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lunedì 16 settembre 2024

Recensione a "Se fossi il mio per sempre" di Kennedy Ryan

 


Genere: Romance
Editore: Newton Compton Editori
Data d'uscita: 9 Agosto 2024
Pagine: 384
Prezzo: eBook 5,99 - cartaceo 9,40

 
 
 
 
 
 L'amore tra Yasmen e Josiah doveva durare per sempre. Ma il destino, coi suoi tiri mancini, ha deciso diversamente e Yasmen si è resa conto di non poter più stare con il marito. Così il matrimonio è naufragato. Yasmen e Josiah hanno dovuto trovare una nuova routine, condividere le responsabilità di genitori separati e imparare a gestire insieme la loro attività. Tuttavia, giorno dopo giorno, non fanno che chiedersi se la decisione di lasciarsi sia quella giusta. Il fuoco arde ancora sotto la cenere e, all'improvviso, con un bacio che tira l'altro, vengono di nuovo trascinati in un turbine di passione. Per quanto si sforzino di opporsi, si sentono ancora come agli inizi della loro relazione, ma basta poco perché le vecchie ferite si riaprano e il passato, con i motivi della loro separazione, torni a bussare alla porta. È troppo tardi? Oppure avranno una seconda occasione? Due cuori smarriti. Un sentimento affievolito. Può l'amore resistere alla prova del tempo? Una storia forte, che racconta tutte le sfumature di una relazione.
 
 
 
 
 

 

La terapia mi ha insegnato che, quando si scappa dal dolore, lo si fa tracciando un cerchio. Si finisce per essere esausti e non si guadagna mai terreno. Devo smettere di scappare e condividere con loro in che modo la vita ha fatto saltare le cuciture del mio mondo perfettamente cucito insieme. Ma per ora preferisco condividere un pezzo alla volta e, per stasera, può bastare.

 

Ci sono libri, Amici Magnetici, che sono difficilissimi da leggere ed è quasi impossibile scriverne. Non perché siano belli o perché magari personaggi ti tolgono il fiato, no, hanno semplicemente quel pessimo vizio di andare a colpire qualche punto sensibile che magari ti eri scordato di avere, quella cicatrice che al cambio del tempo ti dà il tormento, che pare svanita, ma in realtà aspetta solo il momento giusto per farti sentire che esiste ancora. Il problema con le cicatrici è che, se non guariscono bene, ogni volta in cui ci entra lo sporco ricominciano a infettarsi, sbattendosene altamente di tutti gli sforzi che hai fatto per mascherarle con tonnellate di fondotinta e bugie. Mi scuserete per l’incipit brutale, almeno lo spero, ma questo romanzo non ha niente di delicato in sé, se non il modo superbo in cui è scritto, quindi le dita scivolano assecondando il cuore mentre la testa tace perché resterebbe comunque inascoltata. 

Questo non è un romanzo d’amore, ma sull’amore, quello con la A maiuscola, che ti drena di ogni forza e al contempo è il rifugio da un dolore così accecante da non trovare altra via di fuga se non la rinuncia a tutto, perfino a quel sentimento che ti ha fatto rinascere e credere che ogni cosa fosse possibile. Yasmen e Josiah si conoscono giovanissimi, s'innamorano, hanno due figli e iniziano a costruire il loro sogno, quello di aprire un ristorante. Sono assurdamente felici, nonostante le quotidiane difficoltà, ma soprattutto sono complici. Conoscono perfettamente la mappa della pelle e dei pensieri l’uno dell’altra, si comprendono con uno sguardo, giocano e si attraggono senza che il tempo abbia influito sul loro essere, innanzitutto, una coppia. Poi, come in tutte le belle favole, qualcosa va storto. Gli elementi di disturbo in realtà sono due, anche se definirli in questo modo non rende la portata della tragedia, e inizia una fase di crisi inequivocabile, dove la squadra si divide, ognuna alle prese con un modo diverso di gestire la perdita. Se Josiah non parla e si getta a capofitto nel lavoro, per non veder sparire anni di sacrifici e portare avanti il sogno della sua famiglia, Yasmen inizia a sparire, letteralmente, affossata in un dolore così lancinante che la distacca da tutto. È sempre madre, almeno negli aspetti essenziali, è sempre una moglie, ma non più una compagna. Il distacco di Josiah non è disinnamoramento, ma lucida determinazione, eppure è su di lei, immancabilmente, che ricadono i sensi di colpa più gravi, tutti quegli “e se …“ che possono condurre alla pazzia. Svanisce il tempo e anche lo spazio, mentre una spirale di commiserazione si porta via una donna bellissima, ancora giovane, realizzata e lanciata verso il successo. Il libro si apre sulla situazione presente, in cui i protagonisti sono divorziati da alcuni anni, ma sempre soci e collaboratori. Vivono a due strade di distanza l’uno dall’altra e insieme si spartiscono in modo equo e funzionale il tempo con i figli Deja e Kassim. Nessuno dei due ha più avuto relazioni serie, Yasmen non ha mai più nemmeno avvicinato un uomo, ma gli equilibri si spezzano quando entrano in scena nuovi giocatori. Una di queste è Vashti, chef del loro ristorante Semolino, che fin da subito dimostra apertamente il proprio interesse per Josiah. Yasmen è costretta a fare i conti con questa nuova condizione, in quel flusso di pensieri che la sorprende con un calcio nello stomaco quando sa di dover accettare che lui non le appartiene più, perché lo ha lasciato andare. Non è incattivita e sa di poter essere felice per l’uomo che ha amato, ma questo non fa meno male quando si ferma a riflettere su quello che ha perduto, e soprattutto sulle cause per cui è successo.

 

C’era da aspettarselo, no? Non significa che lo amo ancora. Questa non è la fine, ma l’inizio di qualcosa. Non per me, per lui. Ora è un’altra ad appoggiare la testa sul suo cuscino, a usare il suo spazzolino, e non sa neppure quanto lui lo detesti. Esiste un’altra donna che sa che beve il caffè con un cucchiaio e un quarto di zucchero, che gli scioglie la tensione sul collo quando è stressato. Ed è a un’altra donna che lui racconta tutti i suoi segreti, che io ho impiegato anni a scoprire. Sì, fa male che Josiah vada a letto con un’altra. No, non voglio capire per quale motivo mi sembri un tradimento. Nulla gli impedisce di avere un’altra nel suo letto ogni notte, se lo desidera.

 

Nonostante la portata degli argomenti, il libro è dinamico perché entrambi hanno un modo diverso di affrontare il passato e ciò che li ha irrimediabilmente compromessi. Se Yasmen all’apparenza è più introspettiva, più consapevole della propria fragilità, Josiah non è comunque da meno, soprattutto quando trova uno strumento per guardare dentro di sé grazie a suo figlio. Da sempre refrattario all’approccio terapeutico per l’elaborazione del lutto, è proprio quando guarda la ex moglie rifiorire giorno dopo giorno a costo di immensi sacrifici e battute d’arresto che è costretto a fare i conti anche con se stesso, con quella parte che aveva respinto per costringersi a respirare.

 

La donna che amavo è tornata grazie alla terapia, alle medicine e al tempo. Ignoro tutto quello che l’abbia riportata tra noi, bella, luminosa e sicura di sé, ma è un miracolo.

 

Eppure Yasmen è un miracolo fatto di tensione, strenua pazienza nei confronti di un mondo che a volte la fa sentire non accettata, causa del fallimento di quella coppia perfetta su cui nessuno avrebbe mai potuto scommettere contro. Lei ha sofferto e lottato, ma soprattutto ha scelto l’annientamento necessario per poter risalire, in una caduta che è stata veloce, poi lenta, ma comunque insopportabilmente lunga. Ho scritto fin dall’inizio che questo è un libro sull’amore, ma, come avrete intuito, è soprattutto un libro sul dolore e sul modo di imparare a conviverci. È un libro sul giudizio, che non può scendere come una spada di Damocle sulla testa di chi ha perso persino se stesso nel tragitto, perché non vi è pietà alcuna nell’infierire su chi non riesce nemmeno ad alzarsi da terra. È dunque un libro sulla depressione, sul male oscuro che troppo spesso è mascherato da falsi sorrisi e abbracci di circostanza, mentre il sangue sembra scorrere al contrario e il cuore si svuota, costantemente, di ogni singola goccia di speranza. 

 

Ho imparato a domare il dolore, quel tanto che basta a evitare che si scateni per rovinarmi la vita, ma, quando non sono attenta, sibila e ringhia come una bestia rabbiosa con il muso schiacciato tra le sbarre.

Io, però, ho la frusta e la sedia. Ho il lucchetto e la chiave.

 

Yasmen parla e, nel farlo, accende la speranza per chi ha vissuto un trauma simile al suo, lo prende per mano insieme alle sue amiche e alla sua terapista sussurrando che, nonostante tutto, c’è ancora qualcosa di bello là fuori che ci aspetta. Forse la persona che eri non potrà più esistere, perché troppi sono i frammenti in cui si è spezzata, e forse non ci sarà più ad accoglierti chi ti ha vista andare in frantumi e non ha potuto aiutarti. Forse non ci saranno quei silenzi che capivano tutto, ma ci saranno nuove albe, nuove amicizie e nuovi amori, che comunque non cancelleranno mai chi è incastrato nel tuo dna in modo indelebile. Magari non ci saranno più i gesti condivisi né quel codice segreto che usavi quando non volevi che gli altri ti capissero. Non ci saranno gli occhi luminosi dei vent’anni, perché quelli ormai sono perduti, eppure si animeranno sempre davanti all’unica persona con cui hai condiviso la luce e il buio più profondo. Perché è questo che Yasmen e Josiah fanno, amici Magnetici; ognuno con le proprie armi, ognuno a suo modo, provano ad andare avanti cercando nuovi colori, pur con la consapevolezza che ogni altra persona sarà solo il pallido riflesso di quello che sono stati l’uno per l’altra.  Seppur taciturno, Josiah quando parla esplode, non con lei, ma con noi lettori, che diventiamo depositari anche del suo tormento.

 

Mi sono sentito in un film, dove i due protagonisti si trovano, si scontrano, s’incendiano. Si fissano l’un l’altra con stupore, perché quante poche probabilità ci sono di vivere tutto ciò per davvero? Noi eravamo così.

 

Complice un weekend fuori città per andare a visitare un possibile ristorante da acquistare, ecco che finalmente alcuni nodi vengono al pettine, insieme a tutto il dolore che porta il districarli in modo violento e consapevole. Il sale viene sparso sulle ferite e le persone rinascono, così come Josiah e Yasmen che possono finalmente, dopo anni, parlare di quello che è successo, mettendo a nudo tutto, dando e ricevendo ancora dolore, liberatorio come tra due persone che si amano sopra ogni cosa.

 

«Ecco che cosa non posso fare». Conta con le dita. «Non posso tornare indietro e cambiare quello che ho detto, quello che ho provato. Non posso cancellare gli anni in cui siamo stati separati. Non posso riparare il tuo cuore spezzato». Le lacrime le scendono fino agli angoli della bocca. «E non posso nemmeno riparare il mio, perché, che tu ci creda o no, appena sei uscito da quella porta, una parte di me qui dentro …». Si batte un pugno sul petto. «… ti ha subito rivoluto indietro e la sto combattendo da allora».

 

I flussi di coscienza dei due punti di vista alternati danno   ritmo e velocità a un  romanzo che, per come ne ho parlato, potrebbe sembrare l’ennesima opera sull’elaborazione del lutto. Ma fatemi un piacere, fidatevi, perché non lo è. Se non fosse “solo” romance, e lo scrivo con ironia, potrebbe essere lo stralcio della vita di una persona qualunque, di una coppia qualunque in un paese qualunque; eppure siamo oltre, per la poesia, la lucida pesantezza con cui cade ogni singola parola al posto giusto, per l’atteggiamento spavaldo che ha il destino di rivelarsi quando meno te lo aspetti. E oltre a Josiah e Yasmen, un nutrito gruppo di comprimari dà pennellate di colore spezzando il grigio, il bianco e il nero, creando un arcobaleno di situazioni talvolta al limite del comico o della commozione.  Menzione d’onore a Deja e Kassim e in particolare al modo in cui si relazionano con i genitori, che devono comprendere mentre cercano di crescere in un nucleo ormai sfasciato. Ci sono le amicizie, quelle vere, che portano un raggio di luce nella tempesta più buia, vicini esilaranti e una madre che ha ben chiaro cosa sia il meglio per la figlia. C’è il ruolo fondamentale svolto dai terapeuti e la premessa da parte dell’autrice di aver chiesto supporto per scrivere le parti legate agli aspetti della gestione delle malattie depressive, che devono essere accettate per quello che sono, debilitanti a livello fisico ed emotivo, e ancora oggi troppo spesso relegate a condizioni di secondaria importanza fino a quando non si parla di suicidio. È un romanzo che ha i suoi momenti allegri, vivaci, intercalati dalla sottile ironia dei protagonisti e dalla loro forza, dalle loro domande e, soprattutto, dalla loro umanità. È un romanzo che si legge tutto d’un fiato nonostante non mostri alcuna pietà, né per chi lo abita né tantomeno per chi lo legge, lucido contraltare per i sensi di colpa di chi ha vissuto una storia parallela. È il primo in assoluto che leggo di questa autrice e, vista la mia proverbiale sincerità nei vostri confronti, l’ho scelto solo per il titolo. “Se fossi il mio per sempre” racchiude già quello che il romanzo rivela e che è poi, in definitiva, l’unica lezione meritevole di essere ricordata; forse non sarà vero che l’amore vince su tutto, ma una cosa è certa: quando è quello cui sei predestinato sai che possono passare anni, decine anche, e sarà sempre lì, pronto ad ascoltare, a tendere una mano e soprattutto ad aspettare, per tutto il tempo che sarà ancora necessario. 

 

Gli dico «grazie» nel linguaggio dei segni, toccandomi il mento e abbassando la mano. Quando i bambini erano piccoli, ci siamo premurati d’insegnare loro alcune parole di base. Erano anni che non ricorrevo ai segni, ma in passato lo facevamo spesso durante le riunioni o nelle stanze affollate. Josiah smorza leggermente il suo sorriso. Il cambiamento è quasi impercettibile, ma anche se non siamo più sposati, io me ne accorgo, perché conosco la fisionomia dei suoi lineamenti a menadito. Dopo una breve pausa mi risponde «prego», sempre nel linguaggio dei segni.

 
 


 
 
 
 
 
 
Grazie alla CE per averci fornito l'eBook
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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