lunedì 26 giugno 2023

Recensione a "The first girl child" di Amy Harmon

 



Genere: Fantasy
Serie: The Chronicles of Saylok #1
Editore: Queen Edizioni
Data d'uscita: 26 Giugno 2023
Pagine: 437
Prezzo: eBook 5,99 - cartaceo 16,05

 
 
 
 

 
Bayr di Saylok è perseguitato da una maledizione scagliata dalla madre morente. Disdegnata, abbandonata e mai amata, la donna maledisse la sua terra con queste parole: da oggi in poi, Saylok non avrà più figlie.
Cresciuto tra i Guardiani sulla Collina del Tempio, Bayr possiede una forza sovrumana. Ma è anche provvisto di un cuore che batte per un solo scopo: proteggere Alba, la prima bambina femmina nata dopo quasi due decadi, salvezza di un paese in pericolo.
Adesso il destino di Saylok è nelle mani di Alba e Bayr, il cui legame diventa più profondo man mano che il caos si avvicina. Con il compito di combattere i nemici del loro popolo, sia dentro che fuori la loro terra, l’animo di Bayr è alimentato ulteriormente dall’amore di una ragazza che ha sfidato il flagello di Saylok.
Quello che Bayr e Alba non sanno è che entrambi costituiscono una minaccia per il re, un uomo avido che ha costruito il suo regno su bugie, omicidi e tradimenti. C’è solo un modo per difendere la loro terra dalla corruzione che ha preso il sopravvento. Spezzando la maledizione, potrebbero sconfiggere il re… ma potrebbero anche distruggere sé stessi.
 
 
 
 
 
 
 

Saylok era una terra bellissima: aveva la forma di una stella con sei penisole tondeggianti, una per ogni clan. Galleggiava al centro del mare del Nord: Odino stesso ne aveva toccato il fondale, stringendolo nel suo pugno, e lo aveva riportato su in superficie, fino alla luce del sole, liberandolo in un’isola dopo aver aperto la mano.
 

È giusto iniziare così, amici Magnetici, presentando la vera protagonista del libro, quell’isola dalle mille sfaccettature, ricca e aspra al tempo stesso, forte come i popoli che la abitano. È giusto iniziare con i suoi segreti scoperti per caso da due bambini, Dagmar e Desdemona, che versano il sangue di Runa fuori dal tempio e mettono in moto avvenimenti che snodano l’intreccio di migliaia di destini. Tutto il romanzo è incentrato sulla bellezza dell’isola, benedetta come il suo nome, dove sei clan si spartiscono le terre come gli antichi figli ingannati da Loki, mentre i Guardiani del Tempio assistono e incoronano i re che per legge si alternano.
Anni dopo la scoperta delle Rune, Dagmar è ormai un guardiano: ha lasciato la sorella Desdemona e la tribù di Dolphys, rifuggendo il volere del padre Dred che lo avrebbe voluto guerriero per il clan del Lupo. Studia, contempla, interpreta i segni conducendo l’esistenza che ha sempre desiderato. Chiamato dai sogni e dal respiro della foresta, Dagmar si scontra col proprio Fato quando salva da braccia morenti un bambino appena nato; la madre lo riconosce e confida a lui un terribile segreto. Ripudiata dal padre del piccolo, ormai sfinita dalla fatica del parto, sigilla col sangue una maledizione sugli uomini di tutta l’isola.
 
«Siamo abusate, usate, veniamo barattate di continuo e abbandonate. Ma mai amate. E così sia. A partire da questo giorno, Saylok non avrà più figlie che voi uomini potrete amare.»

Aveva disegnato una donna e un bambino avvolti dalla coda di un serpente, la cui testa, con tanto di lingua biforcuta, era attorcigliata attorno a una corona a sei guglie, una per ogni clan di Saylok. Aveva abbozzato a scrivere anche i simboli della forza e del potere, ma senza chiudere il cerchio attorno al secondo: Dagmar si chiese se l’avesse fatto di proposito o se, semplicemente, Desdemona fosse morta prima di riuscire a finirlo. Avrebbe potuto chiuderlo lui, ma il sangue non era il suo e aveva paura che una sua interferenza potesse peggiorare le cose. Quello sarebbe stato l’atto conclusivo. In una runa della forza, un vuoto nel cerchio, anche se piccolo e sottile, significava debolezza. Se l’intento era quello di tracciare il marchio della forza per suo figlio, Desdemona, in modo involontario, aveva lasciato spazio a un difetto fatale. Passò la lama della guerriera nella sua mano, che ancora sanguinava, e chiuse il cerchio.
 
Bayr, il nome dato al bambino, risuona come un tuono nelle valli, richiamando quell’assonanza con l’Orso alla cui tribù appartiene il padre naturale, Banruud, che ha abbandonato Desdemona allo scopo di sposare Alannah, figlia dell’attuale re: mosso da un’ambizione sfrenata, vuole rafforzare la propria posizione di capotribù di Berne e velocizzare la possibile ascesa verso il trono. Le leggi hanno decretato che i re siano incoronati non per successione ereditaria, ma con l’alternanza dei clan nell’ordine prestabilito, allo scopo di non concentrare mai il potere troppo a lungo: Banruud sa che la prossima scelta deve cadere su Berne e il matrimonio con l’erede dell’Aquila è la scorciatoia ideale per imporsi su altri candidati. Nella sua accezione completamente negativa, è un personaggio chiave nel libro: le sue decisioni e la sua rabbia mettono in moto azioni che avranno un’altissima risonanza nelle vite di tutti gli altri. Non è un caso che lui, come Desdemona, incarni quel rancore e quella tracotanza che li ha portati, insieme, a generare l’Eroe dei miti: Bayr è un essere straordinario, forte come Thor, ma timido e silenzioso. È un protettore in ogni momento della vita, ma trova uno scopo ancora più alto quando si assume, all’età di sette anni, il compito di vigilare sulla principessa di Saylok, Alba. La bambina, figlia apparente di un miracolo dopo anni in cui non nascono più femmine, è la perfetta controparte di Bayr, contraltare magnifico di acutezza e parole infinite che si scontrano col silenzio e la balbuzie di lui.
Descrivere questo libro cercando di rendergli merito senza incorrere nel rischio di dire troppo, è davvero difficile.

Innanzitutto l’isola, in sé, è un organismo vivente che respira: come le Rune, anche la terra risponde al sangue ed è profondamente connessa ai Guardiani che ne devono tutelare i segreti. Il tempio è luogo di preghiera e lavoro, ma ben presto diviene la casa dove è possibile accogliere coloro che ne hanno bisogno.
Negli anni di violenza che si succedono a causa delle tensioni intestine tra i clan e le minacce dall’esterno, nel santuario è possibile trovare rifugio e pace, soprattutto per le donne che a poco a poco vi arrivano. Le razzie nelle terre lontane alla ricerca di giovani fertili che possano dare alla luce delle figlie, la superstizione e la colpa riversata sulle stesse, le poche ragazze dei clan nate prima di Bayr, tutto contribuisce ad alimentare il terrore che serpeggia nelle valli e nei campi, nei corridoi del palazzo reale e nelle celle buie dove i Guardiani vedono attraverso le Rune: senza nuove figlie, Saylok è destinata a cadere. Perché sarà anche un mondo di sofferenza improntato sul valore della forza e dove vige la legge della sopravvivenza, ma gli uomini non possono procreare e per questo sono deboli davanti a una fine già scritta.
 
«Non viviamo per soffrire. Sopportiamo perché così, un giorno, potremo… vivere. »
 
Il dolore è interconnesso in modo imprescindibile con le vite di tutti gli attori coinvolti. Se Desdemona e Banruud danno la vita a Bayr, altri protagonisti si affacciano sulla scena pretendendo quel ruolo che spetta loro di diritto. Tra i guardiani ve n’è uno che ha il titolo di Superiore, che osserva con occhi di falco ogni avvenimento, sia che questo si svolga sul piano reale, sia che appartenga a visioni del passato e del futuro.
La figura di Ivo è centrale per mille motivi, ma soprattutto perché persegue il proprio obiettivo di protettore fino alle conseguenze ultime, anche quando gli sono taciute verità sconvolgenti. Nonostante sia vecchio e ricurvo, raccoglie in sé quella forza che pervade tutte le anime splendide che percorrono il romanzo e che attorno a lui gravitano come richiamate da un canto antico.
Un Fantasma innanzitutto, che dolente e silenzioso accetta il sacrificio estremo richiesto a una madre per il bene del suo tesoro più grande; tutti i guardiani, silenti, operosi e custodi consapevoli; Dagmar, che ha rotto e risanato l’equilibrio della storia quando ha salvato il nipote Bayr nel bosco e l’ha condotto al tempio, pronto a sacrificarsi se Ivo non gli avesse concesso di crescerlo; le Figlie e tutte le donne che hanno contributo a creare nuove linee, come guardiane o supplicanti, guerriere e portatrici di pace. E poi c’è lei, quell’Alba più luminosa di tutte, che vive i primi anni della sua vita praticamente arrampicata sulle spalle di Bayr, principessa ignorata e sola, nonostante sia unica, perché troppo piccola per servire gli scopi del Re Banruud.

Era doloroso stare sotto quei grossi rami e ricordare il bambino, nato da una madre che l’avrebbe segnato, un padre che l’avrebbe abbandonato, e un mondo che non l’avrebbe accolto. Nonostante la sua forza e la sua umiltà, la sua bontà e la sua grazia, Bayr non aveva mai chiesto niente.
 
A discapito di quello cui dovrà rinunciare e della separazione più atroce, Bayr persegue il proprio destino, anche se non lo comprende appieno e il suo unico desiderio è restare con la piccola amica. Come la maggior parte degli eroi, anche lui è in parte cieco davanti al Fato: è consapevole, certo, del peso che vuole gravargli sulle spalle, ma non è a lui che spetta conoscere tutto. Non per questo è un burattino, nessuno di loro lo è, ma come gli altri è soggetto a quei fili che le Norne possono tirare in qualsiasi momento. Bayr non scalpita per essere l’attore principale ed è questo il motivo per cui è circondato da un coro con cui trova la perfetta connessione, in una storia che scivola tra mito e realismo, sorretta da una prosa lucida e potente e un mondo tessuto ad arte. Saylok vive dentro i protagonisti, ma prima di loro e a loro sopravvivrà. La caducità dell’umano infatti, seppur eroico, arguto, intelligente e coraggioso, non è mai messa in discussione. Nemmeno Bayr, che è quasi divino, è immune al dolore e alla perdita. L’equilibrio che regge le sorti dell’isola, microcosmo creato da Odino in persona, è rotto sia da una maledizione che dall’egoismo: l’uomo, inteso come genere e come umanità intera, è ancora una volta causa e risoluzione del proprio male. Qui giace forse la lezione più importante di tutto il libro, che con magistrale potenza affronta temi che appartengono alla Storia dal momento in cui ha iniziato a svolgersi. Se quello che Desdemona subisce scatena la vendetta, il tempo troverà comunque la risoluzione perfetta, attraverso la morte e la rinascita, il crollo e la ricostruzione. Il simbolo stesso di Saylok sigilla il suo destino e con esso quello di tutti i clan: la stella a sei punte è abbracciata in un cerchio che è movimento e stabilità al tempo stesso, infinito come il potere che nascondono le Rune e la consapevolezza dei custodi che le proteggono. Se i mari o i venti prima o poi lo spazzeranno via, questo non possiamo saperlo, ma di certo quel potere rimane lì, sussurrato tra le splendide pagine di un romanzo di avventura e guerra, dove anche il più piccolo, apparentemente insignificante gesto, svela la propria potenza e scuote la terra dalle fondamenta. 



 
 
 
 
 
 
 
Grazie alla CE per averci fornito l'eBook
 
 
 
 
 
 
 


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