Metà Ottocento.
Dopo la morte del padre, Lord Hardinge si trova sulle spalle il peso della tenuta, dei fratelli e di sua madre, impazzita per la dipartita del marito.
Seguendo il consiglio del medico, il visconte decide di inserire un annuncio e ricercare una balia notturna.
Quando effettua il colloquio con Emily Tulbot ha un momento di esitazione: lei è troppo minuta e giovane per occuparsi di un incarico simile. Tuttavia, qualcosa lo convince ad assumerla.
Aveva ventisette anni, diamine, non poteva restare scapolo in eterno. Tuttavia, il solo fatto di doversi accompagnare a una di quelle donne gli arrecava un sordo fastidio alla bocca dello stomaco. La realtà era che non avrebbe voluto fare la fine di sua madre. Perché di questo si era scioccamente convinto: l’amore lo avrebbe fatto impazzire, e la sua famiglia non poteva permettersi un ulteriore scandalo.
Per Lord Henry Hardinge la famiglia ha la priorità su tutto, l’onore e il rispetto che il loro nome ha sempre suscitato è ora messo a rischio dalle voci ricorrenti che risuonano nei salotti e durante i ricevimenti mondani.Il castello di famiglia, nel quale dopo la morte del padre Henry ha cresciuto i suoi fratelli minori nasconde un terribile segreto che, se rivelato, potrebbe potenzialmente essere causa di devastanti ripercussioni. Per questo il Lord necessita di una “balia” una domestica che prenda servizio a castello ma il cui compito non sarà quello tradizionalmente associato a quel ruolo, bensì prendersi cura della viscontessa madre che da tempo manifesta i sintomi di una follia sempre più devastante.
Lord Hardinge non si riteneva di certo un debole; lui era un uomo forte, era il capofamiglia, e su di lui gravavano grosse responsabilità. Tuttavia, il solo pensare alla malattia di sua madre lo faceva sentire vulnerabile. E lui detestava sentirsi così.
Emily Tulbot proviene da una famiglia modesta, da cui non può e non vuole farsi mantenere e infatti alla ricerca di un impiego si imbatte nell’offerta di lavorare presso Hardinge House alle dipendenze del visconte.
Nonostante il compito di badare alla viscontessa si riveli da subito molto arduo Emily non è avvezza ad arrendersi ad una sfida e mette nel lavoro tutto il suo impegno, anche risentendone pesantemente visto che la costante tensione dovuta alla situazione la sfianca fin quasi ad esaurirla. Senza contare che, la vicinanza con il visconte le provoca tutta una serie di turbamenti per i quali si sente in egual misura colpevole e piacevolmente stupita. Henry, infatti, si rivela un uomo umanamente molto diverso da quello che i pettegolezzi dipingono, ma Emily è anche consapevole che, vista la sua modesta estrazione tra loro non potrà mai nascere nulla. Il visconte, infatti, dovrà trovare moglie nella cerchia dei suoi pari e non riservare le sue intenzioni a un’umile domestica.
Quando si trovava insieme a lui non si sentiva più una balia né una cameriera alle dipendenze di qualcun altro. Si sentiva solo Emily. E questo la rendeva felice e la faceva sentire come mai prima d’ora.
Un romanzo storico che, per certi aspetti, mi ha ricordato Jane Eyre, sia nelle atmosfere che nella caratterizzazione di alcuni personaggio e situazioni. A tratti il ritmo della storia assume toni più pacati ma penso che questo sia in linea con il periodo storico scelto, così come lo sono i dialoghi dei due protagonisti anche se forse ho trovato inusuale questa immediata affinità tra loro e questa confidenza che pare da subito instaurarsi. Le classi sociali, anche in epoca vittoriana avevano precise regole di condotta e ho trovato alcuni comportamenti di Emily forse un po’ troppo moderni rispetto al tono che una domestica, seppure istruita, avrebbe dovuto tenere. Chiaramente capisco la necessità di “piegare”queste regole per consentire alla storia tra i due protagonisti di svilupparsi e comprendo l’intenzione dell’autrice di darci un ritratto di una giovane donna che, a dispetto dei tempi, è in grado di dimostrarsi determinata, indipendente e assolutamente padrona del proprio destino.






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