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lunedì 30 settembre 2024

Recensione a "Love Island" di Lea Landucci


 

Genere: Romance
Editore: Always Publishing
Data d'uscita: 27 Settembre 2024
Pagine: 501
Prezzo: eBook 3,99 - cartaceo 15,10

 
 
 
 
 

Viola è una pasticciona curvy e disillusa. 
Nicholas è un tentatore sexy e riservato.
Potranno mai essere compatibili?
Lei pensa di no.
Lui è convinto di sì.
La vera risposta la troveranno... tra le pagine di Love Island.

Viola ha due mesi di tempo per scrivere un’altra dannata commedia romantica e risolvere così i suoi problemi finanziari.

Due mesi in cui sarà costretta a parlare dei due argomenti che ormai detesta: l'amore e le relazioni. Dopotutto, il suo romance di esordio è stato un bestseller, adesso basterà pensare a una nuova storia sentimentale e ironica, no? Niente di più facile, niente di più terribile.

La soluzione? Un’isola economica e semideserta per concentrarsi, una coppia innamorata a cui ispirarsi e un “prestavolto” sexy e affascinante su cui fantasticare. Insieme al giusto distacco, per non farsi fregare più dall’amore.
Nicholas ha due mesi di tempo per rimediare ai suoi errori e assumersi le proprie responsabilità. Da sottoufficiale della Marina Militare, prestava servizio nella Guardia Costiera fino a qualche mese prima, quando è stato sospeso per insubordinazione.

Sull’isola lui cerca la pace e tenta di riallacciare i rapporti cruciali che ormai aveva dato per persi: con la natura, con la vita, con la famiglia.
Per Viola e Nicholas incontrarsi, scontrarsi, attirarsi in un gioco di sguardi e di pelle contro pelle sarà inevitabile e travolgente.
Devono solo sperare che, quando la realtà si riaffaccerà nelle loro vite, non lo farà con la stessa forza del mare in tempesta, pronto a spazzar via il loro amore.

 
 
 
 
 
 

 

La mia vita è arida, i miei sogni sono stati accartocciati e sbattuti nell’indifferenziata. Non ho più un lavoro né soldi, solo il fondo di emergenza che mi permette una sopravvivenza di circa un mese, forse due. A tre ci arriverei solo se riuscissi a vendere il mio maledetto abito da sposa.

Carissima Viola,

dovrebbe essere una recensione, e invece salta fuori una lettera. Di quelle che non si scrivono più, ma che tu capisci, perché conosci il valore del tempo e della memoria, quella che non vuole sgretolarsi in mezzo alla fretta delle nostre giornate distratte. Ti scrivo e immagino che tu la legga seduta davanti casa di Vasco, con Molly accoccolata ai tuoi piedi, mentre una brezza tiepida e salmastra ti accarezza la pelle e il sorriso, Anna per una volta stranamente silenziosa. Vorrei dirti tante cose, tantissime, ma non so bene da dove cominciare, quindi lasciamo andare il cuore e vediamo dove ci porta, male che vada ci sarà Polpetta a rimettermi in riga. Sai Viola, ti ho conosciuta affranta, delusa, incastrata in una storia che sentivi di dover scrivere e che la tua casa editrice non pensava fosse meritevole di essere pubblicata. Ma che ne sanno loro di cosa significa davvero scrivere per se stessi, senza alcun tornaconto, solo perché non puoi fare altro per non rischiare di smettere di respirare? Cosa ne sanno loro, davvero, della maestrìa che comporta il farsi trovare dalle parole giuste per rendere giuste le persone, non i personaggi, cui vuoi dare voce? Non lo sanno, persi come sono nel rumore del marketing, degli anticipi e delle scadenze da rispettare. Ti ho capita, quando hai deciso di prendere coraggio e sei salita su un traghetto verso l’ignoto, lasciandoti alle spalle le tue sicurezze e gettandoti a capofitto in quelle che per te potevano solo essere acque gelide e inquiete. Ti ho abbracciata, anche se non te ne sei accorta, quando sei scesa a terra e hai conosciuto un mondo tutto nuovo, fatto di pochissime persone, semplici e cristalline, decise, vere e assolutamente implacabili. Ti ho invidiata, non per gli occhi che ti hanno guardata come la meraviglia che ti eri scordata di essere, ma perché sei stata accolta, come se fossi il pezzo mancante di una storia che aveva avuto un inizio, ma a cui serviva un po’ di luce in più per definirsi, acquietarsi, come l’abbraccio di un amante che scalda il cuore mentre lo sguardo spazia sul mare e sulla natura che ti circonda. E quindi eccoci qua, Viola, a gettar parole inutili sulla tua storia incastrata nelle pieghe dei ricordi, che sussurra di speranza e gioia, quella vera, oltre le avversità e oltre la vita che, in se stessa, gioca a ritrovarsi anche quando ormai sembra troppo tardi. Da donna a donna, sai che devo scrivere qualcosa di sensato, quindi te la lascio qui sotto, questa specie di recensione, in modo che tu la custodisca. Se riesce a trasmetterti anche solo una minima parte di quello che hai lasciato a me, allora ho fatto un buon lavoro; so che non sarai severa, non troppo almeno, ma questo è demandato e questo avrai, e se servirà a far capire a quante più persone possibile che devi essere letta beh, allora avrò fatto la mia piccola parte. Dunque perdonami se non sarò all’altezza e ti lascio con la raccomandazione di non farla leggere a Sofia, lei  mi terrorizza sul serio!

 

«Mettimi giù» mi dice, stranamente calma.  «Non sono una principessa da salvare.»

«Giusto» le dico. «Sei una di quelle che salvano.»

 

Il bello delle principesse, Amici Magnetici, è che compaiono all’improvviso, nei posti più imprecisi, quando meno te lo aspetti. E non è che abbiano proprio una luce segnaletica che le indichi come tali, proprio no, anzi la maggior parte delle volte sono nascoste sotto la pelle di ragazze qualunque, che però non puoi non restare a guardare quando ti passano accanto, come se avessero un’aura speciale da cui ti senti attratto e avvolto. Immaginatevi una ragazza così, abbastanza demoralizzata perché la sua vita ha preso una piega non troppo facile, delusa dall’amore e decisa a rinunciarvi del tutto, però ancora aggrappata al proprio sogno di continuare a scrivere. Immaginate che questa giovane autrice, la chiameremo Viola Messina, abbia avuto un discreto successo di pubblico con un romanzo d’amore e che poi abbia deciso di voler intraprendere altri generi, magari con la segreta speranza di incontrare l’approvazione di un noto Professore di nome Alessandro Barbero. Direte voi, che c’è di male in tutto questo? Niente, fino a quando tutto crolla come un castello di carta e l’ex fidanzato vuole approfittarsi della sua buona fede, la casa editrice minaccia di licenziarla e l’unica opzione sembra essere quella di tornare a vivere a casa dei suoi, perché la sua migliore amica si sposa e non può mantenere da sola l’appartamento che condividono. E questo, amici miei, è l’antefatto. Perché poi accade qualcosa, come se un pennarello impazzito di colore rosa si mescolasse sulle pagine a creare disegni nuovi, mentre fiori e farfalle prendono vita e si appropriano del loro posto tra le righe, in una danza felice ed entusiasta che sa di vita e di passione, risate e lacrime, sale e morbidi alpaca da abbracciare. Ci sono romanzi che ti trascinano nel loro vortice e ti risputano fuori appena leggi la parola “fine” e ce ne sono altri che ti restano attaccati perché quella fine non la vuoi proprio vedere e se ne vanno avanti per la loro strada, come se ci avessero solo concesso la momentanea grazia di essersi trovati tra le nostre mani per poi proseguire come se niente fosse, ignari di quanto ci hanno lasciato. Ignari di quanto ci hanno portato via restituendoci quello di cui avevamo bisogno. Love Island” appartiene di diritto alla seconda categoria, perché ha pagine che sanno di mare e sabbia, ma di quella che umida si appiccica alla pelle e non si vuole staccare, non di quella da cartolina che sembra finta. Niente è finto in questo romanzo, dove le voci si accostano le une alle altre con rispetto, con timore talvolta, col profondo amore che lega tutti i protagonisti, rendendoli parte di un immenso cerchio che si muove e si stabilizza, cercando ogni volta una nuova posizione da cui prendere meglio la luce. 

Non riesco a scrivere una recensione “normale” di natura, figuriamoci quando ho la testa che mi esplode, quindi abbiate pazienza e ci arrivo. Credo. Forse. Non lo so. Perché alla fine cosa devo dirvi? Ci sono, ho trovato. Questo romanzo è scritto benissimo, ha un world building strutturato, usa l’escamotage apprezzabilissimo della meta scrittura, si avvale di personaggi impeccabili ed è scritto in modo piacevole, talmente scorrevole da far sì che le 378 pagine che servono per arrivare all’epilogo siano divorabili in poche ore. I due protagonisti principali alternano il loro punto di vista e sono perfettamente incastrati, mentre i comprimari sono una boccata d’aria fresca, animali compresi, all’interno di una storia frizzante, sensuale, che il mercato di certo apprezzerà e i blogger anche. Per l’ennesima volta questautrice si rivela una penna gentile e sopraffina nell’arte di mescolare più generi, con una spennellata di queer che non guasta mai e soprattutto sensibile nei confronti di tematiche variegate, dall’ansia da prestazione ai veri attacchi di panico, passando per una malcelata e giustificata riflessione critica sulla situazione dei migranti. Cinque stelle e ci vediamo alla prossima. 

E invece no. Questo è parlare di un libro come se a farlo fosse un programma, ma quando si parla di vita ci vuole cuore, perché è l’unico in grado di comprenderla, sentirla, per poi poterne scrivere. Lea Landucci non ha pubblicato un libro, ha aperto il suo di cuore e lo ha riversato in queste pagine feroci e sensibili al tempo stesso, dando voce alla bambina che è in noi, alla donna disillusa, ma anche all’uomo distrutto da un passato che non può dimenticare e ai vecchi (Anna hai ragione, si può usare questa parola) che finalmente possono costruire la vita che hanno sempre desiderato. C’è sangue, amarezza e ricordo in queste pagine, oltre la costante fermezza con cui ci viene donato un respiro nuovo in un mondo soffocante. Viola non è la selvaggia che scappa da Milano per ritrovarsi in mezzo alla natura, ma è una donna che cerca di venire a patti col proprio Sé, il più crudele dei carnefici, che non fa sconti e non ha alcun riguardo per i nostri momenti difficili. Lo specchio le rimanda un’immagine che non le piace e allora con lei scopri che quella immagine puoi cambiarla, puoi addirittura sostituire lo specchio o romperlo, e mentre lo fai riconosci quello che sapevi, ma che avevi troppa paura di affrontare. Il silenzio di Nicholas, che si spezza quando è necessario, non può essere un nemico, così come la parlantina della piccola Anna, o i saggi brontolii di Vasco. Non si può prescindere dai personaggi perché sono loro che costruiscono, letteralmente, la storia. Lo fanno attraverso il loro flusso di coscienza, le relazioni, ma soprattutto nell’immediatezza del presente che vivono, scoprendo con noi quello che la vita riserva loro, in un movimento delicato, ma imperterrito, che ci lascia ansiosi di saperne di più, pronti a divorare pagine che sono un balsamo per i cuori consumati.

 

Via via che ci avviciniamo, noto che la sagoma, in realtà, è composta da due persone che danzano, abbracciate, cullate dalle note latino americane.

«Ma chi…»

«Shhh!» mi intima Anna, appoggiando l’indice sulle labbra. «Quello è nonno che balla.»

«Vasco?» le domando, incredula, tenendo Molly per il collare per evitare che gli corra incontro. «E con chi sta ballando?»

«Con il suo amore grande» risponde Polpetta a bassa voce, guardando verso suo nonno con gli occhi emozionati.

 

L’isola è questo, Amici Magnetici, a dispetto del titolo da reality show. Un luogo che non è un non luogo per anime perse, ma una terra ferma e decisa, che accoglie persone vere, con i loro segreti e i loro drammi, con racconti che ci schiacciano e ricompongono un pezzo alla volta. Quella di Vasco è la storia per eccellenza, che permea l’aria che respira eppure ci restituisce un settantenne attento, brontolone e al tempo stesso delicato, che ha vissuto una vita imposta e poi scelta, fino ad arrivare al lieto fine che merita. Sono anche sue le lettere che impreziosiscono il romanzo, la storia d’amore che attraversa decenni e che rimane intatta, nonostante tutto, nonostante i matrimoni e i figli. Viola fa i conti con questo amore, quando lo vede davanti ai suoi occhi, in due persone stese davanti casa all’ombra dell’ulivo, mentre leggono un libro. 

 

 Ogni tanto uno dei due legge a voce alta un estratto, l’altro infila il segnalibro tra le pagine, appoggia il proprio libro sul petto e chiude gli occhi, per godersi la voce del compagno. Quanto vorrei scrivere una storia d’amore così.  Quanto vorrei viverla.  

 

Leggere ad alta voce per un’altra persona è uno dei gesti più simbolici che esistano, a mio parere, e questo è solo un altro pezzetto di cuore che ho ritrovato nel romanzo. Così come aspettare, pur col fermo proposito di proseguire la propria vita nel modo migliore possibile, con la certezza latente che quello che ti è destinato prima o poi tornerà da te. 

 

 «S’è fatto quello che s’è potuto. Un paio di volte ci siamo anche lasciati, una volta persino per diec’anni a diritto. Ma tanto era destino, inutile sperare di spostare un uragano a furia di soffiarci sopra.»  

 

Questo ci regala Vasco, insieme agli abbracci consolatori, ai malumori con la figlia e l’immenso attaccamento a quella nipote che è la luce dei suoi occhi; lo dona a noi e con Viola troviamo un altro padre, un nonno affettuoso, qualcuno che non giudica, ma che sa trovare sempre la cosa giusta da dire, saggio come pochi nel suo toscano forte e rassicurante. E una Principessa e una Polpetta così straordinarie non potevano che avere intorno un intero squadrone di uomini splendidi nelle loro differenze e fragilità, pronti a mettersi in discussione e sostenerle. Oltre a Vasco, ci sono Matteo, Max, Andrea  e poi c’è lui, Nicholas, che è ombra e silenzio, scontrosità e sorrisi scostanti, che quando esplodono sembrano far detonare tutta l’isola. C’è il suo essere straordinariamente umano, bello come un Dio (grazie Anna) e chiuso in un dolore antico, profondo, che solo Viola pare in grado di illuminare. Non lo fa con grandi gesti o parole, ma nel modo tipico degli abitanti dell’isola, che insegnano che il vero valore è quello della presenza, silenziosa e rispettosa degli spazi, non per questo meno confortante. È lui stesso a descriversi come io non potrei fare, generoso con le parole quando ha di fronte qualcuno che merita di sentirle, in un inizio che ha già un retrogusto amaro.

 

 «Io sono un’anima accartocciata, un porcospino con gli aculei perfetti per allontanare le persone. Tu sei sole, zucchero, spezie, scodinzolo, bellezza, passione. Sei un balsamo per le giornate grigie, sei voce, ascolto, sei salvezza. Se hai paura che io possa contaminarti con tutto questo buio che mi trascino dietro, ti capisco. Scappa, salvati, rifugiati più lontano possibile. Ma se il motivo di questa nuvola nera che ti insegue da ieri è che io possa usarti per raggiungere un qualsiasi obbiettivo che non sia quello di averti nella mia vita e tornare a respirare, allora ti sbagli.»  

 

Nicholas è Principe e Volpe, guardiano e diciannovenne impaurito, figlio e padre di un tormento che pare non avere fine, dopo anni di lotta contro se stesso e un passato che gli urla in faccia il suo fallimento. È uno dei personaggi maschili più belli che abbia conosciuto, scevro di qualsivoglia costruzione, puro nel suo dramma di essere umano fallibile e pronto a chiedere scusa. È l’esempio perfetto di ciò di cui parlavo sopra, la parola che si trasforma in battito cardiaco che esce dalle pagine ed è persona davanti a te, con le sue ombre e i suoi riflessi, perfettamente incastrato con tutti coloro che prendono vita insieme a lui. Sono le chiacchiere di Anna che è troppo grande e troppo sincera, la serena dolcezza di Andrea, gli sbuffi di Vasco, le strilla concitate di Sofia o di Margherita, il sonoro russare di Molly e i sospiri di Picky; sono le chiacchiere delle lavandaie e persino gli improperi del vecchio Franco, la saggezza di Matteo, l’ironia di Max e la pioggia e i trapani che forano i soffitti e le dependance senza un bagno. Sono le lenzuola fresche di bucato e il cibo buono preparato da mani amorevoli, gli scherzi di una bambina pestifera e il modo in cui le mani si stringono, quando non hanno più nulla da temere da un mondo che ha provato a prendersi tutto, ma ha lasciato intatto un sentimento incomprensibile ai più. Sono un uomo e una donna che si trovano anche se non si sono cercati, che si toccano perché non possono farne a meno, che si riconoscono e si riconosceranno sempre; che possono nuotare, andare in moto, essere soli o stare in mezzo agli altri, provare a prendere pozioni azzera-memoria, ma saranno sempre qui: nella mente e nel cuore. È come prendere un libro da una biblioteca buia e scendere con un salto nella tana del Bianconiglio, lanciandosi a tutta velocità verso un passato che si riscrive e un presente che ha bisogno di nuova memoria, dove c’è un terzo cuore, dove stanno le persone che non ci sono più e che ci mancano, a ricordarci che fa male anche un solo battito. Ci sono le parole che sono lame, perché è inutile girarci intorno: il mio amore per te non è mai svanito. Non c’è stato giorno, in questi ultimi dieci anni, che sia passato senza che io pensassi a te. Saperti in questo mondo e non poterti amare, mi sembra un delitto inammissibile. E quindi ti amo, così. In silenzio, e a stomaco vuoto.  

 

Così. Nel silenzio e con gli sguardi rattrappiti che si illuminano all’improvviso, esplodono le parole, la musica di una timida alba, il suono di una nuova famiglia che si ricompone. Proprio così, in mezzo al calore di persone che sono sorrisi e lacrime, si aprono capitoli che danno sollievo, che salvano come fanno i bambini con altri bambini che hanno paura, che tendono la mano in mezzo a un naufragio anche se nel farlo rischi di morire. E ci sono le cicatrici, quelle vere, che quando si infettano tornano a far male, e poi ci sono quelle dell’anima che questo libro guarisce tutte. Ti abbraccia, ti prende per mano e non ti lascia andare. E ti ricordi che respiri, che sei vivo, e che sei vivo soprattutto perché sei vita per qualcun altro. 

 

Tutto ciò di cui sono composto ama quello che è in te. Ti ama perfino la bestia che mi porto dentro, quella che fa male di un dolore che non muore mai. Non rinuncerò a tutto questo per incastrarmi in una gabbia di mezza felicità. Rischierei di continuare a guardarmi dietro alle spalle, per vedere se arrivi. Rinunciare a te non è un’opzione, per me. Succederà solo quando, osservando il muro che hai costruito tra di noi, mi sembrerà davvero invalicabile.

Per ora non lo è, puoi fare di meglio.

 
 


 
 
 
 
 
 
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