Genere: Narrativa storica
Editore: Words Edizioni
Data d'uscita: 7 Gennaio 2021
Pagine: 288
Prezzo: e-book 2,99
La luce dell’alba è una storia di amore e di guerra, di forti nodi affettivi e di inganni. Protagonista l’Italia degli ultimi anni della seconda guerra mondiale e della Resistenza, insieme a Emma, Lavinia e Lorenzo, tre bambini inseparabili ma che poi saranno costretti a dividersi. Quando anni dopo si rivedranno, si scopriranno diversi e presto il loro rapporto imploderà. La violenza della guerra avrà un’influenza determinante sulle loro vite e li spingerà a compiere scelte drammatiche e imprevedibili, fino alla scoperta di un segreto che cambierà per sempre la vita a uno di loro.
1. ‹‹Scommetto che gli uomini fanno la fila per uscire con te.›› ‹‹Può darsi, ma per il momento il mio unico amore è lo studio.›› Lorenzo piegò la testa di lato. ‹‹Non vorrai farmi credere che non c’è nessuno qui?›› Puntò l’indice a pochi centimetri dal suo cuore. Emma fu costretta ad abbassare gli occhi. Avrebbero rivelato troppe cose. ‹‹Nessuno. Tu, invece…›› ‹‹Io non mi sono mai sentito come mi sento adesso.›› La sua voce si era fatta roca. Le prese la faccia tra le mani e la guardò intensamente. Un attimo dopo la stava baciando.
2. Lei e Lavinia si erano incontrate il primo giorno di scuola. La maestra le aveva spinte a sedere nello stesso banco, fitto di nomi e date incise col temperino. Loro si erano scrutate di sbieco, intimidite da tutte quelle novità. Poi avevano tirato fuori i quaderni con le copertine nere e copiato le asticelle tracciate alla lavagna. Non si erano dette granché. Erano troppo occupate nel loro lavoro o forse si stavano studiando. Tutto era filato liscio fino al momento della ricreazione, quando qualcuno aveva nascosto una rana nel cestino di Emma. Quando lo aveva aperto per prendere la merenda, la rana le era saltata in testa, curiosando qua e là in cerca di una via di fuga e finendo con l’impigliarsi tra i suoi riccioli. Emma aveva sentito quelle piccole zampe annaspare sotto l’orecchio e aveva creduto d’impazzire. Si era messa a urlare fino a restare senza fiato e intanto aveva preso ad agitare le braccia e scrollare i capelli. Lavinia non aveva perso tempo. Infilando la mano dentro quei boccoli sfatti, aveva agguantato la rana e l’aveva scagliata contro un albero, poi si era guardata intorno in cerca del colpevole. Era bastato un attimo. Con la coda dell’occhio si era accorta di una bocca che rideva, un fiocco storto che si nascondeva dietro mucchi di nuche curiose. L’aveva già notata quella faccia molle. Sedeva al primo banco, incollata alla cattedra, scrutava la lavagna con occhi da gallina. Senza stare a pensarci, l’aveva tirata giù e le aveva spiaccicato la bocca sulla rana morta. La Chiassi era arrivata col suo nodo stretto da Gestapo, la faccia paonazza. Dagli occhi spargeva una luce molesta, il senso sadico di una giustizia che raddrizzava le schiene. Aveva decretato una punizione esemplare. Venti bacchettate sui palmi e cento pagine di asticelle e cerchietti. Lavinia si era piegata al castigo. Entrando in classe, aveva porto le mani, girando la faccia. Nel suo banco Emma piangeva, ogni colpo la faceva tremare. Da quel giorno l’aveva eletta a sua amica del cuore.
3. Lorenzo fu spinto a sedere, gli furono legati polsi e caviglie. La canna di un fucile lo guardava a distanza mentre mani insolenti si allungavano in giro, spalancavano pensili, frugavano nella dispensa. Sapevano come muoversi, chissà quante fattorie avevano violato. Vecchi casali di tufo fatti di stanze ruvide, di travi che strisciavano come serpi lungo i solai. Tre di loro salirono di sopra vociando. Lorenzo sentì i loro passi nelle camere da letto, vide la madre trasalire a ogni schianto, la bocca che avvizziva. Fu imbastita una mensa scombinata. La tavola si riempì di pane, formaggi e salsicce. Arrivò altro vino. Arrivarono le risate. Sì, ingozzatevi pure, bevete, spanciatevi come porci ma lasciate stare le mie donne o quant’è vero Iddio vi cavo gli occhi. Mangiavano sguaiati con le bocche unte, presero altro pane, le conserve sott’olio. Poi uno di quelli rimasti di guardia entrò e disse qualcosa. Il comandante si rabbuiò. Urlò un’imprecazione, scostò il piatto e si alzò berciando in quella sua lingua astrusa. Da uno spiraglio della finestra, Lorenzo lo vide saltare su una delle jeep e allontanarsi in una nuvola di polvere. Un verso smorzato come uno squittio lo fece voltare. Un soldato si era avvicinato alle donne, guardava Lisa, i suoi occhi vuoti contro il muro. Lorenzo si agitò sulla sedia, sfregò i polsi. Che diavolo voleva fare quel cane? Sentiva il puzzo del suo sudore salirgli alle narici, il cuore battergli forsennato in gola. Vide la madre tirarsi la figlia al petto con uno strappo, lo sguardo fermo di una che non ha paura. Si sarebbe fatta ammazzare per le sue bambine, se solo avessero provato a toccarle.
4. ‹‹Maggiore von Brunner, voi due vi conoscete?›› Leccesi sembrava stupefatto. ‹‹Ho avuto il piacere di incontrare la signorina circa un anno fa, in casa di amici. Più che un incontro direi che si è trattato di uno scontro›› precisò lui. Emma trasalì. Ecco chi era! L’ufficiale a cui era finita addosso alla villa dei Colombo, durante i festeggiamenti per il matrimonio di Filippo. Dio, com’era stata sbadata, quella volta. Gli aveva perfino versato il vino sulla giacca, ma lui non si era scomposto e aveva liquidato l’incidente con una battuta. Sì, ma adesso? Calmati, si disse, dopotutto non sa il tuo nome, perciò non può risalire alla tua identità, piuttosto, forse può essere l’unico a trarti d’impaccio. Fece un bel respiro e gli tese la mano, sorridendo. Lui fissò le fossette che le si formarono ai lati della bocca. ‹‹Buonasera, maggiore. Lieta di rivedervi.›› Quel maledetto voi. Quanto le costava adoperarlo. Solo ai tedeschi era concesso farne a meno.
5. ‹‹Salite in macchina, signorina, vi scorterò per un pezzo di strada.›› Emma stava per obbedire quando dietro di lei si levò un tumulto. Ci fu uno sparo, seguito da un tonfo secco, come di un sacco che cade dall’alto. Urla infantili riempirono la strada. L’uomo era a terra, si stringeva un braccio al petto e aveva un labbro spaccato che colava sangue. Due guardie avevano preso i bambini, li trascinavano verso un furgone parcheggiato di fianco al marciapiede. I piccoli piangevano, scalciavano, e la madre sembrò impazzire. Si divincolò dalle braccia che la tenevano stretta e corse verso di loro. Li aveva quasi raggiunti quando uno dei soldati la freddò. La faccia le si squarciò, sangue e materia cerebrale schizzarono nell’aria come sputi, il suo corpo crollò a terra. Emma si schiacciò i palmi sulle orecchie, inorridita, mentre qualcuno chiudeva i portelli del furgone e dava gas, e qualcun altro urlava ordini furiosi. Le sembrava di spezzarsi in due, avrebbe voluto sprofondare in una crepa dell’asfalto, sparire sottoterra, tra le fogne. Poi l’odio e la rabbia ebbero il sopravvento. Si sollevò scossa da un tremito incontrollabile e si diresse verso la pozza di sangue. ‹‹Signorina! Venite, su, andiamo.›› Leccesi la trascinò alla macchina. ‹‹Non dovrebbero farlo in mezzo alla strada›› borbottò, spingendola sul sedile posteriore.
Liliana D’Angelo consegue la Maturità Classica nel luglio del 1984 presso il Liceo Classico “P. Giannone” di Caserta. Laurea in Lettere conseguita nel luglio del 1990 presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, oggi è docente di lettere nella Scuola Secondaria di secondo grado a tempo indeterminato.
Pubblicazioni:
- Il Profumo della Viole (2005)
- Il Segreto di Villa Camilla (2006)
- L’Albero dei Desideri (2007)
- Chiedi alla Luna (2008)
- Magica Europa (2009)
- La Schiava Cristiana (2010)
- Come un puzzle (2012)
- Le fiabe più belle (2012)
- Iris e l’inganno della principessa (2014)
- Siamo ragazzi (2016)
- Gioco di squadra (2017)
- Corri più veloce del vento (2018)
Tutti i romanzi sono editi da Medusa Editrice. Per Words Edizioni esordisce con La luce dell’alba.
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