«Intensifica la presa con le ginocchia. Riesco a malapena a sentirti lì dietro.»
«Ci sto provando.» Spingo le ginocchia in dentro e i muscoli delle cosce tremano. Quando cambia rotta in un ampio arco per riportarci a Basgiath piega a sinistra, ma questa volta in modo più morbido e con un’angolazione meno netta. «È solo che… non sono forte come gli altri cavalieri.»
«So esattamente chi e cosa sei, Violet Sorrengail.»
Partiamo con qualche numero, amici Magnetici, visto che mi piace tanto scombinare le regole.
“Fourth Wing” è uscito in America a Maggio del 2023. Pare abbia venduto giusto un paio di milioni di copie nel mondo, con una media altissima di stelle, mentre gli hashtag dedicati su Tik Tok si sprecano. Il seguito “Iron Flame” è uscito il 7 Novembre e Amazon, al momento e senza tener conto delle altre piattaforme, conta 62.342 recensioni, ovviamente per la sola versione originale in lingua inglese. Tutto molto interessante direte, ma lo scopo di questi dati qual è? Ve lo spiego subito ed è piuttosto semplice; è probabile che io stia per recensire un libro che voi avete già letto o di cui comunque avete sentito parlare, quindi mi reputo ancora più libera di scrivere quello che voglio, come se cadessi in picchiata cavalcando Tairn, o fossi seduta a metà del Parapetto incurante dei sessanta metri di vuoto tra me e il suolo. Posso fregarmene allegramente delle regole, per dirla tutta, con buona pace di chi legge.
In qualche recensione, non ricordo quale, ho sostenuto che parlare di fantasy sia tutt’altro che facile. Sono in assoluto i libri più difficili di cui scrivere, e se poi hai sacrificato ore di sonno per leggerli allora il compito risulta ancora più arduo. La storia, di contro, è abbastanza semplice. Nel Continente ci sono regni in guerra e uno di questi, quello di Navarra, è il palcoscenico primario; in particolare l’azione si svolge presso l’Accademia Militare che, suddivisa in quattro Quadranti, ospita reclute e cadetti orientati ognuno a un preciso apprendimento. Vi sono gli Scribi, i Fanti, i Guaritori e i Cavalieri. Se è abbastanza intuitivo indovinarne i compiti, vi è una discriminante fondamentale; i primi tre prevedono l’ingresso di reclute provenienti dalle sei province, mentre la candidatura per accedere all’ultimo gruppo è su base volontaria, con l’unica eccezione dei marchiati. I candidati cavalieri affrontano la prima scrematura il giorno della Coscrizione, quando sono costretti ad attraversare il ponte di pietra, il Parapetto, che divide la Cittadella dal resto della struttura dell’Accademia. Se sopravvivono entrano nei ranghi, ma sono sempre passibili di attacchi da parte dei compagni allo scopo di ridurre il numero dei contendenti durante la Trebbiatura. Divisi in squadre, all’interno delle Sezioni di una delle quattro Ali, saranno sottoposti ad allenamenti intensivi, prove indicibili e sofferenze tali da prepararli all’incontro con i draghi, ammesso che non finiscano per esserne inceneriti, ovvio. Perché in un romanzo perfetto non potevano che esserci questi esseri meravigliosi, astuti e intelligenti, feroci e magnifici, strettamente legati al proprio cavaliere con cui comunicano telepaticamente, al quale donano un sigillo attraverso cui riversare il proprio potere, andando ad accrescere il talento che ogni umano nasconde per portarlo alla luce come arma di attacco o difesa. E nonostante i militari tendano ad avere atteggiamenti spavaldi e freddi, su tutti il generale Lilith Sorrengail nonché madre della nostra protagonista Violet, nessuno può contraddire queste creature straordinarie.
La prima regola a Basgiath è mai mettere in discussione le azioni di un drago. Tendono a incenerire tutti coloro che reputano maleducati.
Violet, che ci offre il punto di vista univoco per tutto il romanzo con l’esclusione dell’ultimo capitolo, conosce la storia di Navarra perché è stata cresciuta per seguire le orme da scriba del padre. Nel libro non è mai citata, ma da come viene descritta, e per il fatto che l’autrice stessa ne soffre, sappiamo che è affetta da una malattia che richiama la sindrome di Ehlers-Danlos; ha problemi alle articolazioni e si ferisce spesso essendo più fragile rispetto al normale. Alla febbre avuta in gravidanza dalla madre viene ascritta la responsabilità della sua condizione, che l’ha anche segnata visivamente donandole una chioma depigmentata sulle lunghezze, qualunque sia il taglio, dove il castano si fonde in argento metallico. Questo marchio appariscente non è di poco conto, così come non lo è il fatto che la giovane rifiuti di tagliare o nascondere i capelli: è un segno distintivo che i nemici riconoscono e che, in un’altra parte del libro, la collegherà a qualcuno che indossa un colore altrettanto pericoloso, che anche in quel caso diventa bersaglio per chi non vuole riconoscere lo straordinario. Violet rappresenta dunque l’antitesi della candidata ideale a cavaliere, senza contare che da sempre si prepara a condurre una vita di studio. Ed è proprio così che si apre il romanzo, con la consapevolezza di essere costretta ad affrontare la Coscrizione per un ruolo che non ha voluto e che probabilmente la ucciderà, per il semplice motivo che Lilith non accetta che la figlia minore non possa far parte del Quadrante che lei ha scelto. Poco importa che l’altra figlia, Mira, sia un Tenente rispettato da tutti, e che il maggiore Brennan sia morto cinque anni prima in combattimento; i suoi figli devono diventare cavalieri o morire provandoci. È la guerra nella guerra. Se i confini di Navarra sono sotto attacco continuo da parte dei nemici provenienti dalla vicina Poromiel, la famiglia diventa terreno di scontro soprattutto quando la madre esercita un potere enorme ed è famosa per essere uno degli esecutori del massacro dei traditori secessionisti avvenuto anni prima. Il secondo livello di scontro è il Quadrante stesso, dove tutti contro tutti vige come regola aurea, fino a quando un centro si svela e con esso un gruppo di persone su cui fare affidamento. Ora io potrei dire moltissime cose su alcuni personaggi. C’è Dain, amico che viene dal passato e caposquadra. Ci sono Imogen, Rhiannon, Liam e Garrick. Ci sono i cattivi, sempre, ma voglio lasciarli dove stanno. Ci sono i professori. Ci sono i vestiti neri, con le stelle appuntate e i simboli della squadra e dell’ala di appartenenza. Ci sono i più alti in grado. E poi c’è il capo d’ala per eccellenza, quello della Quarta cui Violet finisce per essere assegnata; Xaden Riorson, figlio del Grande Traditore, signore delle ombre e cavaliere di Sgaeyl, il drago femmina più feroce e più forte. È anche uno dei pochi avvertimenti di Mira alla sorella quando quest’ultima si appresta a intraprendere la traversata mortale verso la cittadella;
«Tutti i figli dei capi sono stati reclutati come punizione per i crimini commessi dai loro genitori», sussurra mia sorella mentre ci spostiamo in avanti. «Mamma mi ha detto che non si aspettavano che Riorson superasse il Parapetto. Poi hanno pensato che qualche cadetto lo avrebbe ucciso, invece è stato scelto da un drago…» Scuote la testa. «Be’, non hanno potuto fare molto. Adesso è diventato capo d’ala.»
Se Mira è decisa a proteggerla, come altri faranno a vari livelli durante il romanzo, Xaden rappresenta quel pericolo che sfrigola all’altezza della nuca, quando hai la percezione che dall’oscurità qualcuno possa assalirti alle spalle piantandoti un coltello in mezzo alle costole. Nella migliore delle ipotesi è uno sguardo consapevole che pesa e che valuta, aggravato dall’odio verso la madre di Violet, mentre le regole del codice dell’Accademia sfumano in un contorno indefinito e tra i due si sviluppa un rapporto sul filo del rasoio, alimentato dalla presenza di Dain e da un livello di tolleranza minima da parte di entrambi. Violet è consapevole, a mente fredda, di non potersi fidare, eppure non tradisce mai nulla che lo riguardi quando avrebbe occasione di farlo. Gli scambi sono alla pari e lo saranno ancora di più quando verranno indissolubilmente legati da chi sceglie, ancora una volta, per loro. Prima di parlare di Tairn e Andarna, ammesso che poi lo faccia perché meriterebbero una recensione a parte, voglio soffermarmi sulla struttura dell’opera. Il romanzo si sviluppa in un arco temporale relativamente breve, circa un anno, ma ha fortissimi richiami al passato. Del padre di Violet sappiamo che era un conoscitore delle storie e delle leggende e che queste sono state trasmesse alla figlia. Xaden e tutti i marchiati incarnano la realtà di un passato più recente, mentre i quattrocento anni di storia di Navarra sono stati trascritti negli Archivi. I continui richiami agli scontri tra popoli, all’odio perpetuo e alle lotte intestine, sono squarci di consapevolezza in un mondo in movimento, laddove una mappa è più preziosa di un tesoro, quando spalanca le porte sulla memoria. Le citazioni all’inizio di ogni capitolo, ascritte a vari personaggi e al diario di Brennan destinato a Mira che poi lei regala a Violet, sono indicazioni precise sull’argomento del capitolo stesso o un richiamo alla storia a esso collegato. La costruzione dell’opera è importante perché, come in tutti i fantasy pensati per essere imponenti e sviluppati in più libri, è la base imprescindibile per collegare le azioni di un passato remoto con quelle attuali di un gruppo di ventenni che non sa se quella che sta vivendo sarà l’ultima alba. Le descrizioni geografiche, supportate da una bellissima cartina a inizio libro, sono fondamentali per darci una visione totale del mondo in cui stiamo entrando, che è molto più di quello rappresentato da Basgiath, ed è fatto di sterminate pianure e picchi appuntiti, avamposti solitari e laghi ghiacciati. È la visione a dorso di drago che i privilegiati possono avere, necessaria per scrutare oltre le nebbie della realtà e dell’anima e vedere dentro se stessi le proprie capacità, armi pronte a essere messe in campo nonostante l’inesperienza, perché un cuore puro sa che cosa è giusto fare anche se rischia di morire nel farlo. La tenacia, la rettitudine nonostante la limitazione fisica e la capacità di espandersi oltre ogni limite conosciuto caratterizzano una protagonista che, sulla carta e metaforicamente parlando, sarebbe data come perdente fin dall’inizio. Violet è consapevole che sarà costretta a esercitarsi e a sopportare atroci sofferenze per modellare il proprio fisico col doppio della fatica e la metà dei risultati; non riesce a stare seduta su un drago, volando per centinaia di metri durante le esercitazioni, eppure non è mai debole. Dal punto di vista umano rappresenta a tutto tondo un personaggio positivo, una donna testarda, ma generosa, introspettiva e acuta, intelligente e umana e, soprattutto, compassionevole.
«Violet», mi chiama il professor Kaori. Mi giro a guardarlo. «Sono stato l’insegnante di entrambi i tuoi fratelli. Un sigillo come quello che possiedo io è troppo utile qui in classe per mandarmi al fronte con un’ala. Brennan era un cavaliere incredibile e un brav’uomo. Mira è scaltra e sa stare in sella quando si tratta di volare.»
Annuisco.
«Ma tu sei la più intelligente.»
Tutto questo la porterà a essere una prima scelta assoluta con un riscontro inimmaginabile per chiunque, a partire dalle più alte cariche che assisteranno alla Trebbiatura quel primo Ottobre in cui i draghi scelgono gli allievi che accedono alla valle per stabilire un legame. Sarà proprio in quel momento che il cuore di Violet verrà avvolto dall’abbraccio di terrificanti ali nere, che nessuno ha più visto solcare i cieli dalla morte dell’ultimo cavaliere che ha avuto l’onore di cavalcarle. L’oro si mescolerà con l’argento, mentre altre ombre oscure si avvilupperanno a proteggere colei che combatte sempre, anche di fronte alla minima speranza di sopravvivenza, per difendere una creatura che non può farlo da sola. Non sto parlando per enigmi, ma non voglio certo rovinarvi il piacere di leggere uno dei punti più alti del romanzo, quando finalmente un’ulteriore stella, come un tatuaggio enorme e straordinario che occupa tutta la schiena, può essere appuntata con orgoglio nella lista dei successi della protagonista.
«Il sigillo deriva dalla combinazione del nostro potere con la vostra capacità di incanalarlo. Rivela chi siete nel profondo del vostro essere.»
La controparte perfetta per lei è Xaden; protetto dai misteri che lo circondano, ha un rapporto difficile con quella ragazza che, per genetica, dovrebbe essere programmato per uccidere. Quello che sono costretti ad affrontare insieme va oltre il pensabile, ma nessuno può contestare le scelte di un drago, figuriamoci se in ballo ce ne sono tre, di cui uno raro e due leggende. Xaden la addestra, la sfida, la spinge al limite. Eppure la protegge senza mai farla sentire inferiore, la stimola e la spaventa, anche se ben presto le loro schermaglie si trasformano in sfide dialettiche cui nessuno assiste, se si esclude quel pubblico esclusivo che probabilmente ne farebbe volentieri a meno.
Assodato il fatto che potrei parlare per ore di questo libro tediandovi all’infinito, forse è bene tirare le fila del discorso e lasciarvi in pace. Direi di soprassedere sul fattore gradimento. Se non avete capito che ve lo sto consigliando, allora devo rivedere il modo di esprimermi. Ma sul perché dovete leggerlo… questa è tutta un’altra storia. “Fourth Wing” prende il meglio della tradizione fantasy e del romanzo di formazione, per regalarci un moderno “Signore delle Mosche” con protagonisti indimenticabili. È lungo, ma troppo breve, perché leggendo hai assolutamente bisogno di sapere come va a finire sperando al tempo stesso che non finisca. Brucia il tempo, come le fiamme implacabili di Tairn, e tu vorresti implorare Andarna per un po’ di aiuto. Il bianco e il nero non esistono, anche se abbiamo chiaro fin dall’inizio quali personaggi negativi rimarranno tali fino in fondo; mi riferisco a quelli stereotipati, i tipici adolescenti bulli e cattivi che qui portano la loro insofferenza ai più alti gradi di odio verso il diverso, tentati omicidi compresi. Ma in sottofondo altri cattivi si muovono tra le ombre, o forse alla luce del sole, aprendo la porta a interrogativi che nel finale solo in parte troveranno una risposta mentre un cliffhanger di tutto rispetto ci tira un pugno diretto al plesso solare che ci toglie il respiro.
Non tutto è come sembra, ma, come ci ha insegnato Cassandra Clare nel mondo meraviglioso dei suoi Shadowhunters, bisogna ricordare che “Tutte le storie sono vere”. Ed è a questo che il lettore si aggrappa con forza. Alla storia nella storia che non va mai dimenticata, al passato che non deve essere accantonato o riscritto in modo arbitrario, alle gesta valorose che non possono essere trasformate in perversioni o illeciti solo perché in un determinato momento storico può tornare utile. È la memoria umana e universale che va preservata, come se fosse colata sulla pelle, incisa in più di cento cicatrici argentate, monito per chi si accolla la responsabilità di altrettante vite e per chi quel sacrificio lo deve riconoscere e rispettare. Questo romanzo ci parla d’impegno nell’accettare ciò che appare sbagliato, spingendoci a vedere oltre le difficoltà causate da un involucro inadatto a un mondo improntato sui valori della violenza e della morte. Ci parla di empatia, compassione, coraggio, spirito di sacrificio e amicizia; non a caso uno dei personaggi più belli del libro è Liam Mairi che, pagina dopo pagina, si dimostra scudo e spalla, ben oltre il pallido riflesso di chi, come Dain, non solo non accetta i limiti di Violet, ma con essi vorrebbe incatenarla in una sfera di inadeguatezza. Questo romanzo sono le parole di Xaden, che sfregia Violet in Violence, assegnandole un nome che è pura forza, ferocia, anche se lei questa rabbia non l’ha ancora incanalata; ma lui, grazie alle ombre, vede tutto, sente tutto e intuisce di cosa possa essere capace. Sue sono le parole che risuonano come monito e che vanno custodite come un tesoro prezioso.
«La speranza è una cosa volubile e pericolosa. Ti ruba la concentrazione e la indirizza verso le possibilità, invece di tenerla al giusto posto, ovvero fissa sulle probabilità.»
«Quindi che cosa dovrei fare? Smettere di sperare di sopravvivere e pianificare la mia morte?»
«Dovresti focalizzarti su ciò che ti può uccidere, così da trovare il modo di non morire.»
Questo è solo un esempio dei dialoghi tra Violet e Xaden, ma ci fa capire la profondità nascosta dietro il sarcasmo, di lei, e l’impassibilità quieta, di lui. Eppure il loro modo di comunicare è unico e si avvale di una fiducia che cresce di pari passo con i problemi che si troveranno ad affrontare, come compagni d’arme e come squadra ad altri livelli, che non vado a svelare per non togliervi alcun piacere nello scoprire come si evolvono per loro gli eventi. Posso solo dirvi che non saranno semplici, ma feriti da disprezzo e delusione e Xaden sa, nel profondo di se stesso, che nonostante tutto quegli occhi non saranno mai più privi del dolore che lui le ha inflitto.
Ma adesso basta, Amici Magnetici. Fatemi sapere se queste parole vi risuonano nel caso in cui lo aveste letto o se vi hanno spinto a farlo. Io posso dirvi solo questo. Chi ama i libri, e in particolare il fantasy, racchiude dentro sé una sfera preziosa e fragile che sa dove può trovare un rifugio; le pagine scritte non sono una semplice evasione, che pur apprezziamo, ma il luogo dove il reale e l’immaginario si fondono, aprendo le porte a un mondo migliore di quello che ci lasciamo alle spalle in modo consapevole e volontario. Sono lo strumento che ci permette di attraversare lo specchio, senza perdere un briciolo della nostra anima e della nostra compassione, e ci donano la speranza di uscirne migliori quando saremo costretti a farlo. Con questo romanzo le persone così intraprendono un viaggio in cui rimangono a lungo intrappolate tra le maglie di una storia che non le abbandona e si connette col loro Io più profondo, quello dove si nascondono paure e desideri, timori e lancinanti conflitti. Per gli altri, per coloro che di lettura si dilettano, ma non vivono, sarà “solo” un bellissimo libro, che regalerà momenti di puro intrattenimento e tensioni elettrizzanti. Ho finito le parole e quindi vi lascio a Basgiath, alle ferite e al sudore, alla passione e alla freddezza, ai vuoti d’aria e alle virate impossibili; mentre lo faccio vi chiedo di ricordare, sempre, che conciliare gli opposti non frantuma, ma riallinea, e che un drago molto saggio una volta ha detto che
«Alla natura piace che le cose siano in equilibrio.»
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