Quando raggiunse il ruscello, il suo sguardo fu subito attirato su una donna che sbatteva forsennatamente le braccia, riuscendo a malapena a tenere la testa fuori dall’acqua. Si trattava forse di un qualche tipo di scherzo? Anche Orso era dentro il ruscello e nuotava verso la sponda trasportando sopra la testa quello che sembrava un cagnolino bianco. Da com’era inzuppato l’animale, con la pelliccia bianca appiccicata al minuscolo corpicino, avrebbe potuto benissimo trattarsi di un ratto. «Aiuto!» Il grido disperato riportò la sua attenzione sulla donna in acqua. Okay, quindi non era uno scherzo. Caleb brontolò mentre entrava nel ruscello: inzupparsi non era sulla sua lista di cose da fare quel giorno. Con due passi fu abbastanza vicino per afferrare la sconosciuta per le braccia e sollevarla. Solo che lei non capì il suo suggerimento di alzarsi in piedi e, invece, gli lanciò le braccia attorno al corpo, facendogli quasi perdere l’equilibrio. Lui grugnì e la prese in braccio per evitare di finire a gambe all’aria. Solo allora si rese conto che lei tremava come una foglia, e non poteva essere per via del freddo, dato che quel giorno dovevano esserci almeno trenta gradi. No, la donna era davvero terrorizzata. Lui si voltò per uscire dall’acqua, ma lei gli si aggrappò con tanta forza che quasi lo strangolò. «No, aspetti! La mia cagnolina. Si è tuffata in acqua, devo salvarla!» Caleb alzò gli occhi al cielo. «Si calmi. Il suo cane sta bene.» La donna gli si divincolò tra le braccia e lui fu tentato di lasciarla cadere, prima che li facesse andare entrambi a fondo. «Non capisce! Stava annegando, e io mi sono dovuta tuffare e…» D’improvviso si bloccò, con la bocca spalancata. «Caleb Morgan?» Lui aggrottò la fronte e la guardò bene per la prima volta. I lunghi capelli scuri erano appiccicati alla testa e le coprivano in parte una guancia ma, incrociando il suo sguardo, venne come colpito da un fulmine quando la riconobbe. Avrebbe riconosciuto quegli occhi azzurri ovunque. «Kyla Callaghan.» Il nome gli uscì dalle labbra in un sussurro, come se avesse paura che pronunciarlo ad alta voce l’avrebbe risvegliato dal sogno. La ragazza per la quale aveva avuto una cotta per quasi tutta la durata del liceo si trovava tra le sue braccia. Se avesse creduto alla stupida leggenda del fantasma combina-matrimoni che infestava la città, avrebbe probabilmente pensato che Destiny O’Hara avesse qualcosa a che fare con quell’incontro fortuito.
«Tuffy!» Kyla
uscì sulla sponda del ruscello e prese in braccio la sua piccola. Si era
completamente dimenticata della sua cagnolina, mentre i ricordi degli anni del
liceo le affollavano la mente. Era buffo che la prima persona che aveva
incontrato appena ritornata a casa fosse il ragazzo per cui aveva avuto una
cotta per tutto il penultimo e ultimo anno di liceo – quello che praticamente
non aveva mai permesso a nessun altro uomo di reggere il confronto. Nessuno
l’aveva mai fatta sentire – e, a quanto pareva, continuava a farla sentire –
così scombussolata come Caleb Morgan a quei tempi. Ed era ancora più buffo che
fosse stato lui a soccorrerla, come se non fosse stato abbastanza imbarazzante
che l’avesse tirata fuori dall’acqua già una volta. Perlomeno allora si era
trovata nelle acque profonde del Golfo, non in un ruscello di novanta
centimetri. Doveva trovarla patetica. A
quel punto, l’enorme bestia che aveva causato tutto il trambusto le si avvicinò
e lei fece un passo indietro, sventolando la mano di fronte a sé mentre teneva
Batuffolina stretta al petto. «Cane
cattivo. Sciò, vai via. Sciò.» Se
Caleb non fosse stato lì, probabilmente si sarebbe girata sui tacchi e sarebbe
tornata di corsa alla macchina più veloce che poteva. Ma voleva mantenere
almeno un pizzico di dignità, così che lui non la ritenesse una totale
imbranata. Il cane si avvicinò di un altro passo. Se avesse indietreggiato ancora,
sarebbe ricaduta in acqua.
Grace Roberts è una scrittrice italiana con una smodata passione per l’Irlanda, la narrativa rosa, i film Disney e le commedie romantiche – non necessariamente in quest’ordine. I suoi romanzi sono solitamente ambientati in Irlanda o in piccole cittadine immaginarie degli Stati Uniti abitate da irlandesi. È anche una lettrice accanita che ritiene che sognare a occhi aperti dovrebbe essere un lavoro retribuito e che il mondo sarebbe un posto migliore se fossero i “topi da biblioteca” a governarlo. Fin da bambina ha sempre trascorso le giornate con un libro in mano, in compagnia degli amici immaginari che trovava tra le pagine, mentre sognava di diventare una scrittrice. I libri di Rosamunde Pilcher sono stati un punto di svolta nella sua vita, ed è stato allora che ha deciso di iniziare a scrivere per puro divertimento le storie che le giravano in testa. Dopo un paio di racconti però, non è più riuscita a smettere e ha voluto trasformare quel suo hobby in qualcosa di più serio.
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