Ci sono legami che nemmeno una distanza forzata può spezzare.
Sono trascorsi tre anni dall’ultima volta che ho visto Ermes, da quando è partito per studiare in un prestigioso college.
Oggi è più grande, più alto e bello ma ci sono cose che non cambiano mai: la sua arroganza, i suoi silenzi e le sue parole taglienti che rendono la vicinanza insostenibile.
Proprio come quando eravamo piccoli, gioisce nell’essere il mio tormento peggiore e avere la porta di casa davanti alla sua mi rende impossibile evitarlo.
Eppure…
Credevo di aver scordato tutte le sensazioni che mi provocava e che i lividi che mi aveva lasciato sul cuore avessero smesso di pulsare.
Mi sbagliavo.
Per distruggere la realtà che ho costruito in sua assenza, gli basta puntarmi addosso una sola volta quei gelidi occhi di cui non sono mai riuscita a penetrare i misteri.
Sulle sue labbra, il soprannome con cui mi indispettiva da bambini, diventa un tramite per ricordi che ho tentato in tutti i modi di dimenticare.
La penetrante melodia che proviene dal suo violino squarcia la diga delle mie emozioni e, quando tento di scappare, ormai è troppo tardi: sono di nuovo vittima del magnetismo di Ermes.
Sfregando le corde con l’archetto lui suona la mia anima, mi rivela i segreti che il suo sguardo prova a tacere, mi parla con una melodia che arriva al cuore e alla quale non posso sfuggire.
Detesto come mi fa sentire, ma non riesco a tirarmi indietro: litigi e sfide sembrano unirci e ogni giorno diventa più difficile non cedere all’attrazione che mi spinge verso di lui.
Io sono un magnete, lui la calamita, l’enigma che, da sempre, è incastrato nel mio petto come un coccio troppo aguzzo.
Più ci avviciniamo e più l’illusione di riuscire a comprenderlo vince le mie resistenze, ma non posso ignorare la domanda che mi tiene sveglia la notte: riuscirò mai a sfiorarlo senza tagliarmi o, alla fine, infrangerà tutti i miei sogni?
Trovavo Ermes nell’azzurro del cielo, nei rari giorni in cui non è plumbeo, era nella malinconia del ruscello che scorreva sotto la pioggia battente, nelle gocce che picchiavano contro il vetro, nei libri che ho letto e in cui lo cercavo perché, dentro ogni libro, troviamo sempre riflessa una parte di noi, che ci restituisce ciò che abbiamo già dentro senza saperlo.
Ermes ha rappresentato la nemesi di Amethyst fin dal loro primo incontro, la gentilezza di lei trovava sempre la sua opposizione, la sua voglia di conoscerlo respinta da un muro di ostilità e disprezzo al punto che l'idea che lui si trasferisca nella sua stessa scuola la getta nel panico. Eppure nonostante tutto, lui le è sempre rimasto nel cuore, come un pezzo di vetro dagli spigoli taglienti che non è mai riuscita a maneggiare senza ferirsi.
Amethyst resta lì, impressa come una cicatrice che non posso far sparire, come un doloroso tarlo che mi fa a pezzi, come quelle fantasie che ti distruggono perché continui ad averle pur sapendo che non potrai mai viverle, che ti consumano insieme alle ombre. Lei che mi guarda con disappunto, che mi dà del demone, che non sa di essere il mio mostro peggiore.
La felicità può davvero avere un prezzo? Per ogni attimo perfetto che viviamo il destino ci presenterà il conto? Ermes sa che deve restare lontano da Amethyst, lontano dalle sensazioni che gli scatena dentro, lontano dai suoi sorrisi che portano l'arcobaleno dentro la sua oscurità, dentro il posto calmo in cui lui trova rifugio, in quella vita asettica che si è costruito.
Il mistero che nascondo rimarrà solo mio. Sotto la pelle, ogni istante, c’è qualcosa che turbina, spettri freddi come il vuoto, neri come l’inferno, mi divorano l’anima e ogni tanto tentano di uscire. Chi mi guarda non può vederlo e io non farò mai alcunché per mostrarlo. Il mio enigma appartiene solo a me e, ormai, so che rimarrà per sempre con me, insieme alla colpa che mi chiazza la coscienza come una notte nera senza stelle.
Chi è il compositore di sogni infranti? È Ermes che con la sua musica dice a chi è in grado di ascoltare, ma ascoltare davvero tutto quello che ha nel cuore, quello che non si permette di provare, quello che nega ostinatamente anche a se stesso. Ma il compositore di sogni infranti secondo me è un po’ anche Amethyst, perché con ostinazione e pazienza ricompone il rompicapo che è Ermes, trova per lui una chiave di lettura, impara ad amarlo nella sua debolezza, nelle sue paure, nelle sue mancanze anche.
Ermes non sarà mai un principe delle fiabe, ma a me va bene così. Non mi sono innamorata della sua armatura lucente, amo tutte le cicatrici nascoste sotto la cotta di maglia, amo le sue fragilità celate dal mantello sdrucito dalle tante battaglie, la sua perfetta imperfezione.
Il terzo personaggio principale di questo libro è la musica, che non sottolinea in sottofondo determinati momenti, ma rappresenta una entità vera e pulsante di cui si avverte fisicamente la presenza, liberando emozioni difficili da esprimere a sole parole: la musica è di fatto la voce di Ermes, quella che non riesce a reprimere, quella che non può dominare.
che lasciava nel cuore era come un livido che non sarebbe mai sparito, ma le sarebbe stato caro per sempre. Philip Pullman
La citazione è tratta dalla saga letteraria Queste Oscure Materie e riassume perfettamente il rapporto tra i due protagonisti del libro, perché ognuno di loro è nel cuore dell’altro in maniera assoluta, ma più di questo descrive un sentimento anche come un qualcosa che, pur potenzialmente potendo ferire chi lo prova, resta comunque indelebile.
Si percepisce la fiaba di un amore che però è anche tenacemente reale, che si scontra con problemi assolutamente terreni come la gelosia, il pregiudizio, l’insicurezza cose che spesso feriscono o annientano.
Amare è un cammino condiviso, è quando due diventa uno e non esiste altro cielo sotto al quale vorresti abitare anche se all’orizzonte si profilano le nubi di un uragano. L’amore non è fatto di belle parole e vuote promesse, è quel momento in cui sei un disastro, ma per quella persona sei il suo perfetto disastro.
È questione di atomi inscindibili, di respiri e battiti del cuore, di brividi, è che ti appartieni e lo sai, dentro il cuore, che non potresti appartenere a nessun altro.
Sono tante le tematiche importanti che vengono affrontate: in primo luogo i disturbi di ansia o di origine mentali, e chi ne soffre sa che il modo in cui vengono descritti non è affatto romanzato, o edulcorato per il pubblico. Sono patologie assolutamente invalidanti che possono essere affrontate e in alcuni casi risolte solo affidandosi a professionisti competenti.
Tramite il personaggio di Quinn l’autrice introduce anche il tema dell’omosessualità proponendoci per la stessa tematica due visioni totalmente differenti. La prima è quella di Quinn, che vive la sua sessualità in maniera serena, e non mi piace parlare di accettazione perché di fatto non c’è nulla da accettare, quanto di consapevolezza di sé. L’altra visione è quella di Shaw, che pur consapevole nasconde questa parte di se stesso per la paura di incorrere nel pregiudizio e nell’ignoranza e ciò lo porterà a vivere la vita nascosto e vittima di quella negazione che lo condurrà alla rovina.
Le emozioni hanno le spine, hanno aculei con i quali penetrano la pelle e le difese dell’anima e s’insinuano, s’incuneano in profondità. Ti pungono e ti s’incastrano dentro senza lasciarti alcuna possibilità di liberartene. Se provi a strapparti una di quelle spine dal cuore, la ferita sanguinerà così tanto da ucciderti. Allora le tieni dentro, tutte, le accetti e le domini perché è l’unica scelta che puoi compiere.
Ci sono talmente tante declinazioni dell’amore in questo libro che quasi si fatica a contarle, amore verso se stessi, verso il prossimo, verso la famiglia, verso il proprio lavoro. Come è giusto nessuna prevale sulle altre, ma tutte concorrono ad arricchire la storia dei protagonisti e a generare più di una riflessione in chi legge.
Ultimo, ma sicuramente non meno importante è l’amore che chi ha scritto ha messo nella sua opera, traspare dalla cura dei dettagli, dalle bellissime ambientazioni scelte in luoghi che restano nel cuore dei fortunati che li hanno visitati, oltre che dalla scelta delle citazioni inserite, perfettamente coerenti con quello di cui si andava a narrare.
Per me è sempre difficile scrivere di un libro che mi colpisce, perché quando le emozioni che mi suscita sono tante e tali quasi non trovo le parole per descriverle e ho sempre paura di non essere all’altezza nel trasmettere quello che l’autore voleva comunicare, nonostante questo spero di avervi trasferito almeno in parte quelle che sono state le mie impressioni e vi invito veramente a intraprendere questo viaggio.
Siamo il caos che produce una stella danzante. Luce e tenebra. Sole e pioggia. Una perfetta unione di schegge che dà vita a un milione di arcobaleni da colori così vividi che quasi accecano.
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