Genere: Narrativa
Editore: Bompiani
Data d'uscita: 27 Aprile 2022
Pagine: 512
Prezzo: eBook 14,99 - cartaceo 22,80
Un’esplosione squarcia la quiete della campagna corleonese. Il giovanissimo Totò Riina assiste allo sterminio dei suoi familiari intenti a disinnescare una bomba degli Alleati per ricavarne esplosivo. È un boato che distrugge e che genera. La piaga che molti, con timidi bisbigli, chiamano mafia, ma che d’ora in poi si rivelerà a tutti come Cosa nostra, s’incarna da qui in avanti nella sua forma più diabolica. Ma con potenza uguale e contraria, per fronteggiare l’onda di quella deflagrazione scaturisce anche il suo antidoto più puro. È il coraggio, quello che sorregge l’ingegno e l’intraprendenza, che sopperisce ai mezzi spesso insufficienti: il coraggio che scorre in Giovanni Falcone, negli uomini e nelle donne che insieme a lui sono pronti a lanciarsi in una battaglia furiosa dove la vita vale il prezzo di una pallottola. La storia di un magistrato che insieme a pochi altri intuisce la complessità di un’organizzazione criminale pervasiva, ne segue le piste finanziarie, ne penetra la psicologia e ne scardina la proverbiale omertà, è narrata in queste pagine con l’essenzialità di un dramma antico: sul proscenio, un uomo determinato a ottenere giustizia, assediato dai presagi più cupi, circondato dal coro dei colleghi che prima di lui sono caduti sotto il fuoco mafioso; stretto, nelle notti più buie, dall’abbraccio di una donna che ha scelto di seguirlo fino a dove il fato si compirà. Roberto Saviano ha voluto onorare la memoria del giudice palermitano strappandolo alla fissità dell’icona e ripercorrendone i passi, senza limitarsi a una ricostruzione fondata su uno studio attentissimo delle fonti, degli atti dei processi, delle testimonianze, ma spingendo la narrazione fino a quello “spazio intimo dove le scelte cruciali maturano prima di accadere”. Questo romanzo ci racconta una pagina fatidica della nostra storia, illumina la vita di un uomo che, nel pieno della carriera, fu in realtà al culmine del suo isolamento. E leva il canto altissimo della sua solitudine e del suo coraggio.
«L’aria è ferma, si respira poco o niente, ma il magistrato non sembra non curarsene.
Le carte appaiono alla rinfusa, ma in realtà c’è un metodo ben preciso. Presi singolarmente quei fascicoli dicono ben poco. Nulla che vada al di fuori del loro contenuto. In realtà sono i tasselli di un puzzle che ritrae l’immagine della gorgone Medusa. Chi la fissa negli occhi diventa una statua di pietra. Poi si spacca, si sbriciola al suolo, e le sue briciole non sono buone neanche più a sfamare i piccioni.»
Le carte appaiono alla rinfusa, ma in realtà c’è un metodo ben preciso. Presi singolarmente quei fascicoli dicono ben poco. Nulla che vada al di fuori del loro contenuto. In realtà sono i tasselli di un puzzle che ritrae l’immagine della gorgone Medusa. Chi la fissa negli occhi diventa una statua di pietra. Poi si spacca, si sbriciola al suolo, e le sue briciole non sono buone neanche più a sfamare i piccioni.»
Questa non vuole essere una recensione, no.
Quando ho chiesto ai “vertici” del blog se potevo scrivere di questo libro, acquistato in cartaceo in uno dei miei giri in libreria, la risposta, entusiasticamente positiva, mi ha spinto ancora di
più verso una lettura diversa, lontana da influenze personali.
Quando ho chiesto ai “vertici” del blog se potevo scrivere di questo libro, acquistato in cartaceo in uno dei miei giri in libreria, la risposta, entusiasticamente positiva, mi ha spinto ancora di
più verso una lettura diversa, lontana da influenze personali.
Di Roberto Saviano, infatti, si è ormai scritto e detto tutto: la sua innegabile bravura di scrittore nello stile e nella forma con cui ci racconta il male d’Italia, lo rende una delle penne in assoluto più brave del panorama letterario italiano.
Ma in questo caso, a ridosso del trentennale della strage di Capaci, era facile cadere in due errori fondamentali: da una parte, produrre un riassunto di quanto accaduto, con toni di accusa o rimpianto verso il non detto, il non fatto; dall’altra, offrire una storia troppo romanzata, creando l’immagine eccessivamente rosea di un Giovanni Falcone lontano da quell’uomo con il sorriso ironico e all’apparenza burbero, impresso nei nostri ricordi.
Dopo più di cinquecento pagine, si capisce, però, che Saviano ha raggiunto il suo scopo: quello di aiutare il lettore a capire una vita, una storia, un lavoro, che non ha toccato solo Giovanni Falcone, ma anche tutti coloro che hanno condiviso con lui una piccolissima parte di ciò.
Con grande sensibilità, ci viene raccontata la vita privata del giudice, a partire dal quel primo matrimonio, naufragato per aspirazioni diverse, al vero e profondo amore con Francesca Morvillo: due adulti, in attesa di divorzio, due giudici seri e impegnati nei rispettivi uffici di competenze e proprio per questo criticati, oggetto di pettegolezzi perché additati come amanti clandestini; alla sorella Maria, insegnante di diritto, dall’aspetto severo, che però non scoraggia un velato avvertimento per Giovanni nell’affollato e variopinto mercato di Ballarò, tra il banco del macellaio e quello dei calzini.
Non è solo ricordare, come dice Saviano, ma il voler raccontare, attraverso gli spaccati di vita quotidiana, quello che era l’esistenza di chi in quegli anni sceglieva lo Stato, non solo con la consapevolezza di una scelta difficile, ma soprattutto con la paura di non arrivare fino alla fine perché si moriva.
Ma in questo caso, a ridosso del trentennale della strage di Capaci, era facile cadere in due errori fondamentali: da una parte, produrre un riassunto di quanto accaduto, con toni di accusa o rimpianto verso il non detto, il non fatto; dall’altra, offrire una storia troppo romanzata, creando l’immagine eccessivamente rosea di un Giovanni Falcone lontano da quell’uomo con il sorriso ironico e all’apparenza burbero, impresso nei nostri ricordi.
Dopo più di cinquecento pagine, si capisce, però, che Saviano ha raggiunto il suo scopo: quello di aiutare il lettore a capire una vita, una storia, un lavoro, che non ha toccato solo Giovanni Falcone, ma anche tutti coloro che hanno condiviso con lui una piccolissima parte di ciò.
Con grande sensibilità, ci viene raccontata la vita privata del giudice, a partire dal quel primo matrimonio, naufragato per aspirazioni diverse, al vero e profondo amore con Francesca Morvillo: due adulti, in attesa di divorzio, due giudici seri e impegnati nei rispettivi uffici di competenze e proprio per questo criticati, oggetto di pettegolezzi perché additati come amanti clandestini; alla sorella Maria, insegnante di diritto, dall’aspetto severo, che però non scoraggia un velato avvertimento per Giovanni nell’affollato e variopinto mercato di Ballarò, tra il banco del macellaio e quello dei calzini.
Non è solo ricordare, come dice Saviano, ma il voler raccontare, attraverso gli spaccati di vita quotidiana, quello che era l’esistenza di chi in quegli anni sceglieva lo Stato, non solo con la consapevolezza di una scelta difficile, ma soprattutto con la paura di non arrivare fino alla fine perché si moriva.
«È sfuggente la paura. La sua natura è vigliacca. Sa camuffarsi in mille modi: da gioia, da spavalderia, da eccentricità, da strafottenza. E così camuffata, nessuno la vede.»
Quella tecnica investigativa creata da Falcone di seguire i soldi, si rivelerà la stella polare che porterà non solo a Don Masino, ma al maxi processo del 1986, primo vero punto di svolta nella
lotta alla mafia in Italia. In modo molto fluido, in uno spazio temporale progressivo, che passa dal questore Giuliano al
generale Dalla Chiesa, senza mai diventare una mera cronaca dei fatti, quando il mestiere della mafia non era fare il mafioso, ma uccidere poliziotti e magistrati, arriviamo alla fine del libro, e ci dispiace non per il finale, che conosciamo bene, ma perché dobbiamo lasciar andare dei personaggi veri, della nostra storia, e che, sempre più spesso, per il passare del tempo, non ricevono tutta l’attenzione del ricordo che meriterebbero.
Una lettura vibrante, piena, assoluta, che il corposo volume cartaceo, nelle pagine e nel prezzo, restituisce in termini di emozioni al lettore.
Quella tecnica investigativa creata da Falcone di seguire i soldi, si rivelerà la stella polare che porterà non solo a Don Masino, ma al maxi processo del 1986, primo vero punto di svolta nella
lotta alla mafia in Italia. In modo molto fluido, in uno spazio temporale progressivo, che passa dal questore Giuliano al
generale Dalla Chiesa, senza mai diventare una mera cronaca dei fatti, quando il mestiere della mafia non era fare il mafioso, ma uccidere poliziotti e magistrati, arriviamo alla fine del libro, e ci dispiace non per il finale, che conosciamo bene, ma perché dobbiamo lasciar andare dei personaggi veri, della nostra storia, e che, sempre più spesso, per il passare del tempo, non ricevono tutta l’attenzione del ricordo che meriterebbero.
Una lettura vibrante, piena, assoluta, che il corposo volume cartaceo, nelle pagine e nel prezzo, restituisce in termini di emozioni al lettore.
Libro acquistato.
Nessun commento:
Posta un commento