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lunedì 7 ottobre 2024

Recensione a "Una conquista fuori menù" di Felicia Kingsley

 



Genere: Romanzo rosa
Editore: Newton Compton Editori
Data d'uscita: 3 Settembre 2024 
Pagine: 581
Prezzo: eBook 5,99 - cartaceo rigida 9,40

 
 
 
 


Tra gli agenti speciali dell’FBI, Dwight Faraday è il migliore: anticonformista, dal fascino ribelle, detiene il record imbattuto di indagini risolte sotto copertura. È anche un cuoco provetto, dunque è l’ideale per infiltrarsi nella brigata del ristorante italiano che appartiene alla famiglia Villa, sospettata di avere legami con la malavita di New York.
Dwight, però, non ha fatto i conti con Julia Villa, la figlia del proprietario: ragazza tosta e determinata a guidare gli “affari” di famiglia, lo detesta sin dal loro primo, tempestoso incontro ed è intenzionata a fargli capire chi comanda. Con la missione a rischio, Dwight è costretto a cambiare piano: conquistare Julia per raccogliere le informazioni di cui ha bisogno. Tra schermaglie affilate, sfide a colpi di fuori menù e provocazioni al peperoncino, Dwight è pronto a scovare la ricetta giusta per arrivare al cuore di Julia, che sembra ostinatamente immune al suo fascino. Ma se alla fine fosse proprio l’inafferrabile agente Faraday a farsi prendere per la gola? In cucina non ha mai fatto così caldo…
 
 
 
 
 
 
 


Ieri non sapevo chi sarei stato oggi, oggi non so chi sarò domani. Quest’affermazione, che potrebbe suggerire un disturbo di personalità multipla, descrive il mio lavoro: c’è chi pagherebbe per cambiare identità ogni giorno; io, invece, sono pagato per farlo.

In una New York ricca di profumi e inaspettate sorprese, due voci si alternano nell’ultimo attesissimo romanzo della regina Felicia, e sono due voci, lasciatemelo dire, di tutto rispetto. Da una parte abbiamo Dwight Faraday, agente speciale e matricola 0124, trentenne infiltrato sotto copertura per l’FBI, di bell’aspetto, senza fissa dimora e con un piercing che ci fa sognare per almeno metà libro. Dall’altra c’è Julia, figlia di Gualtiero Villa, di origini italiane come suggerisce il cognome e rampolla incompresa di una famiglia forse troppo vicina a personaggi discutibili del crimine organizzato. Quando ho letto la trama non ho avuto dubbi, perché come puoi averne davanti a una qualsiasi opera di quest’autrice? Di lei ho letto quasi tutto, ma mai scritto, eppure ritengo giusto iniziare con una lapidaria considerazione. Ogni volta in cui ho bisogno di staccare dopo una lettura per vari motivi troppo pesante, quando il cervello va in stand-by e hai bisogno di una boccata d’aria fresca, salutare, che ti faccia venir voglia di tornare a leggere, prendo in mano un suo libro. Non sono la sola cui succede e il motivo è presto detto. Felicia Kingsley ha il dono supremo di scrivere bene e di donarci personaggi che, seppur talvolta sopra le righe, possiamo comunque sentire vicini; le situazioni e le dinamiche che si sviluppano hanno tempi accordati, con un ritmo che ti prende e non ti abbandona, avvolgendoti come una calda coperta in un pomeriggio piovoso d’autunno. Ogni elemento è perfettamente incastrato al proprio posto, dalla caratterizzazione dei personaggi
principali all’eccelso uso dei comprimari, senza dimenticare l’ambientazione. Che sia la campagna toscana o Brooklyn, siamo trasportati tra quegli odori e quei colori, mentre immagini vivide si stampano nella nostra testa donandoci fotografie mai sgranate, ma indelebili, con pennellate di ironia e sapiente sarcasmo laddove è necessario, senza mai scendere nello sdolcinato fuori contesto. Nessuna novità, quindi, quando asserisco a ragion veduta che ogni suo romanzo è una finestra precisa su uno spiraglio di mondo che vogliamo vedere e che divoriamo in poche ore. Questo libro, in particolare, ha meriti specifici, ma andiamo con ordine. La trama è, di per sé, abbastanza vicina a quella che potrebbe essere per definizione una “commedia degli equivoci”; Dwight è un agente sotto copertura incaricato di infiltrarsi nella brigata di cucina del Villa’s, ristorante di prossima apertura che il patriarca Gualtiero ha voluto per tenere il figlio Angelo fuori da quei guai da cui non riesce a stare lontano. Le soffiate su possibili traffici con il boss Terry Maniscalco giustificano l’intromissione dei federali, ma c’è un piccolo problema. Il primo incontro, del tutto fortuito, tra Dwight e la principessa Villa è tutt’altro che cortese, dunque i due si ritrovano, senza troppi preamboli, predestinati nemici all’interno della stessa cucina. In tutto questo alcuni elementi contribuiscono a creare uno stato di tensione costante; Dwight è davvero capace di cucinare, mentre Julia non aspetta altro che dimostrare alla sua iperprotettiva famiglia di potersela cavare da sola. Gli scontri tra Giulietta, questo il suo vero nome prima del cambio all’anagrafe, e Romeo Corelli, identità acquisita per la
copertura da Dwight, fin da subito sono bollenti e non nel senso romantico del termine. Sono due teste calde, entrambi certi di saper fare meglio dell’altro, arroccati su posizioni ben definite e per motivi diversi. Julia è il nemico, o almeno lo è la sua famiglia su cui indagare, mentre Dwight, o meglio Romeo, deve fare i conti col fatto che pare trovare la sua dimensione in quella cucina, a dispetto del vero lavoro che è chiamato a svolgere. Non voglio e non posso addentrarmi nelle loro dinamiche, perché vi toglierei il gusto di scoprire cosa accade, ma una nota di merito va immancabilmente al contorno di personaggi che fanno parte della brigata.

Purtroppo il mio subentro alla direzione dello staff arriva tardi perché papà ha già assunto tutti i ruoli di cucina e sala quindi non posso dire nulla. Come previsto, sono tutti figli di “amici a cui non poteva dire di no”, senza particolare esperienza nella ristorazione. Vinnie e Sonny Vercetti sono i più acerbi, infatti saranno in sala: il primo clonava carte di credito e documenti e il secondo li rivendeva; Mickey Mannino, Denny D’Amico e Rob Pisano, in ordine di capacità, staranno in cucina. Denny rubava auto, Mickey faceva il palo e Rob raccoglieva puntate per un allibratore, ma ha lavorato in un supermercato ed è in grado di distinguere una melanzana da una zucchina. Almeno credo.

Se Julia ha consapevolezza delle proprie capacità, e dunque è direttamente chiamata a competere con Romeo, è limitata nella sua trasformazione da crisalide in farfalla da una duplice causa. Innanzitutto è femmina, orrore degli orrori, e in seconda istanza soffre di una malattia autoimmune che suo padre usa come guinzaglio per tenerla sotto controllo, quasi confinata sotto una campana di vetro. Anche in questo caso non voglio addentrarmi nei particolari, ma il ringraziamento speciale è dovuto: Felicia Kingsley porta sulla scena una condizione che affligge milioni di persone e di cui si sa ben poco visto che, a tutti gli effetti, non vi è ancora una cura. È una malattia con uno spettro ampio di invalidità, che colpisce soprattutto gli uomini e che da alcuni anni tocca anche i bambini, segnando un percorso difficoltoso e diverso per ognuno. Chi come la sottoscritta ha a che fare con essa, non direttamente, ma per interposta persona, conosce la sofferenza e il disagio che comporta, quindi non posso che essere grata per la delicatezza e il coraggio con cui questo argomento è stato affrontato. Se la storia è dinamica, ironica, intercalata da conversazioni divertenti, soprattutto quelle tra Dwight/Romeo e il suo comandante Bristol o tra Julia e la migliore amica Liza, è nell’affrontare il tema della malattia che il tono si innalza, spalancando le porte al disagio, al dolore e soprattutto alla difficoltà di essere giovani, spensierati e liberi di mostrarsi imperfetti in un mondo che la perfezione la richiede a prescindere. Il legame che si instaura tra i due protagonisti, che si basa su una honey trap per cui l’agente deve avvicinare il bersaglio per arrivare ai pezzi grossi, non può che evolversi quando la fiducia diventa parte fondamentale di un sentimento che nasce prima tra i fornelli, al profumo di erbe aromatiche, e poi sulle strade divorate in sella a una moto che sa di libertà. Dwight è tutto quello che serve per una spinta verso un futuro che Julia sa, comunque, di dover costruire da sola. E sono proprio le loro interazioni, oltre a tutti i segreti e alle commissioni che la giovane sembra svolgere per la famiglia, a dare un ritmo costante e quasi rock alla lettura, che scivola sul palato come un dolce al caramello senza lattosio che non ha nulla da invidiare al cibo che può essere veleno. Moderni Romeo e Giulietta senza famiglie che li ostacolino come nella versione originale, entrambi sono in primis nemici di se stessi e infine avversari davanti a un piano di lavoro lucido dove lottano a colpi di salse e decorazioni, impiattamenti perfetti e una sfida da vincere per il controllo della cucina. Il tutto senza mai dimenticare quella tensione che li avvolge e li spinge l’uno verso l’altra, dove il sapore del proibito è ammantato dai sensi di colpa di Romeo e dal timore di Julia di non essere accettata. Spogliarsi dei vestiti è come spogliarsi della propria armatura, in un gioco sottile per cui quello che all’apparenza è irrilevante racchiude in sé una tonnellata di significati e paure. Entrambi, per motivi diversi, indossano protezioni che non sono sicuri di poter lasciare andare, senza che quello che sta nascendo tra loro si trasformi in un disastro di proporzioni epiche. Eppure sono le parole, oltre che i gesti, a dettare il ritmo di un cambiamento necessario, a sfondare quei muri che sembrano invalicabili e a consegnare il cuore nelle mani di un’altra persona, con la speranza che quest’ultima non le chiuda con troppa violenza.

«Sono qui», ripete.
«Ti sei spogliata».
«Se devono arrestarci per atti osceni, almeno ci arresteranno insieme».
«Completamente spogliata».
«Non c’è nessuno».
«Ci sono io».
«Volevo che mi vedessi tu».

A modo suo, e utilizzando un escamotage di tutto rispetto, per me questo è un romanzo incentrato sulla cura dovuta a se stessi, al proprio corpo, ai cambiamenti all’apparenza impossibili da accettare e alla fiducia che è così dannatamente difficile concedere. Julia e Romeo sono due protagonisti integri che insieme si completano per quella percentuale che manca, che li toglie dal mercato degli appuntamenti occasionali, ma soprattutto li mette in discussione come esseri umani prima e come coppia poi. Il tormento della menzogna, i dubbi sui traffici illeciti delle famiglie italoamericane coinvolte, il ruolo oppressivo di una relazione tossica che la dice
lunga su quello che la giovane ha dovuto affrontare su diversi piani della propria esistenza, tutto contribuisce a creare la giusta tensione e la migliore interpretazione possibile in una riscrittura frizzante, delicata, a tratti commovente e in alcuni momenti esilarante. Liza, Pete, Bristol e tutta la brigata sono a loro modo la controparte leggera e funzionale alla presenza scenica coriacea dei due amanti “nati sotto stelle contrarie”, che non si sfidano a colpi di lacrime e sangue, ma in mezzo a celle frigorifere e taglieri dove sminuzzare perfettamente le verdure e sfilettare pesci in modo eccelso. Niente manca a questo libro, Amici Magnetici, e ancora una volta tiriamo il fiato in questi tempi opprimenti grazie a una lettura scorrevole, ricca di passione, dove il “diverso” stimola a cercare un modo nuovo per vedere il mondo, con i suoi infiniti sapori e i chilometri da divorare su due ruote, oltre la paura, oltre tutte le menzogne che raccontiamo a noi stessi per privarci di quello che desideriamo davvero.

Julia si appisola su di me, mentre le accarezzo piano i capelli. Siamo accaldati, sudati, appiccicati, scomodi, eppure non c’è un posto migliore in cui vorrei essere. E non c’è nessun’altra che vorrei a dormirmi addosso per il resto della vita. Il mio petto è diventato a forma di lei.

 



 



 
 
Grazie alla CE per averci fornito l'eBook

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