Genere: Storico
Editore: Io me lo leggo
Anno ambientazione del romanzo: 1913-18
Data d'uscita: 14 Settembre 2020
Pagine: 103
Prezzo: e-book 1,99 cartaceo flessibile 9,00
Il mormorio del Piave è un romanzo storico ambientato durante la prima guerra mondiale. Nella prima parte, che copre un arco temporale che va dal 1913 all’estate del 1918, il narratore è Aldo, giovane rampollo di una delle famiglie più in vista di Milano: studia all’università, frequenta il nipote di Paolina Durini e proprio durante una festa incontra Agnese di cui ignora le umili origini. Non potendo coronare il suo sogno d’amore per la differenza di stato sociale decide di partire volontario per la guerra che scoppia poco tempo dopo. Aldo racconta sia la bella vita milanese che l’infermo del campo di battaglia in cui tanti giovani perdono la vita. Nella seconda parte sarà invece Agnese a raccontare l’ultima parte della vita di Aldo, che coincide con il suo ritorno in trincea poco prima della battaglia di Vittorio Veneto. Il suo punto di vista è quello di chi non gode di una vita privilegiata, ma che fa del duro lavoro e dei sacrifici una costante della propria
giornata. Il romanzo diventa così un racconto in due tempi che offre uno spaccato di quegli anni dal punto di vista di due persone che appartengono a due mondi completamente diversi, ma che si trovano ad affrontare il dramma della
guerra.
QUARTA DI COPERTINA
Aldo e Agnese, due giovani vissuti al tempo della grande guerra: ad accomunarli Palazzo Durini a Milano che lui frequenta perché amico del nipote della prestigiosa famiglia lei perché da sempre al servizio come cameriera. Attraverso la loro voce il lettore ripercorre gli anni che vanno dal 1913 quando il conflitto non è ancora immaginabile alla battaglia di Vittorio Veneto, in una narrazione che alterna il punto di vista privilegiato di lui a quello di lei che incarna la voce della gente comune.
INCIPIT DEL LIBRO
Ho iniziato il mio cammino su questa terra in un luminoso mattino di maggio del 1890, lo stesso giorno che venticinque anni dopo ha segnato uno spartiacque nella mia vita. Ho avuto la fortuna di crescere in un'giata famiglia milanese, educato nel lusso e coccolato come minore di quattro figli, due maschi e due femmine: Margherita, Vittoria e Carlo Alberto. Insieme a mio fratello, due anni più grande di me, ho frequentato le migliori scuole della città, ottenendo risultati eccellenti nonostante il mio carattere irrequieto e la mia propensione a ideare scherzi ai danni di compagni e professori. Il primo segno della mia buona sorte che ho veramente apprezzato è stata
l'amicizia con Paolo. CI siamo conosciuti all'università dove entrambi frequentavamo la facoltà di giurisprudenza e siamo diventati subito inseparabili. Questo mi ha permesso di entrare di diritto nel ristretto cerchio della nobiltà milanese. Era infatti il prediletto nipote di Paolina, moglie di Giacomo Durini, ultimo erede della celeberrima famiglia. Alto, biondo atletico ed eccellente negli studi Paolo era uno degli scapoli più ambiti e anche io, forse non altrettanto biondo o attraente, insieme a lui rappresentavo il desiderio segreto di più di una giovane donna. Ricordo con nostalgia quegli anni spensierati: l'impegno nello studio era compensato da tanto divertimento. C'è stato un periodo in cui ero più spesso
nella sontuosa biblioteca di Palazzo Durini, a pochi passi da San Babila, che a casa mia. Ricordo ancora l’emozione che avevo provato salendo lo scalone di marmo rosso e aggirandomi in quei locali carichi di arte e storia.
***
La solitudine, sì, sicuramente è questo il motivo. Pur essendo sempre circondato da persone credo di non essermi mai sentito così solo. Così oggi, in uno dei rari momenti di calma in trincea, mi sono seduto in disparte e ho deciso di iniziare a raccontare la mia storia. Cerco di isolarmi dal dolore che ho intorno, di non ascoltare nulla se non il mormorio del Piave che scorre poco lontano da qui: pochi rimarrebbero insensibili se questo placido fiume potesse raccontare quello di cui è stato testimone nell’ultimo periodo. Ma lui non può nè parlare nè scrivere, così lo farò io per lui. La sera, quando Dante è a letto, mi alzo e alla tenue luce di una candela ritorno a leggere le carte che ho infilato in un cassetto. Le parole scritte fanno risuonare la voce di Aldo così forte nella mia mente che mi sembra che la
possano sentire persino i vicini. Poi capisco che quei fogli sono la sua eredità: non mi ha lasciato solo il rimorso, ma anche la soluzione al mio dolore. Raccontare la sua storia sarà il modo per gridare al mondo il mio amore per lui e mostrare l’inutilità della guerra, sperando che possa servire come monito per le generazioni future.
In quella busta Aldo ha lasciato il seme del suo ideale di pace, tocca a me piantarlo e farlo fiorire.
Irene Milani nasce a Milano nel 1977. Laureata in Conservazione dei Beni Culturali presso l’università di Parma lavora come insegnante di italiano, storia e geografia nella scuola secondaria di primo grado. Nel 2014 pubblica il primo romanzo “Il ritratto” che inaugura una serie di quattro libri in cui le vicende di due adolescenti trentini si intrecciano con la storia recente dell’Italia e la contrapposizione tra fascisti e antifascisti durante la seconda guerra mondiale. Nel 2018 pubblica “La memoria di Elvira” romanzo storico che racconta la resistenza dopo l’otto settembre 1943. “Il mormorio del Piave” è il suo nono romanzo e affronta il tema della Grande Guerra da due punti di vista diversi.
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