lunedì 28 ottobre 2024

Recensione a "Purgatorio" di Maria Antonietta Capasso

 


Genere: Dark Mafia Retelling
Serie: City of Woe #2
Editore: Self Publishing
Data d'uscita: 25 Settembre 2024
Pagine: 435
Prezzo: eBook 2,99 - cartaceo flessibile 15,70 -
cartaceo rigido 19,97

 
 
 
 
 
Quando il regno crolla, la famiglia si sfalda e tutto sembra perduto, un accordo può rivelarsi l'unica via di fuga per entrambi.
Ne usciranno puri e disposti a salire alle stelle, o schiavi di una passione proibita che li trascinerà tra le fiamme degli Inferi?


Virgil è cresciuto in un monastero tedesco, tra dolore, miseria e privazione, fin quando scopre di essere il figlio illegittimo di don Elia Santacroce. Trascinato nelle spire della malavita newyorkese, diventa il suo consigliere.
Ora che tutto sembra perduto e i suoi fratelli sono lontani, non gli resta che ricostruire il regno dalle ceneri, senza perdere di vista una vendetta che rincorre da venticinque anni. A costo di perdere la fede in Dio.

Lavinia è cresciuta lontana da Cosa Nostra e i suoi intrighi, finché un evento luttuoso sconvolge le fondamenta della sua quotidianità.
I legami malavitosi da cui suo padre l'aveva tenuta lontana tornano a tormentarla e la obbligano a sottostare a quanto di peggiore possa concepire: un matrimonio combinato. Un uomo con il doppio dei suoi anni, ma che assicurerà alla sua famiglia il benessere perduto.

In una città dolente flagellata dal peccato, Virgil e Lavinia decideranno di salire insieme il monte del Purgatorio, irto di ostacoli, verità nascoste, intrighi e oscuri segreti.

Affinché le loro anime siano mondate dai rispettivi peccati e la luce dell'amore illumini le loro vite, oppresse da una figura oscura e inquietante, cosa saranno disposti a sacrificare?

"Purgatorio" è il secondo volume della City of Woe Series, retelling contemporaneo in chiave dark mafia romance della Divina Commedia di Dante Alighieri.
ATTENZIONE: Il romanzo contiene linguaggio e scene espliciti, violenza fisica e psicologica, rappresentazioni realistiche di atti criminali. Si invita alla lettura degli specifici TW presenti nella prima pagina e si consiglia la lettura a un pubblico adulto e consapevole.
 
 
 
 
 
 

 

Ciò che d’amore si nutre tende al divino. A noi mortali resta il compito di trattenerlo sulla terra. Lo chiamano libero arbitrio. Io la chiamo appartenenza.

Purgatorio: una parola che già reca in sé una precisa dichiarazione di intenti: dice che non si è ancora abbastanza santi da assurgere al più alto dei cieli, ma nemmeno abbastanza peccatori per sprofondare negli abissi infuocati degli inferi. La vita di Virgil Santacroce è stata questo: un perpetuo Purgatorio in cui espiare colpe anche in parte non sue, una continua ricerca di quella perfezione che gli è stata instillata a suon di frustate da quei servi di Dio che invece avrebbero dovuto insegnarli l’amore.

Mai abbastanza figlio di suo padre, essendo un bastardo, mai abbastanza puro, per essere stato macchiato dal peccato e, infine, mai abbastanza fedele ad un giuramento verso una famiglia, i suoi fratelli, che sta difendendo a costo della vita.

Niemanskind, figlio di nessuno, questo è il nome che si è dato, il bambino non voluto e abusato che ha imparato a soffocare le emozioni, che ha imparato come la troppa sensibilità sia una maledizione, che sublima il dolore dell’abbandono nelle violenze inflitte alle donne a lui sottomesse, che però poi ricambia con quel piacere che lui non ha mai potuto o voluto conoscere.

 

Perché il peccato di cui ero sporco era già grave di per sé: io avevo un sangue malato, ereditato dal mio padre biologico. Il mio compito era quello di avvicinarmi il più possibile a Dio, essere lo strumento che avrebbe mondato le colpe innate del mio sangue. Ero nato per quello.

Virgil si trova ora a gestire le sorti della famiglia Santacroce, non più come defilato consigliere, non più come un burattinaio dietro le quinte, ma da attore al centro della scena. Ogni macchinazione, ogni gesto hanno avuto lo scopo di condurlo fino a qui, al momento in cui la vendetta a cui tanto anela sarà compiuta, al momento in cui assolverà la sua promessa. Ma chi è Virgil veramente? La sua vita è il suo personale Purgatorio fatto dei tentativi di sollevarsi dalle colpe terrene che crede e sa di aver commesso e del tendersi verso il divino, verso quella redenzione e quel perdono che crede di non meritare. 

La perfezione che tenta di raggiungere ad ogni colpo di verga o ad ogni penitenza tramite il cilicio è già in lui, perché ogni essere umano nasce perfetto nelle sue imperfezioni, nel suo essere fragile, ma anche straordinariamente resiliente. 

Come l’Inferno è una spirale discendente, che aumenta il grado del peccato man mano si viaggia verso il fondo, così il Purgatorio rappresenta una spirale ascendente in cui ad ogni gradino si abbandona una po’ della nostra umanità, un po’ dei nostri guai terreni e delle nostre mancanze per arrivare infine allo stato di grazia. Virgil troverà il suo nelle braccia dell’unica donna capace di essergli affine, Lavinia.

 

Fu allora che compresi che l’amore non è accettazione di un destino che sembra essere segnato da qualcuno che dimora nell’alto dei cieli. Non va vissuto con accidia, con indolenza o, peggio, indifferenza. L’amore è causa di ogni virtù e di ogni peccato. Quanto più forte è l’amore, tanto più lo è il desiderio e l’unica cosa che desideravo io era lui. Più della mia stessa esistenza.

Lavinia, come Beatrice prima di lei, è una donna di mafia, quindi comprende bene le aspettative e i compiti che la attendono, è consapevole che la sua vita e le sue esigenze saranno sempre subordinate alla volontà di un marito che altri sceglieranno per lei, non si fa illusioni su questo, quello che non si aspetta è che i sentimenti per il futuro consorte siano così veri e reali, è forse l’unica che vede la vera natura di Virgil, la profondità delle sue ferite, ed istintivamente sa come essere per lui la compagna che gli occorre.

Lavinia è il fiume Lete di Virgil, colei che dopo un cammino di espiazione lo laverà delle sue colpe e sarà per lui il tramite verso quel paradiso terrestre che per lui rappresentano la pace e l’accettazione di quanto successo nel suo passato. Ma Lavinia sarà anche sua compagna di viaggio, non rappresentando come Beatrice prima di lei la donna angelicata e pura, ma quella disposta a insozzarsi degli stessi peccati del suo uomo e a conviverci pure serenamente.

 

Cosa avrei mai dovuto dire? Che non volevo essere nemmeno lì? Che il bisogno di respirare, di allontanarmi, di urlare con quanto fiato avessi in gola che volevo, dannazione, soltanto essere libera di scegliere... finivano nel momento esatto in cui Virgil mi guardava, come se fossi il centro del mondo? Che desideravo che la montagna russa di angoscia, terrore e attrazione che provavo insensatamente per lui la smettesse di farmi vorticare il mondo attorno?

Il valore aggiunto di questo libro sta anche nei suoi personaggi secondari, che non sono mere figure di contorno ma anzi sono personaggi vivi e vibranti che completano con la loro presenza il quadro generale. 

Di Charon ho già parlato la volta scorsa, di come la sua presenza sia quella del “traghettatore”, cioè, colui che porta al cospetto dei Santacroce le anime dannate che hanno la sfortuna di incrociare le sorti di questa famiglia. In questo libro ci viene svelato qualcosa in più di lui, intravediamo uno scorcio di quella che potrebbe essere la sua umanità, una fragilità che si concede di avere, ma che viene brutalmente stroncata a dimostrazione del fatto che la dannazione non prevede perdono o redenzione alcuna, condannando anche coloro su cui abbiamo riposto affetto e speranze. 

Lamia è un personaggio dalle molte sfaccettature e devo dire che ha suscitato in me pensieri e sensazioni diverse, è possibile darle molte letture, ma anche molte colpe e molte attenuanti. Io l’ho trovata una figura tragica, ingabbiata in una vita che forse si è scelta, ma da cui non vuole o non può difendersi. Se la prima impressione è quella di forza ad una analisi più attenta io l’ho trovata forse l’anima più dolente di tutto il libro, quella alla eterna ricerca della salvezza, ma mai destinata a raggiungerla e non interamente per sua colpa o scelta.

 

Lavinia era la chiave del forziere dove tenevo stipato il controllo. Era ogni inibizione che perdeva forza, ogni rigore morale o immorale che potesse avere un senso per me. Era la mia anima deteriorata, il cuore in frantumi e le frustate date a quel bambino di tanti anni prima. Lavinia era ciò che Lamia non sarebbe mai stata.

Ancora una volta abbiamo modo di apprezzare il talento di questa autrice nel creare intrecci degni di un mafia romance di tutto rispetto: la costruzione della trama prevede l’inserimento di personaggi che richiamano quelli dell’opera dantesca nel carattere e nelle azioni e che qui vengono sapientemente utilizzati per la costruzione di una trama che tiene conto dei loro tratti distintivi di partenza, ma che li evolve su un altro livello, adattandoli ai bisogni della storia e collocandoli nell’esatto momento e luogo che gli compete. Altro punto che mi sento di affrontare è la tensione che si è saputa creare tra i due protagonisti che sicuramente tiene ben calamitata l’attenzione di chi legge, in un primo momento avevo trovato il coronamento della loro storia forse troppo semplice o veloce, ma poi ragionandoci successivamente mi sono convinta che, per un personaggio come Virgil, la vera anormalità di un rapporto stia proprio nel viverne la normalità. Un rapporto scevro da tutte le sovrastrutture che negli anni lui ha costruito è quanto di più sconvolgente egli possa concepire, di conseguenza ho rivalutato la mia impressione iniziale trovando le scelte dell’autrice plausibili.

Difficile infine non notare come le tinte di questo racconto si facciano sempre più fosche man mano che ci avviciniamo al finale, resta da scoprire l’ultimo dei fratelli Santacroce, Samael, che deciderà se elevarsi verso l’Empireo, o più realisticamente, visto anche il significato del nome, sprofondare definitivamente oltre il nono cerchio tra le braccia di Lucifero.

 

 

Riuscivo a vedere la sua vera natura, oltre la durezza delle parole e la coltre che lo avvolgeva costantemente. Virgil non era soltanto rigoroso, o spietato. Non era solo punizione e dolore. Era anche calore. Era fragilità estrema. Era estasi.

 
 


 
 
 
 
 
 
Grazie all'autrice per averci fornito l'eBook
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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