e questo ci spinge a sentirlo come un libro scritto per fare una carezza lieve sulla testa di chi magari a volte ha smesso di credere che le cose potranno migliorare. Ha dunque il merito non solo di far risuonare una bellissima canzone tra le proprie pagine, ma soprattutto quello di evocare un messaggio di forza, coraggio e resilienza, senza dimenticare che non vi sono buoni o cattivi e linee nette a separarli, ma solo uomini e donne che troppo spesso dimenticano che tutto sarebbe molto più semplice se solo si dessero una possibilità.
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