Editore: Self publishing
Genere: Storico/Fantasy
Pagine: 228
Data d'uscita: 3 aprile 2017
Prezzi: ebook 2,99 euro, cartaceo 12,29
Pagine: 228
Data d'uscita: 3 aprile 2017
Prezzi: ebook 2,99 euro, cartaceo 12,29
L’idea della storia raccontata scaturisce dalla suggestione che ha avvinto molti di noi quando abbiamo ipotizzato di disporre di una macchina del tempo: quale epoca storica avremmo voluto visitare? Forse quella in cui era vissuto Gesù di Nazareth? Quali sensazioni avremmo provato parlando viso a viso con Gesù? Quali emozioni avrebbero alimentato in noi i suoi occhi ammalianti? E come avremmo agito se ci fossimo trovati a Gerusalemme durante la sua Passione? Ci saremmo opposti alla crocifissione? Queste sono alcune delle domande che hanno stimolato la fantasia dell’autore. I protagonisti della narrazione, Polibio e Fedro, per un tiro della sorte compiono un viaggio temporale e si ritrovano a conoscere personaggi storici dal grande carisma, da Tiberio Cesare a Ponzio Pilato, da Simon Pietro alla Madonna, e arrivano quasi al punto di cambiare il corso naturale della storia. Nel romanzo è tracciato un brillante affresco di un’epoca che mantiene ancora intatto il suo fascino, ed è raccontato fin dove possa arrivare la ferocia di un uomo che ambisca a conquistare il mondo. Il governatore Marcello non esita a far torturare e crocifiggere una moltitudine di innocenti pur di soddisfare le sue brame. Misteri e colpi di scena si avvicendano pagina dopo pagina in un’incalzante successione. Polibio e Fedro sono arbitri del destino dell’umanità e ben presto ciò che accade fa vacillare ogni naturale certezza.
La loro attenzione fu catturata da una massiccia struttura in metallo che si poteva scorgere tra una massa di fogliame secco e legno rattrappito.
Di fronte a questa scoperta rimasero di stucco.
Essa esulava da tutto ciò che aveva sempre fatto parte del loro mondo. Dall’interno del misterioso congegno filtrava, attraverso una sorta di stretto sportello semiaperto, un fascio di luce sconosciuto. I due mercanti non ne avevano mai visto uno simile in tutta la loro esistenza, neanche nei più reconditi sogni. All’istante dimenticarono persino dove si trovassero. E con le mani che tremavano per l’emozione, s’impegnarono a liberare l’ingresso dal fogliame e dai rami. Esplose dentro di loro il violento impulso di scoprire in cosa si fossero imbattuti.
Quindi con ogni precauzione spalancarono lo sportello.
Entrati intrepidamente dentro l’oscuro dispositivo, ebbero la sensazione che in quell’angolo di terra il tempo si fosse come fermato. Non riuscivano a venir fuori dallo stupore che li annebbiava. Che quanto avevano ritrovato abbandonato nel mezzo della campagna fosse una diavoleria prodotta dagli spiriti del male? Si diceva che, quando dominavano le tenebre, simili entità fossero solite flagellare quelle sciagurate terre. E cosa significavano poi quei numeri che essi leggevano sopra un pannello animato da una arcana luce? Che sancissero la fine della loro esistenza?
Fedro, come suo solito, non rimase a lungo inerte. E cominciò ad azionare senza criterio le strane manovelle che campeggiavano su una parete. Così egli cercava di attenuare l’inquietudine che scaturiva dall’assoluta incapacità di trovare una risposta a innumerevoli domande. Polibio da parte sua percepì il pericolo che una simile iniziativa rappresentava. E senza giri di parole lo redarguì:
- Fermati! Vuoi forse attirare il castigo degli dèi con la tua noncuranza?
- Voglio solo capire cosa la sorte ci ha fatto trovare in questo sentiero sperduto…
Polibio sapeva che quello era l’irresistibile desiderio di entrambi. Ma occorreva essere prudenti. Mentre Fedro persisteva ostinatamente a sfidare la sorte, insinuando le mani laddove non avrebbe dovuto, il compagno fu folgorato da quanto rinvenne alle sue spalle.
Si trovò davanti centinaia di indefinibili oggetti che non aveva mai visto prima, neanche nelle più fantasiose immaginazioni. Si trattava di una serie di ordinate pile di arnesi che a uno sguardo attento, per via delle scritte che recavano impresse, potevano essere identificati come dei manoscritti. Per un momento egli vacillò davanti a quella sequenza infinita di scritte in latino che peraltro riusciva a decifrare, essendo originario di Roma; aveva ancora nitidi i ricordi della sua giovinezza trascorsa proprio fra i sette colli della città eterna, prima di dedicarsi al commercio in giro per il mondo.
Per lunghi secondi ignorò perfino chi egli fosse.
Non riusciva a leggere nella realtà che gli era franata addosso. Poco dopo invitò il socio a voltarsi per renderlo partecipe della straordinaria scoperta, avvenuta all’interno di qualcosa che era, se possibile, ancor più misterioso.
- Cosa… - le parole si spezzarono sulle labbra di Fedro. I suoi occhi rimasero spalancati. E il respiro gli divenne incerto.
Avvinti dalla superstizione che li animava, cominciarono a pensare di essere vittime di un diabolico sortilegio. Proprio quando si apprestavano a fuggire da ciò che essi per istinto riconobbero essere la porta d’accesso all’Ade, l’ingresso della macchina infernale si chiuse automaticamente. Quindi qualcosa si azionò facendo sperimentare ai due uomini il peggiore dei loro incubi.
Si produssero oscillamenti e potenti vibrazioni. Risuonarono sordi boati e vibranti echi. Si alternarono rapidamente un calore intenso e un freddo pungente. Finché infine tutto cessò, lasciando nondimeno senza fiato gli sventurati.
Essi si guardarono in faccia convinti che il congegno li avesse proiettati nell’oscurità infernale, alle cui porte avrebbero incontrato il mostruoso cane Cerbero e Minosse, Eaco e Radamanto avrebbero giudicato la loro condotta terrena.
Di fronte a questa scoperta rimasero di stucco.
Essa esulava da tutto ciò che aveva sempre fatto parte del loro mondo. Dall’interno del misterioso congegno filtrava, attraverso una sorta di stretto sportello semiaperto, un fascio di luce sconosciuto. I due mercanti non ne avevano mai visto uno simile in tutta la loro esistenza, neanche nei più reconditi sogni. All’istante dimenticarono persino dove si trovassero. E con le mani che tremavano per l’emozione, s’impegnarono a liberare l’ingresso dal fogliame e dai rami. Esplose dentro di loro il violento impulso di scoprire in cosa si fossero imbattuti.
Quindi con ogni precauzione spalancarono lo sportello.
Entrati intrepidamente dentro l’oscuro dispositivo, ebbero la sensazione che in quell’angolo di terra il tempo si fosse come fermato. Non riuscivano a venir fuori dallo stupore che li annebbiava. Che quanto avevano ritrovato abbandonato nel mezzo della campagna fosse una diavoleria prodotta dagli spiriti del male? Si diceva che, quando dominavano le tenebre, simili entità fossero solite flagellare quelle sciagurate terre. E cosa significavano poi quei numeri che essi leggevano sopra un pannello animato da una arcana luce? Che sancissero la fine della loro esistenza?
Fedro, come suo solito, non rimase a lungo inerte. E cominciò ad azionare senza criterio le strane manovelle che campeggiavano su una parete. Così egli cercava di attenuare l’inquietudine che scaturiva dall’assoluta incapacità di trovare una risposta a innumerevoli domande. Polibio da parte sua percepì il pericolo che una simile iniziativa rappresentava. E senza giri di parole lo redarguì:
- Fermati! Vuoi forse attirare il castigo degli dèi con la tua noncuranza?
- Voglio solo capire cosa la sorte ci ha fatto trovare in questo sentiero sperduto…
Polibio sapeva che quello era l’irresistibile desiderio di entrambi. Ma occorreva essere prudenti. Mentre Fedro persisteva ostinatamente a sfidare la sorte, insinuando le mani laddove non avrebbe dovuto, il compagno fu folgorato da quanto rinvenne alle sue spalle.
Si trovò davanti centinaia di indefinibili oggetti che non aveva mai visto prima, neanche nelle più fantasiose immaginazioni. Si trattava di una serie di ordinate pile di arnesi che a uno sguardo attento, per via delle scritte che recavano impresse, potevano essere identificati come dei manoscritti. Per un momento egli vacillò davanti a quella sequenza infinita di scritte in latino che peraltro riusciva a decifrare, essendo originario di Roma; aveva ancora nitidi i ricordi della sua giovinezza trascorsa proprio fra i sette colli della città eterna, prima di dedicarsi al commercio in giro per il mondo.
Per lunghi secondi ignorò perfino chi egli fosse.
Non riusciva a leggere nella realtà che gli era franata addosso. Poco dopo invitò il socio a voltarsi per renderlo partecipe della straordinaria scoperta, avvenuta all’interno di qualcosa che era, se possibile, ancor più misterioso.
- Cosa… - le parole si spezzarono sulle labbra di Fedro. I suoi occhi rimasero spalancati. E il respiro gli divenne incerto.
Avvinti dalla superstizione che li animava, cominciarono a pensare di essere vittime di un diabolico sortilegio. Proprio quando si apprestavano a fuggire da ciò che essi per istinto riconobbero essere la porta d’accesso all’Ade, l’ingresso della macchina infernale si chiuse automaticamente. Quindi qualcosa si azionò facendo sperimentare ai due uomini il peggiore dei loro incubi.
Si produssero oscillamenti e potenti vibrazioni. Risuonarono sordi boati e vibranti echi. Si alternarono rapidamente un calore intenso e un freddo pungente. Finché infine tutto cessò, lasciando nondimeno senza fiato gli sventurati.
Essi si guardarono in faccia convinti che il congegno li avesse proiettati nell’oscurità infernale, alle cui porte avrebbero incontrato il mostruoso cane Cerbero e Minosse, Eaco e Radamanto avrebbero giudicato la loro condotta terrena.
Mi chiamo Davide Fresi. Sono nato a Sassari nel 1977. Nel 1996 ho conseguito il diploma presso il Liceo Classico Domenico Alberto Azuni di Sassari. Nel 2004 ho conseguito la laurea in Lettere Classiche con indirizzo archeologico presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Sassari. Nel 2014 ho pubblicato con l’editore Youcanprint il romanzo Alessandro Magno e i prescelti venuti dal futuro. Da aprile del 2017 è in vendita il mio nuovo romanzo L’anatema dei sette peccati.
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