Non mi interessava del suo passato, dei suoi sbagli, delle sue peggiori azioni. Sarei stata cieca anche di fronte alla peggiore delle situazioni. Era quello l’amore, per me, e avevo bisogno della sua luce per stare davvero bene.
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Mentre il sangue mi ribolliva nelle vene avevo sentito spiegato il mio bisogno di starle accanto e proteggerla a qualunque costo. Non lo sapevo, ma c’era in lei qualcosa che non avevo mai trovato prima e che, in qualche modo, mi completava. Io ero uno stronzo disposto a tutto pur di stare dalla parte giusta della storia, e lei era una vittima che aveva solo bisogno di qualcuno che la vedesse come tale.
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Passandole le dita fra i capelli, mi ero reso conto di quanto mi fossi spinto oltre, volontariamente o meno, e di quanto tutto quello potesse diventare pericoloso. Avevo già perso un grande amore, non potevo rischiare di rifare lo stesso errore.
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Ma era di certo il primo per cui avevo sentito una folle necessità, il primo al quale non riuscivo più a smettere di pensare. Per quanto potesse sembrare assurdo, e sicuramente lo era, in fondo al mio cuore e alla mia anima sapevo già che non sarei più riuscita a fare a meno di lui.
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Nel guardare le sue gambe, toniche e invitanti, non ero riuscita a fare a meno di pensare che le avrei volute toccare. In realtà non avrei voluto toccare solo quelle. Avevo distolto lo sguardo, presa da uno strano rimorso di coscienza fatto anche dal nostro age gap evidente. Quel tizio, per quanto poteva sembrare adulto, non poteva avere più di venticinque anni. Dieci in meno di me.
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Poi aveva cominciato a baciarmi dappertutto. Sul viso, sul collo, sull’ampia scollatura, sulle labbra, sulle braccia nude. Le sue mani mi stringevano il sedere, le sue labbra mi volevano. A quel punto, cominciavo a non essere più sicura della resistenza che gli stavo opponendo.
Lo odiavo, ma nello stesso tempo lo desideravo.
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Le avevo spostato di prepotenza di lato il perizoma e l’avevo penetrata, prima con un dito poi con due. Lei non voleva aprire gli occhi, forse si vergognava di quanto le stesse piacendo, ma a quel punto a me non fregava più un cazzo. Dovevo solo entrare in casa sua, ma in realtà non vedevo l’ora di entrare dentro di lei. E così avevo fatto.
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La notte e il giorno non vivono l’uno senza l’altro, sono inevitabili, proprio come la luna e il sole.
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Avevo ripensato al tempo passato con lei che era stato decisamente fuori dagli schemi. Dai miei, soprattutto. Non potevo mentire a me stesso, quella donna mi aveva fatto lo stesso effetto della dopamina, mi era entrata in circolo e mi aveva lasciato soddisfatto, felice, senza fiato e senza risposte.
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Non mi era servito dirgli di stare zitto, perché in fondo forse se lo aspettava. Anzi, a dirla tutta, se lo meritava. Avevo indossato il tirapugni e, dopo un respiro profondo, avevo cominciato a pestarlo.
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