venerdì 24 marzo 2023

Recensione a "The Hunter" di Laura Pellegrini

 



Genere: Second chance/Hate to love
Serie: The Blackwood Castle #4
Editore: Self publishing
Data d'uscita: 22 Marzo 2023
Pagine: 309
Prezzo: eBook 2,99 - cartaceo rigido 18,00
cartaceo flessibile 14,00

 
 
 
 

 
Lord Hunter Lennox, terzo di nascita del Duca di Highfield, è esattamente ciò che si può definire la pecora nera della famiglia. Capelli lunghi fino alle spalle, occhi magnetici color dell’ambra, sguardo perennemente imbronciato. Bello, ricco e potente, preferisce le corse in moto o gli sport estremi piuttosto che le riviste patinate. Sfidare la morte è per lui un gioco, ma ciò che pochissimi sanno è che la sua è una scelta.
Hunter vuole scordare chi è, da dove proviene, ma più di tutto vuole infangare la sua anima per dimenticare l’unica persona che abbia mai amato in tutta la sua vita.

White Anderson è una splendida donna in carriera. L’architettura e l’arte sono per lei linfa vitale che ha usato come uno scudo per difendersi dal dolore, ma più di tutto, per proteggersi dalla mancanza dell’unico uomo che abbia mai amato e al quale ha dovuto dire addio.

Due cuori imperfetti, un segreto per troppo tempo taciuto, due strade che sembrano allontanarsi sempre più, fino a quando l’impossibile diventa realtà.

Dal retelling di Biancaneve, The Hunter è la storia di due anime speculari alla continua ricerca dell’altra metà, come due parti precise di una mela. È una storia di riscatto, di seconde possibilità e di rinascita.



 
 
 
 
 
 
 

L’amava come si fa con le cose irraggiungibili, con passione e lucida dedizione. Con follia e puro ardore.
L’amava come un pazzo senza più speranza.
 
Un tempo, Carl Gustav Jung scrisse che “Conoscere la propria oscurità è il metodo migliore per affrontare le tenebre degli altri” e io voglio iniziare proprio da qui a parlare di questo romanzo, cari Magnetici, da un messaggio che Hunt scrive a White. È una storia che si srotola magistralmente e si legge tutta d’un fiato, con un salto temporale di dieci anni da quando i protagonisti si sono conosciuti e White è diventata preda di un adolescente complesso, pieno di rancore per la morte della madre, terzo figlio scomodo della dinastia Lennox. Hunter adesso è ancora più feroce, dilaniato, vive la propria vita sul filo del rasoio, innamorato del brivido e della consapevolezza che ogni gesto che compie lo può portare alla morte. Corre in moto, arrampica senza protezioni, beve, fa uso di droghe e si annulla nel sesso, alla ricerca di un barlume di silenzio che lo strappi al rumore sordo del dolore che lo accompagna sempre. Ci riporta indietro, a quel giorno qualsiasi all’Università quando la vede per la prima volta, bellissima, candida come la neve, con capelli corvini e labbra rosse. È White, l’ingenuità fatta persona, a strappargli il cuore, ma mai, mai quelle parole, perché forse non riuscirebbero a racchiudere una speranza che lotta strenuamente per riaccendersi. Hunter non è il principe perfetto, non lo è a vent’anni e nemmeno a trenta. È in tutto e per tutto un cacciatore e ne è consapevole, entrambi lo sono.

Piccola, bianca. Lei era tutto, eppure non era nulla. Un petalo cremisi che si stacca dalla corolla per finire su un manto di neve ghiacciata.
 
Come in un’orchestra perfettamente affiatata, troviamo tutti i protagonisti dei primi tre libri della serie, ed è emozionante riviverli attraverso un’altra prospettiva, un’altra penna. C’è Wolf, distaccato, altero, consapevole delle proprie responsabilità e controparte del ribelle più giovane.

“Conte di Blackwood, può chiamarmi così” specificò lui con calma apparente, interrompendo la sua arringa.
 
E poi c’è Alistair, gemello di Wolf, osservatore attento agli eventi nonostante questi si svolgano in contemporanea col suo scoprirsi sempre più preso dalla collaboratrice Jasmine. È lui che dà l’avvio alla storia attuale e che, con un’offerta di lavoro, porta White a Blackwood Castle, architetto designato per un’importante opera di ristrutturazione. Ci sono Alice e Snow, le uniche donne, insieme a White e alla madre scomparsa, che Hunter porta nel cuore. Gli scambi tra lui e Alice sono gioielli preziosi: le loro interazioni appaiono come un calmo lago ghiacciato nella tempesta di oscurità e rabbia che pervadono il protagonista durante tutto il romanzo. È Alice che, uscendo dalla voliera in cui è prigioniera, riesce a trovare il bello oltre le mura della propria stanza, nella speranza di dare a colui che sente così vicino quello che forse sente non potrà mai avere. Uno dei massimi pregi del libro è rappresentato dalle dinamiche tra i fratelli Lennox, così come commovente è l’approccio ai loro conflitti all’apparenza insormontabili, già trapelati nei libri precedenti. All’interno di un perfetto corollario di comprimari, tra i quali non si possono non menzionare Grimilde e Alexander McLean Conte di Southerland, i due protagonisti danzano in modo dolorosamente preciso sulle note di London Calling dei Clash.
Hunter, tormentato come il tempo della Scozia, è oltre il classico cattivo ragazzo. Non siamo in un Bully Romance, a lui non importa di apparire per l’effimera fama; non gli importa del nome, dei soldi, della famiglia. Lui sente soltanto. Sente tutto e lo fa in modo atroce. Hunter è vuoto e pieno al tempo stesso e si appropria con rabbia delle pagine come se le scrivesse di proprio pugno. Sono sue, ne fa quello che vuole, come fa quello che vuole delle persone che lo circondano, inutili soprammobili in una stanza dimenticata con i mobili coperti da teli bianchi. Lo fa col lettore, tenendolo tra le dita e sfidandolo in un crescendo di emozioni. Lo ha fatto con me, con White, con le sue sorelle. Sfida chiunque gli si pari davanti, per abbandonarsi poi a momenti di delicatezza estrema che lasciano rapiti. Hunter è l’oscurità che divora se stessa. Ma poi, all’improvviso, compare lei, nel posto più impensato, in quel castello di famiglia che non ha mai sentito suo, e per uno strano scherzo del destino. Loro due sono sempre gli stessi, sempre appassionati e sempre sbagliati l’uno per l’altra eppure indissolubilmente legati in una maledizione che non li lascia respirare.

“Eravamo in un bosco al tramonto. Ci siamo amati sotto le fronde di un frassino. Sono ormai molte le notti che questo sogno mi tormenta e allo stesso tempo mi delizia, ma questo non cambia le cose. Tu sei il buio, io la luce. Tu il cacciatore, io Biancaneve. Quale potrebbe essere il nostro futuro se non il tormento o il dolore?”
“Non siamo il frutto di una maledizione, White”.
Ma troppo forte è la frattura e il dolore del tradimento è ancora vivo e bruciante. “Non c’è salvezza per chi come noi non può amarsi. Non c’è perdono abbastanza forte. Siamo predestinati, io e te. Siamo il prodotto dei nostri errori, figli dell’odio che ci siamo riversati addosso per tutti questi anni”.
 
Ed è con queste note dolcissime e rassegnate che la penna di Laura Pellegrini scivola decisa e graffia il foglio, perché il tormento sta nelle pagine incise, e la scrittura è una ferita da cui gocciola il sangue di un amore infinito, forse sbagliato, ma che non avrebbe potuto essere niente di diverso da quello che è.
Consiglio questo libro? Assolutamente sì, perché ti strappa un pezzo di cuore e lo rimette insieme.
Nonostante sia autoconclusivo, come tutti i libri della serie, per gustarne appieno le mille sfumature suggerisco di leggerlo dopo i primi tre. La Scozia, i suoi temporali, le voci nel vento e le corse a cavallo, vi rapiranno come hanno rapito me, trascinandovi in una girandola impazzita.

L’Inghilterra era stato un luogo caro dove amarsi, ma quel tempo era finito. La Scozia, con le sue terre aspre e le sue coste frastagliate, nel gelo di un inverno pungente, avrebbe ospitato quella follia che stavano perpetrando. 
 
Amerete i paesaggi, il freddo della neve e sentirete sulle labbra il sapore dello stufato di coniglio e dei biscotti al burro, abbagliati dal sentimento struggente che lega i due protagonisti.
E quindi massimo punteggio per questo romanzo che rimane per me, ad oggi, uno dei migliori che io abbia mai letto dell’autrice.



 
 
 
 
 
 
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