Genere: Narrativa
Editore: Giovane Holden Edizioni
Data d'uscita: 10 Aprile 2021
Pagine: 306
Prezzo: e-book 4,19 - cartaceo 15,00
Rico e Lele vivono a Ponteferro, immaginaria cittadina industriale
qualche chilometro a sud di Roma. Hanno poco più di venti anni e sono
amici da sempre. Rico ha una famiglia unita, che lo ama e con cui vive
in sintonia. Lele, invece, ha un padre e una madre assenti e un fratello
maggiore che, per scappare a tutto ciò, si è trasferito da molti anni
in Inghilterra. Le loro sono le tipiche giornate dei ragazzi di
provincia: studio, lavoretti, una scalcagnata band con cui suonare
qualcosa in uno scantinato. Attorno a loro, però, turbina un microcosmo
di personaggi eccentrici e vagamente fuori giri, una sorta di coro che
fa da controcanto alle giornate dei due protagonisti. Giornate che, a
ridosso di un gelido Natale simile a mille altri, prendono una svolta
inattesa: Rico e Lele, stanchi di quella routine, decidono di passare al
contrattacco attraverso un’idea folle e utopistica: fondare una loro
personalissima Città Ideale, Borgoferro, sulle orme di tutti quei
pensatori e filosofi illustri che li hanno preceduti teorizzando
soluzioni simili. Una sorta di regno indipendente da realizzare nelle
campagne lì attorno, in cui rifugiarsi con pochi altri eletti per
fuggire dalla noia e dalla mediocrità imperanti. Da questo improbabile
presupposto parte una sarabanda comica, tenera e romantica che si
sviluppa nell’arco di ventiquattro pirotecniche ore, in cui i due
protagonisti capiranno che tra il dire e il fare c’è di mezzo un
ostacolo insormontabile: la realtà. Il romanzo è un picaresco viaggio
a chilometri zero. Perché i viaggi più epifanici e avventurosi, a
volte, sono quelli che partono dalla nostra testa. Senza che le gambe
nemmeno se ne accorgano.
Le periferie delle grandi città italiane sono da sempre uno sfondo ideale per storie di vita e di umanità diverse; oggi, però, è difficile (a mio personalissimo parere) trovare scrittori che non cadano nel banale o in pallidi tentativi di ricalco degli indimenticati “ragazzi di vita” pasoliniani. Ma i personaggi dello stato immaginario di Borgoferro sono talmente vividi e reali che ci portano in una lettura coinvolgente e che non delude. È come un sistema, la cittadina di periferia di Ponteferro, dove Rico e Lele trascorrono le loro vite, formato da una quotidianità tanto diversa (il nonno con l’inizio di demenza, gli amici che cercano di formare una band musicale, i tossici sulle panchine del parco) quanto beffarda nel suo senso di ineluttabile sconfitta.
«Forse, pensò Lele, siamo solo l’incubo sudato di un demone che si è addormentato ubriaco. Non siamo reali, concreti. Siamo la stropicciata carta da parati di un qualche dio periferico e dimenticato.
…………………..
In fondo, pemsò Rico, uno si lambicca il cervello per cercare di dare un senso all’esistenza quando invece è solo questione di ..... Dove nasci e con chi cresci non dipende da te, ma da un mazzo di carte che non mischi tu, non servi tu e sul quale non hai alcun arbitrio.»
Nessuno di loro cerca il riscatto quanto piuttosto il senso di quella vita, per capire se sono capaci di viverla fino in fondo, proprio perché non l’hanno scelta, ma è solo stata data loro dal destino. Anche l’idea di fondare una sorta di città ideale, né “utopica” né “campanelliana” una mo-anarchia appunto, rispecchia la voglia di superare quella linea di indifferenza e abitudine così tipica delle periferie metropolitane italiane. Una storia molto attuale anche nelle riflessioni dei protagonisti e che ci fa pensare che a volte è davvero difficile non solo vivere la vita che vogliamo, ma quanto esserne capaci, poiché il destino spesso decide diversamente: quello stesso destino che all’interno del romanzo è spiegato in una sorta di libro nel libro, con un incastro dolce-amaro e perfetto al tempo stesso. La struttura narrativa è tutta in prima persona, al passato remoto, fluida e priva di errori, permettendo una lettura molto scorrevole. Una storia molto diversa e che vi piacerà.
«Forse, pensò Lele, siamo solo l’incubo sudato di un demone che si è addormentato ubriaco. Non siamo reali, concreti. Siamo la stropicciata carta da parati di un qualche dio periferico e dimenticato.
…………………..
In fondo, pemsò Rico, uno si lambicca il cervello per cercare di dare un senso all’esistenza quando invece è solo questione di ..... Dove nasci e con chi cresci non dipende da te, ma da un mazzo di carte che non mischi tu, non servi tu e sul quale non hai alcun arbitrio.»
Nessuno di loro cerca il riscatto quanto piuttosto il senso di quella vita, per capire se sono capaci di viverla fino in fondo, proprio perché non l’hanno scelta, ma è solo stata data loro dal destino. Anche l’idea di fondare una sorta di città ideale, né “utopica” né “campanelliana” una mo-anarchia appunto, rispecchia la voglia di superare quella linea di indifferenza e abitudine così tipica delle periferie metropolitane italiane. Una storia molto attuale anche nelle riflessioni dei protagonisti e che ci fa pensare che a volte è davvero difficile non solo vivere la vita che vogliamo, ma quanto esserne capaci, poiché il destino spesso decide diversamente: quello stesso destino che all’interno del romanzo è spiegato in una sorta di libro nel libro, con un incastro dolce-amaro e perfetto al tempo stesso. La struttura narrativa è tutta in prima persona, al passato remoto, fluida e priva di errori, permettendo una lettura molto scorrevole. Una storia molto diversa e che vi piacerà.
Ringraziamo la Ce per averci fornito l'Ebook
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